Pastore: «L'istruzione non può essere precaria»
«E la chiamano scuola...» scrive il consigliere regionale. Tremonti e Gelmini creeranno nuovi precari
mercoledì 29 settembre 2010
Una nota del consigliere regionale di Sel, Franco Pastore.
"E la chiamano scuola… Un luogo in cui da casa ci si deve portare anche la carta igienica e pure il gesso, anziché sostituirlo con pennarelli con i quali scrivere su lavagne nuove e non respirare polveri dannose; un luogo in cui gli insegnanti vanno e vengono in attesa di nomine da una città all'altra; un luogo in cui chi è un po' indietro non ha, di fatto, diritto, al sostegno e se sì, in modo frammentario, precario e intermittente; un luogo in cui tutto è precario, il personale docente, i libri, le cui edizioni sono costantemente e inutilmente aggiornate per far spendere soldi, i programmi che nessuno mai riuscirà a portare a termine in queste condizioni; un luogo in cui difficilmente i ragazzi troveranno gli strumenti per diventare adulti, professionalmente formati, professionalmente occupati, cittadini e cittadine in grado di cambiare il corso delle cose, possessori di un sapere critico, anzi, possessori di un qualsiasi sapere. Forse l'obiettivo è proprio questo. Allora non è tempo di ignavia mentre da una parte, con la tv, si atrofizzano i cervelli e dall'altra, a scuola, li si stimola sempre meno. Bene hanno fatto a mobilitarsi in Abruzzo e in tutta Italia, dal Friuli, a Roma, Napoli, Palermo e qui da noi in Puglia. Le regioni, dal canto loro, con propri interventi e provvedimenti possono solo tamponare e mitigare la gravità della situazione. Ma ciò non vuol dire che il loro intervento sia vano e non debba essere fatto. I giovani, la loro formazione, sono fondamentali e deve essere premura di chi governa, a tutti i livelli, consentire loro di avere le stesse possibilità dei loro coetanei europei, ne va della nostra cultura, del nostro passato e del nostro futuro. E di un paese che non può e non deve accettare lo status di precario, in tutto e per tutto. La Gelmini e Tremonti, l'uno dando gli ordini e l'altra eseguendoli, creeranno nuovi precari. Qualcuno di quelli di oggi, forse, tra dieci anni, entrerà nel mondo della scuola, per un turnover naturale di pensionamenti e altro, ma intanto molti altri precari si saranno affacciati alla speranza di cominciare, chissà a quale età, a lavorare".
"E la chiamano scuola… Un luogo in cui da casa ci si deve portare anche la carta igienica e pure il gesso, anziché sostituirlo con pennarelli con i quali scrivere su lavagne nuove e non respirare polveri dannose; un luogo in cui gli insegnanti vanno e vengono in attesa di nomine da una città all'altra; un luogo in cui chi è un po' indietro non ha, di fatto, diritto, al sostegno e se sì, in modo frammentario, precario e intermittente; un luogo in cui tutto è precario, il personale docente, i libri, le cui edizioni sono costantemente e inutilmente aggiornate per far spendere soldi, i programmi che nessuno mai riuscirà a portare a termine in queste condizioni; un luogo in cui difficilmente i ragazzi troveranno gli strumenti per diventare adulti, professionalmente formati, professionalmente occupati, cittadini e cittadine in grado di cambiare il corso delle cose, possessori di un sapere critico, anzi, possessori di un qualsiasi sapere. Forse l'obiettivo è proprio questo. Allora non è tempo di ignavia mentre da una parte, con la tv, si atrofizzano i cervelli e dall'altra, a scuola, li si stimola sempre meno. Bene hanno fatto a mobilitarsi in Abruzzo e in tutta Italia, dal Friuli, a Roma, Napoli, Palermo e qui da noi in Puglia. Le regioni, dal canto loro, con propri interventi e provvedimenti possono solo tamponare e mitigare la gravità della situazione. Ma ciò non vuol dire che il loro intervento sia vano e non debba essere fatto. I giovani, la loro formazione, sono fondamentali e deve essere premura di chi governa, a tutti i livelli, consentire loro di avere le stesse possibilità dei loro coetanei europei, ne va della nostra cultura, del nostro passato e del nostro futuro. E di un paese che non può e non deve accettare lo status di precario, in tutto e per tutto. La Gelmini e Tremonti, l'uno dando gli ordini e l'altra eseguendoli, creeranno nuovi precari. Qualcuno di quelli di oggi, forse, tra dieci anni, entrerà nel mondo della scuola, per un turnover naturale di pensionamenti e altro, ma intanto molti altri precari si saranno affacciati alla speranza di cominciare, chissà a quale età, a lavorare".