Per non dimenticare i sette giovani marinai barlettani
I sette marinai morirono nell'affondamento della corazzata Roma. La rievocazione di quella tragica pagina della seconda guerra mondiale
sabato 10 settembre 2011
Ricordare il passato è un dovere. Presso la banchina Ammiraglio Casardi del porto di Barletta si è svolta la rievocazione dei sette marinai barlettani morti ( 1352 le vittime in totale) nell'affondamento della corazzata "Roma" il 9 settembre 1943 ad opera dei nazisti, al largo dell'isola dell'Asinara. Le vittime dell'affondamento della Corazzata Roma furono le prime dopo l'armistizio dell'8 settembre.
Oltre al sindaco Nicola Maffei, alle autorità cittadine e militari,erano presenti i rappresentanti delle sezioni A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d'Italia), L'istituto Nazionale del Nastro Azzurro (sezione di Bari). Grandi assenti, i giovani, che dovrebbero essere i custodi della memoria. La rievocazione di quel tragico fatto bellico si è svolta accanto la stele di marmo sui cui sono incisi i nomi dei sette marinai barlettani:
Giuseppe Capogna
Raffaele Dell'Aquila
Francesco Gissi
Ruggiero Gorgoglione
Carmelo Lattanzio
Mauro Mazzola
Leonardo Sarcinelli
Oltre al sindaco Nicola Maffei, alle autorità cittadine e militari,erano presenti i rappresentanti delle sezioni A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d'Italia), L'istituto Nazionale del Nastro Azzurro (sezione di Bari). Grandi assenti, i giovani, che dovrebbero essere i custodi della memoria. La rievocazione di quel tragico fatto bellico si è svolta accanto la stele di marmo sui cui sono incisi i nomi dei sette marinai barlettani:
Giuseppe Capogna
Raffaele Dell'Aquila
Francesco Gissi
Ruggiero Gorgoglione
Carmelo Lattanzio
Mauro Mazzola
Leonardo Sarcinelli
La dinamica dell'affondamento della corazzata Roma
Verso le 15:10, al largo dell'isola dell'Asinara la corazzata Roma venne sorvolata ad alta quota da ventotto bimotori Dornier Do 217K del Kampfgeschwader 100 della Luftwaffe, partiti dall'aeroporto di Istres, presso Marsiglia, in tre ondate successive, la prima delle quali si alzò in volo poco dopo le 14:00, con i velivoli che avevano l'istruzione di mirare unicamente alle corazzate. Gli aerei mantenendosi in volo livellato sganciarono degli "oggetti" affusolati, la cui coda luminosa, data l'altezza alla quale volavano gli aerei, fu inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento; si trattava di bombe razzo teleguidate Ruhrstahl SD 1400, conosciute dagli Alleati con il nome di Fritz X, la cui forza di penetrazione era conferita dall'alta velocità acquistata durante la caduta, essendo prescritto il lancio da un'altezza non inferiore ai 5000 metri.
Per una troppo stretta ottemperanza alle disposizioni del Comando supremo di osservare la neutralità, fu solo quando gli aerei sganciarono la prima bomba (e ci si rese conto che si trattava di una bomba), che venne dato alle artiglierie contraeree delle unità della formazione l'ordine di aprire il fuoco. data però l'elevata quota a cui volavano gli aerei tedeschi, le artiglierie contraeree furono costrette a sparare alla massima elevazione, che ne penalizzava la precisione del tiro.Alle 15:42, corazzata Roma fu centrata una prima volta tra le torri antiaeree da 90mm, che apparentemente non produsse effetti devastanti, ma che attraversò lo scafo esplodendo sott'acqua aprendo così una falla. Il secondo colpo alle 15:50 centrò la nave verso prua, sul lato sinistro fra il torrione di comando e la torre sopraelevata armata con cannoni da 381 mm, con conseguenze ben diverse: a prua si allagarono le caldaie causando l'arresto nella nave e deflagarono i depositi di munizioni,cessò l'erogazione dell'energia elettrica e la torre numero 2 (quella coi cannoni da 381 mm) saltò in aria, cadendo poi in mare, con tutta la sua massa di 1500 tonnellate; la torre corazzata di comando fu investita da una tale vampata che venne deformata e piegata dal calore, proiettata in alto a pezzi in mezzo a due enormi colonne di fumo portando con sé l'ammiraglio Bergamini e il suo stato maggiore, il comandante della nave Adone Del Cima e buona parte dell'equipaggio, morti pressoché all'istante.
Verso le 15:10, al largo dell'isola dell'Asinara la corazzata Roma venne sorvolata ad alta quota da ventotto bimotori Dornier Do 217K del Kampfgeschwader 100 della Luftwaffe, partiti dall'aeroporto di Istres, presso Marsiglia, in tre ondate successive, la prima delle quali si alzò in volo poco dopo le 14:00, con i velivoli che avevano l'istruzione di mirare unicamente alle corazzate. Gli aerei mantenendosi in volo livellato sganciarono degli "oggetti" affusolati, la cui coda luminosa, data l'altezza alla quale volavano gli aerei, fu inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento; si trattava di bombe razzo teleguidate Ruhrstahl SD 1400, conosciute dagli Alleati con il nome di Fritz X, la cui forza di penetrazione era conferita dall'alta velocità acquistata durante la caduta, essendo prescritto il lancio da un'altezza non inferiore ai 5000 metri.
Per una troppo stretta ottemperanza alle disposizioni del Comando supremo di osservare la neutralità, fu solo quando gli aerei sganciarono la prima bomba (e ci si rese conto che si trattava di una bomba), che venne dato alle artiglierie contraeree delle unità della formazione l'ordine di aprire il fuoco. data però l'elevata quota a cui volavano gli aerei tedeschi, le artiglierie contraeree furono costrette a sparare alla massima elevazione, che ne penalizzava la precisione del tiro.Alle 15:42, corazzata Roma fu centrata una prima volta tra le torri antiaeree da 90mm, che apparentemente non produsse effetti devastanti, ma che attraversò lo scafo esplodendo sott'acqua aprendo così una falla. Il secondo colpo alle 15:50 centrò la nave verso prua, sul lato sinistro fra il torrione di comando e la torre sopraelevata armata con cannoni da 381 mm, con conseguenze ben diverse: a prua si allagarono le caldaie causando l'arresto nella nave e deflagarono i depositi di munizioni,cessò l'erogazione dell'energia elettrica e la torre numero 2 (quella coi cannoni da 381 mm) saltò in aria, cadendo poi in mare, con tutta la sua massa di 1500 tonnellate; la torre corazzata di comando fu investita da una tale vampata che venne deformata e piegata dal calore, proiettata in alto a pezzi in mezzo a due enormi colonne di fumo portando con sé l'ammiraglio Bergamini e il suo stato maggiore, il comandante della nave Adone Del Cima e buona parte dell'equipaggio, morti pressoché all'istante.