Populismo addio?
Dalla politica al marketing elettorale. Centrodestra senza un leader, centrosinistra senza organizzazione
venerdì 20 gennaio 2012
I regimi democratici di oggi sono ben diversi da quelli sorti dal dopoguerra sino agli anni settanta, perché, nelle democrazie postbelliche, un ruolo preminente è toccato alle organizzazioni di massa: i partiti e i sindacati, compressi i secondi; i primi si sono trasformati in imprese di marketing elettorale, utili per selezionare il personale politico, formato in altre sedi.
Tra i tanti motivi di tale evoluzione dei partiti e dell'assetto democratico, quattro paiono preminenti: il primo è l'esaurimento della società di classe, soppiantata da quella degli individui; il secondo è l'introduzione del finanziamento pubblico della politica, che ha reso i partiti, proiezioni dello Stato, non più bisognosi né del lavoro gratuito dei militanti né delle risorse finanziarie fornite dagli iscritti; il terzo è l'irrompere della politica mediatica, alimentata dal mezzo audiovisivo, la cui tecnica è stata ritenuta la più efficace e meno dispendiosa per comunicare con gli elettori, imponendo così le sue regole alla politica e col fine di aggirare apparati ed elettori; il quarto è la frantumazione dei vincoli di rappresentanza, sottratta alle grandi organizzazioni collettive, e, in gran parte, delegata ad agenzie specializzate, che professionalmente tutelano interessi circoscritti.
Poi l'eccitazione pseudopopulista e la denigrazione antipolitica sono divenute gli strumenti, a cui le leadership ricorrono per colmare il distacco dai cittadini. C'è pure una partecipazione postmoderna: le primarie costituite dai partiti, che sono riti di acclamazione oppure di conferma di poteri già strutturati. La manipolazione delle istituzioni si riscontra nel caso non contrastato e per nulla virtuoso della Lega, e finisce per mostrare come le forme vivaci di radicamento sociale e di presenza sul territorio siano ancora attive. Al popolo disperso del centrodestra e del centrosinistra occorre offrire, anzi che un leader, un disegno di società da condividere, che si ponga, di buzzo buono, a riordinare i molteplici interessi, e, per di più, un organo rappresentativo non animato da ambizioni personali, che provi davvero a risolvere i problemi della gente. Il PD, comunque, deve rimuovere l'illusione di un Berlusconi di sinistra, e, centrare, la sua massima attenzione sulle istanze dei cittadini, che hanno difficoltà a vivere in una contestuale realtà, oltremodo difficile.
Tra i tanti motivi di tale evoluzione dei partiti e dell'assetto democratico, quattro paiono preminenti: il primo è l'esaurimento della società di classe, soppiantata da quella degli individui; il secondo è l'introduzione del finanziamento pubblico della politica, che ha reso i partiti, proiezioni dello Stato, non più bisognosi né del lavoro gratuito dei militanti né delle risorse finanziarie fornite dagli iscritti; il terzo è l'irrompere della politica mediatica, alimentata dal mezzo audiovisivo, la cui tecnica è stata ritenuta la più efficace e meno dispendiosa per comunicare con gli elettori, imponendo così le sue regole alla politica e col fine di aggirare apparati ed elettori; il quarto è la frantumazione dei vincoli di rappresentanza, sottratta alle grandi organizzazioni collettive, e, in gran parte, delegata ad agenzie specializzate, che professionalmente tutelano interessi circoscritti.
Poi l'eccitazione pseudopopulista e la denigrazione antipolitica sono divenute gli strumenti, a cui le leadership ricorrono per colmare il distacco dai cittadini. C'è pure una partecipazione postmoderna: le primarie costituite dai partiti, che sono riti di acclamazione oppure di conferma di poteri già strutturati. La manipolazione delle istituzioni si riscontra nel caso non contrastato e per nulla virtuoso della Lega, e finisce per mostrare come le forme vivaci di radicamento sociale e di presenza sul territorio siano ancora attive. Al popolo disperso del centrodestra e del centrosinistra occorre offrire, anzi che un leader, un disegno di società da condividere, che si ponga, di buzzo buono, a riordinare i molteplici interessi, e, per di più, un organo rappresentativo non animato da ambizioni personali, che provi davvero a risolvere i problemi della gente. Il PD, comunque, deve rimuovere l'illusione di un Berlusconi di sinistra, e, centrare, la sua massima attenzione sulle istanze dei cittadini, che hanno difficoltà a vivere in una contestuale realtà, oltremodo difficile.