Rifiuti Zero: Buzzi Unicem e inquinamento a Barletta
La rettifica del Dott. Di Ciaula in seguito all’articolo di BarlettaViva
mercoledì 12 novembre 2014
11.33
Il problema c'è, la questione è delicata e talvolta, nel passaggio dalla scienza alla lettera qualcosa può andare perso. Sabato 8 novembre, la redazione di BarlettaViva ha seguito con attenzione il convegno internazionale "Rifiuti Zero", durante il quale le dichiarazioni del Dott. Agostino di Ciaula hanno scosso la platea, sensibile al tema di un'eventuale collasso dell'equilibrio ambientale del pianeta Terra. In particolare, è doveroso precisare alcune affermazioni tecniche, che nell'articolo "Le lobbies dei rifiuti: a Barletta un meeting internazionale" sono risultate imprecise. Di seguito il report corretto dell'incontro, che sostituisce il precedente (che tuttavia manteniamo), con particolare evidenza per le dichiarazioni rettificate del Dott. Di Ciaula, che qui riportiamo per giustezza informativa e dovere di verità:
RifiutiZero non dev'essere né uno slogan, né un'ideologia, né una strategia, perché diminuire lo scarto è un dovere civico, una missione che ingaggia il singolo in un'esigenza mondiale. E quale città più idonea di Barletta per ospitare un incontro internazionale, nella sua sala consiliare, su questa chiamata d'emergenza che ci fa il pianeta? Barletta sta vivendo in questi mesi il grande paradosso ambientale: lo sforzo collettivo della raccolta porta a porta e l'attività del cementificio Buzzi Unicem, che dal 2012 (decreto Clini) ha ottenuto l'autorizzazione a bruciare rifiuti (CSS). «L'associazione barlettana "Beni Comuni"- afferma la presidente Sabrina Salerno- è stata l'unica a costituirsi in regione per impedire la combustione dei rifiuti; a questo è seguito un ricorso al Tar (respinto) da parte dell'impianto, il quale richiedeva un ricalcolo dei limiti d'emissione in quanto, rimanendo chiuso due mesi per manutenzione, c'era da ripartire la soglia massima di combustione per i giorni di attività e non lungo i 365 canonici. In quel tempo, si rilevò lo scarso interesse dell'amministrazione per una questione che tocca l'ambito sanitario, ambientale e politico; così come oggi Regione e Provincia, nelle fattezze dei loro rappresentanti, risultano le grandi assenti al dibattito».
Ma a dare i numeri sui danni effettivi che impianti come la Buzzi Unicem di Barletta producono sull'intero pianeta c'è Agostino di Ciaula, referente regionale ISDE per la Puglia, esperto noto come supporto tecnico alla politica barlettana: «L'Italia è al terzo posto per la presenza di inceneritori (60) nel mondo e, se a questi sommiamo i cementifici, la capacità di combustione dei rifiuti raggiunge un primato mondiale. La Buzzi Unicem, con 65mila tonnellate di rifiuti ogni anno, ha costi inferiore e una produzione maggiore. Inoltre, i livelli di particolato sono più alti a Barletta rispetto alla media pugliese e a Taranto ed è probabile che le emissioni della Buzzi contribuiscano a questa evidenza». L'impatto che questi dati hanno sulla sensibilità dei barlettani viene incrementato quando Di Ciaula affronta il tema della salute e delle sostante microinquinanti: «Evidenze scientifiche dimostrano che anche concentrazioni di alcuni inquinanti (PM10, NOx) inferiori ai limiti di legge possono causare conseguenze sanitarie rilevanti sui residenti. I microinquinanti sono persistenti (emessi nell'ambiente vi rimangono), trasmissibili (nelle catene alimentari) e cumulabili (la loro concentrazione aumenta progressivamente). Per le diossine, ad esempio, pur rispettando il limite di legge (riferito ad ogni m3 di emissioni), sorgono timori legati alla loro quantità totale, secondaria all'elevato volume di fumi emessi (circa 500.000 m3 di fumi all'ora). Simili concentrazioni di diossine, inoltre, hanno pericolosità notevolmente maggiore per i bambini e per le donne in gravidanza rispetto a soggetti adulti. Un recente articolo scientifico ha inoltre dimostrato valori elevati di idrocarburi policiclici aromatici nei residenti in prossimità di un cementificio. Rispetto agli inceneritori "classici", tuttavia, le differenze maggiori riguardano l'emissione di metalli pesanti. Il registro europeo delle emissioni inquinanti riporta l'emissione, dallo stabilimento Buzzi Unicem di Barletta, di 116 Kg di rame e di 115Kg di Nickel (agente cancerogeno) nell'anno 2009».
Torna al Decreto Clini anche Di Ciaula, dichiarando che quello che si vuole far passare come un'iniziativa ecologica contro l'abusivismo delle discariche è in realtà un incentivo ai cementifici di produrre a costi più bassi. A partire dalle concentrazioni di mercurio concesse per legge nel CSS, considerato il fabbisogno medio di CSS, la sua combustione produce circa 86.5 mg di mercurio per ogni tonnellata di cemento prodotto. Questo, considerati i livelli possibili di produzione della Buzzi Unicem, può significare fino a 95 Kg di mercurio all'anno, che vengono trasferiti per metà nelle ceneri e per metà nelle emissioni . Questo vuol dire che non solo buona parte del mercurio liberato si può trovare nelle nostre abitazioni, ma soprattutto che questo metallo pesante, assunto con alimenti contaminati, è in grado di mettere a rischio lo sviluppo cognitivo dei bambini, con enormi conseguenze anche di tipo economico e socio-sanitario. A corroborare la preziosa esposizione di Di Ciaula, interviene Paul Connet, PhD, executive director AEHSP, il quale insiste sulle polveri sottilie i danni causati alla nostra salute: «A ogni quattro tonnellate di spazzatura bruciata corrisponde una tonnellata di polveri sottili che si reinseriscono nel circolo della combustione per la produzione di cemento, mentre le parti volatili si depositano nei pascoli, nei campi, nel corpo degli esseri umani e non c'è più modo di smaltirli. Pensate che in un giorno, una mucca-cibandosi-può introdurre una quantità di diossina pari a quella respirata dall'uomo in 14 anni di vita; e noi quel latte e quei lattici li consumiamo! La diossina affetta sei sistemi fisiologici del corpo umano, con gravi danni alla tiroide e a un eventuale feto in grembo. In America, per esempio, è stato raccomandato alle giovani donne incinte di evitare il consumo di carne animale. In Germania e in Belgio il controllo dei filtri di combustione è continuo e dovrebbe esserlo per per qualsiasi inceneritore perché un controllo mancato fa perdere dati importanti».
E continuano ancora numerosi gli interventi nostrani sulla maledetta burocrazia, che brucia le buone pratiche e favorisce l'industria: l'inceneritore, non autorizzato, tra Cerignola e Manfredonia, il sogno infranto di una Margherita di Savoia (unica città Bat ad aderire a RifiutiZero), la conca eugubina di Gubbio, i falsi miti esposti dalla delegazione spagnola e le battaglie nel leccese, specie a Galatina. La discussione prosegue anche stamattina, fino alle 13, ma il punto d'intersezione rimane lo stesso: quello tra la lobby del cemento e quella dei rifiuti, che incontrano il CSS (combustibile solido secondario) senza intercettare gli interessi comunitari e della comunità. A un basso costo industriale si rileva un alto costo umano, ma la somma di piccole pratiche personali possono sopperire al colosso suicida delle grandi imprese, come suggerisce Rossano Ercolini: «il locale deve agganciarsi al globale, noi non abbiamo i soldi che hanno loro, ma abbiamo la capacità di aggregazione che può essere molto più forte. C'è un problema di empowering e noi non possiamo boicottare i poteri forti, ma possiamo sottrarci al loro esercizio» e basta solo volerlo. Basta non acquistare grandi imballaggi, fare attenzione alla riciclabilità delle confezioni acquistate, prediligere l'acqua delle fontane pubbliche a quella nelle bottiglie di plastica, fare compostaggio, una buona selezione domestica dei rifiuti e il loro giusto conferimento. Basta poco per fare tanto, per dire basta alla pochezza di senso di responsabilità generazionale e ambientale. Non bruciamo adesso per non bruciarci il futuro. Il problema va affrontato a monte e non a valle, partiamo da noi.
RifiutiZero non dev'essere né uno slogan, né un'ideologia, né una strategia, perché diminuire lo scarto è un dovere civico, una missione che ingaggia il singolo in un'esigenza mondiale. E quale città più idonea di Barletta per ospitare un incontro internazionale, nella sua sala consiliare, su questa chiamata d'emergenza che ci fa il pianeta? Barletta sta vivendo in questi mesi il grande paradosso ambientale: lo sforzo collettivo della raccolta porta a porta e l'attività del cementificio Buzzi Unicem, che dal 2012 (decreto Clini) ha ottenuto l'autorizzazione a bruciare rifiuti (CSS). «L'associazione barlettana "Beni Comuni"- afferma la presidente Sabrina Salerno- è stata l'unica a costituirsi in regione per impedire la combustione dei rifiuti; a questo è seguito un ricorso al Tar (respinto) da parte dell'impianto, il quale richiedeva un ricalcolo dei limiti d'emissione in quanto, rimanendo chiuso due mesi per manutenzione, c'era da ripartire la soglia massima di combustione per i giorni di attività e non lungo i 365 canonici. In quel tempo, si rilevò lo scarso interesse dell'amministrazione per una questione che tocca l'ambito sanitario, ambientale e politico; così come oggi Regione e Provincia, nelle fattezze dei loro rappresentanti, risultano le grandi assenti al dibattito».
Ma a dare i numeri sui danni effettivi che impianti come la Buzzi Unicem di Barletta producono sull'intero pianeta c'è Agostino di Ciaula, referente regionale ISDE per la Puglia, esperto noto come supporto tecnico alla politica barlettana: «L'Italia è al terzo posto per la presenza di inceneritori (60) nel mondo e, se a questi sommiamo i cementifici, la capacità di combustione dei rifiuti raggiunge un primato mondiale. La Buzzi Unicem, con 65mila tonnellate di rifiuti ogni anno, ha costi inferiore e una produzione maggiore. Inoltre, i livelli di particolato sono più alti a Barletta rispetto alla media pugliese e a Taranto ed è probabile che le emissioni della Buzzi contribuiscano a questa evidenza». L'impatto che questi dati hanno sulla sensibilità dei barlettani viene incrementato quando Di Ciaula affronta il tema della salute e delle sostante microinquinanti: «Evidenze scientifiche dimostrano che anche concentrazioni di alcuni inquinanti (PM10, NOx) inferiori ai limiti di legge possono causare conseguenze sanitarie rilevanti sui residenti. I microinquinanti sono persistenti (emessi nell'ambiente vi rimangono), trasmissibili (nelle catene alimentari) e cumulabili (la loro concentrazione aumenta progressivamente). Per le diossine, ad esempio, pur rispettando il limite di legge (riferito ad ogni m3 di emissioni), sorgono timori legati alla loro quantità totale, secondaria all'elevato volume di fumi emessi (circa 500.000 m3 di fumi all'ora). Simili concentrazioni di diossine, inoltre, hanno pericolosità notevolmente maggiore per i bambini e per le donne in gravidanza rispetto a soggetti adulti. Un recente articolo scientifico ha inoltre dimostrato valori elevati di idrocarburi policiclici aromatici nei residenti in prossimità di un cementificio. Rispetto agli inceneritori "classici", tuttavia, le differenze maggiori riguardano l'emissione di metalli pesanti. Il registro europeo delle emissioni inquinanti riporta l'emissione, dallo stabilimento Buzzi Unicem di Barletta, di 116 Kg di rame e di 115Kg di Nickel (agente cancerogeno) nell'anno 2009».
Torna al Decreto Clini anche Di Ciaula, dichiarando che quello che si vuole far passare come un'iniziativa ecologica contro l'abusivismo delle discariche è in realtà un incentivo ai cementifici di produrre a costi più bassi. A partire dalle concentrazioni di mercurio concesse per legge nel CSS, considerato il fabbisogno medio di CSS, la sua combustione produce circa 86.5 mg di mercurio per ogni tonnellata di cemento prodotto. Questo, considerati i livelli possibili di produzione della Buzzi Unicem, può significare fino a 95 Kg di mercurio all'anno, che vengono trasferiti per metà nelle ceneri e per metà nelle emissioni . Questo vuol dire che non solo buona parte del mercurio liberato si può trovare nelle nostre abitazioni, ma soprattutto che questo metallo pesante, assunto con alimenti contaminati, è in grado di mettere a rischio lo sviluppo cognitivo dei bambini, con enormi conseguenze anche di tipo economico e socio-sanitario. A corroborare la preziosa esposizione di Di Ciaula, interviene Paul Connet, PhD, executive director AEHSP, il quale insiste sulle polveri sottilie i danni causati alla nostra salute: «A ogni quattro tonnellate di spazzatura bruciata corrisponde una tonnellata di polveri sottili che si reinseriscono nel circolo della combustione per la produzione di cemento, mentre le parti volatili si depositano nei pascoli, nei campi, nel corpo degli esseri umani e non c'è più modo di smaltirli. Pensate che in un giorno, una mucca-cibandosi-può introdurre una quantità di diossina pari a quella respirata dall'uomo in 14 anni di vita; e noi quel latte e quei lattici li consumiamo! La diossina affetta sei sistemi fisiologici del corpo umano, con gravi danni alla tiroide e a un eventuale feto in grembo. In America, per esempio, è stato raccomandato alle giovani donne incinte di evitare il consumo di carne animale. In Germania e in Belgio il controllo dei filtri di combustione è continuo e dovrebbe esserlo per per qualsiasi inceneritore perché un controllo mancato fa perdere dati importanti».
E continuano ancora numerosi gli interventi nostrani sulla maledetta burocrazia, che brucia le buone pratiche e favorisce l'industria: l'inceneritore, non autorizzato, tra Cerignola e Manfredonia, il sogno infranto di una Margherita di Savoia (unica città Bat ad aderire a RifiutiZero), la conca eugubina di Gubbio, i falsi miti esposti dalla delegazione spagnola e le battaglie nel leccese, specie a Galatina. La discussione prosegue anche stamattina, fino alle 13, ma il punto d'intersezione rimane lo stesso: quello tra la lobby del cemento e quella dei rifiuti, che incontrano il CSS (combustibile solido secondario) senza intercettare gli interessi comunitari e della comunità. A un basso costo industriale si rileva un alto costo umano, ma la somma di piccole pratiche personali possono sopperire al colosso suicida delle grandi imprese, come suggerisce Rossano Ercolini: «il locale deve agganciarsi al globale, noi non abbiamo i soldi che hanno loro, ma abbiamo la capacità di aggregazione che può essere molto più forte. C'è un problema di empowering e noi non possiamo boicottare i poteri forti, ma possiamo sottrarci al loro esercizio» e basta solo volerlo. Basta non acquistare grandi imballaggi, fare attenzione alla riciclabilità delle confezioni acquistate, prediligere l'acqua delle fontane pubbliche a quella nelle bottiglie di plastica, fare compostaggio, una buona selezione domestica dei rifiuti e il loro giusto conferimento. Basta poco per fare tanto, per dire basta alla pochezza di senso di responsabilità generazionale e ambientale. Non bruciamo adesso per non bruciarci il futuro. Il problema va affrontato a monte e non a valle, partiamo da noi.