Perché piazza Plebiscito è il miglior volto di Barletta
Cosimo Matteucci: «Quando si parla di rigenerazione e recupero sociale, io penso a questo»
domenica 5 dicembre 2021
8.45
Succede che un'associazione adotti un'area verde e ne faccia il fulcro della rigenerazione di un intero quartiere. «Piazza Plebiscito sta diventando un posto di aggregazione sociale in cui le persone tornano a vedersi, a discutere, ad incontrarsi e, a volte, anche a litigare. Sta diventando viva», racconta Cosimo Matteucci. Quando gli parliamo è affacciato al balcone della sede dell'Ambulatorio popolare di Barletta: «Adesso ci sono dei bambini venuti a guardare lo stagno e i pesci – ci dice – E questa cosa sta aumentando tantissimo». È aumentata talmente tanto che la zona è stata sottratta al mercato dello spaccio in città, perché «la presenza di bambini e famiglie – spiega Cosimo – esclude altre presenze».
In vista del Natale, è stato realizzato anche un piccolo presepe nello stagno biologico curato dai membri dell'Ambulatorio. I personaggi sono stati interamente realizzati a mano da Angela Maffei che, all'interno dell'Università popolare, cura uno dei tanti corsi offerti alla comunità. Maria e Giuseppe sono al riparo dal freddo, nella tradizionale capanna. «L'idea è arrivata da alcune signore che frequentano assiduamente la piazza», racconta Matteucci: «Qui c'è una devozione di cui non conoscevo neanche l'esistenza, ci sono persone che alle prime ore del mattino vengono a pregare».
Anche le persone di altre confessioni religiose non hanno avuto niente in contrario alla richiesta dei più anziani di vedere la Natività nel loro posto preferito. «In fondo – osserva Cosimo Matteucci – Giuseppe, Maria e Gesù sono figure storicamente riconosciute anche dalle altre religioni monoteiste». Questo è solo un esempio di come l'Ambulatorio popolare sia riuscito a creare una comunità solidale e multietnica. È il miglior volto di Barletta, capace di intercettare alcune ferite sociali della città e di curarle.
«Quando si parla di rigenerazione sociale e recupero sociale, io penso a questo», dice Matteucci che in quella piazza ha dato tutto se stesso negli ultimi tempi. Ha dato la sua pazienza e la sua dedizione, insieme a tutti coloro che nell'Ambulatorio popolare hanno trovato una casa, una famiglia, un po' di dignità. «E poi è un modo con cui le persone che beneficiano della solidarietà della comunità, restituiscono alla città quello che hanno ricevuto – aggiunge – perché nella manutenzione della piazza vengono coinvolti loro: ogni fiore è il ringraziamento delle persone per quello che hanno ricevuto. Questo coinvolgimento – conclude – è la chiave della migliore inclusione sociale».
In vista del Natale, è stato realizzato anche un piccolo presepe nello stagno biologico curato dai membri dell'Ambulatorio. I personaggi sono stati interamente realizzati a mano da Angela Maffei che, all'interno dell'Università popolare, cura uno dei tanti corsi offerti alla comunità. Maria e Giuseppe sono al riparo dal freddo, nella tradizionale capanna. «L'idea è arrivata da alcune signore che frequentano assiduamente la piazza», racconta Matteucci: «Qui c'è una devozione di cui non conoscevo neanche l'esistenza, ci sono persone che alle prime ore del mattino vengono a pregare».
Anche le persone di altre confessioni religiose non hanno avuto niente in contrario alla richiesta dei più anziani di vedere la Natività nel loro posto preferito. «In fondo – osserva Cosimo Matteucci – Giuseppe, Maria e Gesù sono figure storicamente riconosciute anche dalle altre religioni monoteiste». Questo è solo un esempio di come l'Ambulatorio popolare sia riuscito a creare una comunità solidale e multietnica. È il miglior volto di Barletta, capace di intercettare alcune ferite sociali della città e di curarle.
«Quando si parla di rigenerazione sociale e recupero sociale, io penso a questo», dice Matteucci che in quella piazza ha dato tutto se stesso negli ultimi tempi. Ha dato la sua pazienza e la sua dedizione, insieme a tutti coloro che nell'Ambulatorio popolare hanno trovato una casa, una famiglia, un po' di dignità. «E poi è un modo con cui le persone che beneficiano della solidarietà della comunità, restituiscono alla città quello che hanno ricevuto – aggiunge – perché nella manutenzione della piazza vengono coinvolti loro: ogni fiore è il ringraziamento delle persone per quello che hanno ricevuto. Questo coinvolgimento – conclude – è la chiave della migliore inclusione sociale».