Post mortem: inizia il film su Francesco Salerno
Le prime ammissioni di responsabilità politica sono noiosamente tardive. Il convegno AISLO diventa introspettivo
lunedì 12 settembre 2011
Si è tenuto sabato 10 Settembre un seminario dell'Aislo (Associazione Italiana Incontri e studi sullo sviluppo locale) in memoria di Francesco Salerno. La galleria del Teatro Curci, nonostante il caldo afoso, era gremita. Tra le foto che ricordavano la carriera politica dell'ex sindaco. Tra il pubblico volti noti e meno noti. La vecchia guardia del PCI, dei Ds, dirigenti ed ex dirigenti del PD, co-fondatori de La Buona Politica, vecchie glorie e alcuni che pare abbiano appeso (finalmente) le scarpe al chiodo. Alcuni erano avversari interni di Salerno, altri invece hanno costruito la propria carriera appoggiandosi alle spalle del gigante. E spesso essendo poco più che dei nani, come il seguito della storia ha dimostrato.
Ma il dato più interessante di questo pomeriggio assolato di settembre è un altro. Nella galleria del teatro si è consumato un grande rito di espiazione. Un rito di massa in cui la città ha scaricato un senso di colpa. Gli interventi che si sono succeduti hanno questo leit motiv: a Francesco Salerno è stata negato il meritato salto nell'arena politica nazionale. O almeno il riconoscimento del suo primato a livello locale. Nella celebrazione della memoria e nel riconoscimento della colpa, la comunità si ritrova unita, ripulita, perfino orgogliosa. Il tabù e il senso di colpa scompaiono. E colpevoli e innocenti siedono alla stessa tavola. E può perfino capitare che un dirigente di primissimo piano del Pd, già europarlamentare, Enzo Lavarra, si scagli contro le logiche lobbistiche, affaristiche, correntizie del suo stesso partito (sarà forse un caso che lo faccia proprio ora che non è più europarlamentare?). O che il sindaco Maffei affermi che sarebbe stato giusto sostenere Salerno come candidato unico alla Provincia. Per dovere di memoria storica nel 2009 il Pd a livello provinciale era gestito dall'allora compagno di corrente di Maffei, oggi consigliere regionale, Ruggiero Mennea. Il quale propose i nomi più improbabili, fino alla flagellante Pina Marmo, piuttosto che convergere sulla candidatura di Salerno. Ma nei riti religiosi tutto è concesso. E Barletta, è noto, è città particolarmente pia.
Da ieri il caso Salerno, sul piano morale, è definitivamente archiviato. Chissà se, extra ecclesiam, qualcuno comincerà a interrogare la storia e la parabola politica di Salerno in modo laico. Passando solo in rassegna alcuni aspetti, come segni dei tempi: il leaderismo della Seconda Repubblica, l'incapacità di creare classe dirigente e degni eredi politici, il piano inclinato dal Pci a ipotesi di terzo polo, il consociativismo con l'opposizione o settori di essa, il mito dello sviluppo e della crescita come ultima ideologia rimasta.
Ma il dato più interessante di questo pomeriggio assolato di settembre è un altro. Nella galleria del teatro si è consumato un grande rito di espiazione. Un rito di massa in cui la città ha scaricato un senso di colpa. Gli interventi che si sono succeduti hanno questo leit motiv: a Francesco Salerno è stata negato il meritato salto nell'arena politica nazionale. O almeno il riconoscimento del suo primato a livello locale. Nella celebrazione della memoria e nel riconoscimento della colpa, la comunità si ritrova unita, ripulita, perfino orgogliosa. Il tabù e il senso di colpa scompaiono. E colpevoli e innocenti siedono alla stessa tavola. E può perfino capitare che un dirigente di primissimo piano del Pd, già europarlamentare, Enzo Lavarra, si scagli contro le logiche lobbistiche, affaristiche, correntizie del suo stesso partito (sarà forse un caso che lo faccia proprio ora che non è più europarlamentare?). O che il sindaco Maffei affermi che sarebbe stato giusto sostenere Salerno come candidato unico alla Provincia. Per dovere di memoria storica nel 2009 il Pd a livello provinciale era gestito dall'allora compagno di corrente di Maffei, oggi consigliere regionale, Ruggiero Mennea. Il quale propose i nomi più improbabili, fino alla flagellante Pina Marmo, piuttosto che convergere sulla candidatura di Salerno. Ma nei riti religiosi tutto è concesso. E Barletta, è noto, è città particolarmente pia.
Da ieri il caso Salerno, sul piano morale, è definitivamente archiviato. Chissà se, extra ecclesiam, qualcuno comincerà a interrogare la storia e la parabola politica di Salerno in modo laico. Passando solo in rassegna alcuni aspetti, come segni dei tempi: il leaderismo della Seconda Repubblica, l'incapacità di creare classe dirigente e degni eredi politici, il piano inclinato dal Pci a ipotesi di terzo polo, il consociativismo con l'opposizione o settori di essa, il mito dello sviluppo e della crescita come ultima ideologia rimasta.