Piazzale don Tonino Bello, da oggi il faro del quartiere Barberini
Barletta accoglie il messaggio scomodo, universale e vero del “Vescovo fatto popolo”
mercoledì 14 maggio 2014
Spazio bianco, aperto come tabula rasa capace di ascoltare, insistere e credere per un riempimento possibile. Uno spazio che fino a ieri mattina non aveva nome, adesso ha un valore, quello di Don Tonino Bello. Questo spazio è il piazzale antistante la Chiesa San Giovanni Apostolo in Via delle Querce, una chiesa-faro per gli abitanti del quartiere barlettano, accorsi numerosi per la santa inaugurazione.
Ma quella di ieri sera non è stata una cerimonia solo religiosa: dopo il rituale ecclesiastico infatti, le questioni politiche, sociali ed etiche hanno percorso un sentiero autonomo fuori dalla dottrina, per poi tornare ad essa come loro sbocco risolutivo. Un evento commovente vista l'attualità dei temi di Don Tonino Bello; un evento svoltosi alla presenza di autorità laiche e non come il Sindaco Pasquale Cascella (che ha accolto la richiesta di Pax Christi), il Prefetto Clara Minerva, l'Arcivescovo Pichierri e il parroco della chiesa Don Rino. Quest'ultimo ha colto l'occasione per illuminare le istituzioni politiche sulla bontà etica e morale del quartiere in questione, abitato da cittadini coscienti degli sforzi che devono fare per eliminare l'etichetta di "periferia negletta" alla loro zona. Etichetta che-invita Don Rino-va rimossa soprattutto con l'impegno politico di fare anche dell'estremità urbana un centro dinamico e pulsante della città di Barletta.
«Don Tonino Bello in punto di morte parlò di primavera della chiesa, di una stagione che restituisce alla natura i frutti dopo una sofferenza invernale. Ed è un po' quello che stiamo vivendo oggi con Papa Francesco: una chiesa tornata al suo messaggio biblico e pastorale, una chiesa vicina al popolo e attenta alle sue esigenze» dice il vescovo Pichierri sottolineando la natura sociale e democratica del linguaggio del "Vescovo fatto Popolo". Rilievo politico è stato dato invece dalle parole del sindaco Pasquale Cascella: Dedicare una strada, o un piazzale come in questo caso, a un uomo incisivo e anticonformista come Don Tonino Bello comporta sempre una scelta particolarmente laboriosa, e a volte anche fonte di contrasti. E a dir il vero non sono mancate incomprensioni su alcune decisioni assunte per la viabilità, e non solo. Ma chi ha la responsabilità della cosa pubblica non può sottrarsi al dovere di scegliere, non può permettersi di lasciare la "città vuota". Deve scegliere per la "nuova città" consapevolmente, perché dobbiamo pur cominciare a concepire queste aree come parte integrante della città e non più come periferia. Potremmo, semmai, considerare questa come terra di frontiera: frontiera tra vecchio e nuovo, tra arbitrio e regole, tra disordine e armonia, tra egoismo e responsabilità. Era uomo di frontiera, don Tonino. La sua frontiera si ritrova nell'immagine del credente nei "cieli nuovi", associata però a quella delle "terre nuove" più consona al laico». Antesignano della liquidità culturale, della buona coesistenza tra differenze, Don Tonino Bello faceva convergere ogni divario nel punto focale dell'amore di Dio, chiunque egli fosse.
«Qui il vescovo torna a incontrare un popolo: non solo il suo popolo, ma l'insieme del popolo, l'anima popolare che si forgia nel divenire della storia, nell'essenza dei bisogni soggettivi e comunitari, nell'incontro delle volontà individuali con quelle collettive, nel convergere delle speranze in un mondo migliore-continua il sindaco di Barletta riferendosi ai suoi cittadini. Aveva rinunciato, don Tonino, ai "segni di potere" personale per scegliere il "potere dei segni" che dà senso al cambiamento della vita collettiva: la Casa della Pace, la comunità per i tossicodipendenti, il centro di accoglienza per gli immigrati (persino con una piccola moschea per i fratelli musulmani). "L'importante è muoversi", aveva scritto. Guardiamoci attorno, allora, cominciando da qui: tra questi palazzi, su questi terreni, in quanti bambini fragili ci imbattiamo, con quanti uomini oppressi dobbiamo misurarci, quali infelicità affrontare, quali amarezze lenire, quali differenze far convivere? Come, insomma, affermiamo il progetto politico - perché così don Tonino lo chiamava: progetto di formazione politica - del bene comune, dei diritti e dei doveri di cittadinanza, della giustizia sociale, della solidarietà, della pace? Qui si avvia un itinerario da percorrere fino in fondo. Sapendo che "la stagione degli uomini liberi è già cominciata e solo il coraggio potrà renderla duratura». Freedom invoca Don Tonino Bello in molti dei suoi incontri con i giovani; una libertà da, prima ancora di una libertà di. Consigliava ai ragazzi di liberarsi dalle seduzioni della piazza, della gloria. Spingeva loro a credere nella ricchezza spirituale della povertà materiale. Parole scherzose le sue quando diceva che nonostante la promessa di povertà, la Chiesa non ha mai fatto morire nessuno di fame. Uno spirito vagante, desideroso di substantia ; uno spirito, quello di ogni uomo, che non ha la colpa di non trovarla ma il merito di cercarla. E da oggi quel piazzale anonimo si è sostanziato nel corposo e trascendente pensiero di Don Tonino Bello.
Ma quella di ieri sera non è stata una cerimonia solo religiosa: dopo il rituale ecclesiastico infatti, le questioni politiche, sociali ed etiche hanno percorso un sentiero autonomo fuori dalla dottrina, per poi tornare ad essa come loro sbocco risolutivo. Un evento commovente vista l'attualità dei temi di Don Tonino Bello; un evento svoltosi alla presenza di autorità laiche e non come il Sindaco Pasquale Cascella (che ha accolto la richiesta di Pax Christi), il Prefetto Clara Minerva, l'Arcivescovo Pichierri e il parroco della chiesa Don Rino. Quest'ultimo ha colto l'occasione per illuminare le istituzioni politiche sulla bontà etica e morale del quartiere in questione, abitato da cittadini coscienti degli sforzi che devono fare per eliminare l'etichetta di "periferia negletta" alla loro zona. Etichetta che-invita Don Rino-va rimossa soprattutto con l'impegno politico di fare anche dell'estremità urbana un centro dinamico e pulsante della città di Barletta.
«Don Tonino Bello in punto di morte parlò di primavera della chiesa, di una stagione che restituisce alla natura i frutti dopo una sofferenza invernale. Ed è un po' quello che stiamo vivendo oggi con Papa Francesco: una chiesa tornata al suo messaggio biblico e pastorale, una chiesa vicina al popolo e attenta alle sue esigenze» dice il vescovo Pichierri sottolineando la natura sociale e democratica del linguaggio del "Vescovo fatto Popolo". Rilievo politico è stato dato invece dalle parole del sindaco Pasquale Cascella: Dedicare una strada, o un piazzale come in questo caso, a un uomo incisivo e anticonformista come Don Tonino Bello comporta sempre una scelta particolarmente laboriosa, e a volte anche fonte di contrasti. E a dir il vero non sono mancate incomprensioni su alcune decisioni assunte per la viabilità, e non solo. Ma chi ha la responsabilità della cosa pubblica non può sottrarsi al dovere di scegliere, non può permettersi di lasciare la "città vuota". Deve scegliere per la "nuova città" consapevolmente, perché dobbiamo pur cominciare a concepire queste aree come parte integrante della città e non più come periferia. Potremmo, semmai, considerare questa come terra di frontiera: frontiera tra vecchio e nuovo, tra arbitrio e regole, tra disordine e armonia, tra egoismo e responsabilità. Era uomo di frontiera, don Tonino. La sua frontiera si ritrova nell'immagine del credente nei "cieli nuovi", associata però a quella delle "terre nuove" più consona al laico». Antesignano della liquidità culturale, della buona coesistenza tra differenze, Don Tonino Bello faceva convergere ogni divario nel punto focale dell'amore di Dio, chiunque egli fosse.
«Qui il vescovo torna a incontrare un popolo: non solo il suo popolo, ma l'insieme del popolo, l'anima popolare che si forgia nel divenire della storia, nell'essenza dei bisogni soggettivi e comunitari, nell'incontro delle volontà individuali con quelle collettive, nel convergere delle speranze in un mondo migliore-continua il sindaco di Barletta riferendosi ai suoi cittadini. Aveva rinunciato, don Tonino, ai "segni di potere" personale per scegliere il "potere dei segni" che dà senso al cambiamento della vita collettiva: la Casa della Pace, la comunità per i tossicodipendenti, il centro di accoglienza per gli immigrati (persino con una piccola moschea per i fratelli musulmani). "L'importante è muoversi", aveva scritto. Guardiamoci attorno, allora, cominciando da qui: tra questi palazzi, su questi terreni, in quanti bambini fragili ci imbattiamo, con quanti uomini oppressi dobbiamo misurarci, quali infelicità affrontare, quali amarezze lenire, quali differenze far convivere? Come, insomma, affermiamo il progetto politico - perché così don Tonino lo chiamava: progetto di formazione politica - del bene comune, dei diritti e dei doveri di cittadinanza, della giustizia sociale, della solidarietà, della pace? Qui si avvia un itinerario da percorrere fino in fondo. Sapendo che "la stagione degli uomini liberi è già cominciata e solo il coraggio potrà renderla duratura». Freedom invoca Don Tonino Bello in molti dei suoi incontri con i giovani; una libertà da, prima ancora di una libertà di. Consigliava ai ragazzi di liberarsi dalle seduzioni della piazza, della gloria. Spingeva loro a credere nella ricchezza spirituale della povertà materiale. Parole scherzose le sue quando diceva che nonostante la promessa di povertà, la Chiesa non ha mai fatto morire nessuno di fame. Uno spirito vagante, desideroso di substantia ; uno spirito, quello di ogni uomo, che non ha la colpa di non trovarla ma il merito di cercarla. E da oggi quel piazzale anonimo si è sostanziato nel corposo e trascendente pensiero di Don Tonino Bello.