Parla la famiglia di Nanula: «Siamo stati abbandonati, nessuna giustizia»
I familiari si confidano: «C'è stato troppo silenzio»
mercoledì 30 marzo 2016
13.37
«Giuseppe Nanula non deve essere dimenticato, la sua famiglia è stata abbandonata. Perché?». Sono le domande intrise di rammarico che ci pone Sabina Nanula, mamma di Giuseppe, una mamma che non ha potuto osservare il futuro di suo figlio e nemmeno ha avuto il conforto delle istituzioni e della giustizia.
Già negli anni scorsi BarlettaViva aveva raccontato l'intera vicenda del sottocapo barlettano di stanza presso la Capitaneria di Olbia. Il 30 aprile 2011 Giuseppe era impegnato in un'attività di routine presso l'isola di Tavolara assieme ad una collega a bordo di un gommone proprio al largo di Olbia. Qui il natante avrebbe urtato un elemento affiorante e si sarebbe ribaltato. La collega di servizio Valentina Muscarnera, allora 23enne, avrebbe nuotato per due ore in attesa di soccorsi e proprio in questo frangente si sarebbero perse le tracce del giovane, il cui corpo fu ritrovato quasi sei mesi dopo.
Non si arrende la signora Sabina che da tempo, assieme a tutta famiglia, cerca di interessare le istituzioni e i media con domande che non farebbe solo una madre, perché pregne di Giustizia, di ricerca della verità. E' uno scambio di opinioni franco e schietto quello che Sabina sottopone in esclusiva a BarlettaViva: «Io mi sento presa in giro, la mia famiglia si sente presa in giro. Mio figlio era in servizio, come è possibile che dopo essere caduto in acqua [come riportato, il loro gommone urtò un ostacolo e Nanula venne sbalzato fuori dall'imbarcazione insieme alla collega, la quale invece fu ritrovata dai soccorritori due ore dopo e riuscì a salvarsi nuotando ndr] una persona esperta come lui non sia riuscito a resistere in mare? Perdere un figlio fa male, molto male».
Fa eco Marco Nanula, fratello di Giuseppe: «La nostra famiglia non è stata avvisata, è stata organizzata una commemorazione religiosa e anche un memorial sportivo. Ne siamo venuti a conoscenza dai media di Olbia. Perché abbandonare una famiglia che ha perso un figlio, un fratello? Perché commemorare "tardivamente" dopo cinque anni? Cosa è successo prima? Si vogliono pulire la coscienza e se sì per quale motivo? Abbiamo cercato di interessare i media nazionali per combattere questo muro di silenzio ma non abbiamo mai avuto risposte.»
«Si sono tutti dissociati – continua la signora Sabina – e nessuno ci ha avvisato. Commemorare un marinaio senza sentire la sua famiglia è una delle peggiori cose che possa capitare ad una madre. Si è parlato di "elemento affiorante" a suo tempo, non ho mai saputo cosa fosse, se un delfino, una pietra. C'è stato troppo silenzio. Forse mio figlio si è trovato al momento sbagliato nel punto sbagliato.»
Conclude Marco: «Domani alle 19.00 anche Barletta cercherà di ricordare un suo concittadino a San Giovanni Apostolo. Nemmeno le istituzioni locali hanno voluto spendere una parola per mio fratello». E proprio a conclusione dell'intervista giunge sul suo profilo personale su Facebook il commento del Comandante della Capitaneria di Olbia: «Caro Marco, io non ho conosciuto Giuseppe, ma i ragazzi che hanno condiviso, qui ad Olbia, alcuni momenti felici della sua vita troppo breve, me ne parlano come di un ragazzo solare, estroverso, disponibile, innamorato del suo bellissimo lavoro. Abbiamo voluto fortemente ricordarlo come possiamo e deliberatamente ho evitato di sottoporvi ad un'altra giornata di dolore, qui dove Giuseppe vi e ci ha lasciati. Probabilmente ho sbagliato e non posso che dispiacermene. Ma sappiate che il ricordo di Giuseppe è vivissimo fra di noi e non lo dimenticheremo». Parole buone che lasciano nella famiglia un sapore amaro.
Già negli anni scorsi BarlettaViva aveva raccontato l'intera vicenda del sottocapo barlettano di stanza presso la Capitaneria di Olbia. Il 30 aprile 2011 Giuseppe era impegnato in un'attività di routine presso l'isola di Tavolara assieme ad una collega a bordo di un gommone proprio al largo di Olbia. Qui il natante avrebbe urtato un elemento affiorante e si sarebbe ribaltato. La collega di servizio Valentina Muscarnera, allora 23enne, avrebbe nuotato per due ore in attesa di soccorsi e proprio in questo frangente si sarebbero perse le tracce del giovane, il cui corpo fu ritrovato quasi sei mesi dopo.
Non si arrende la signora Sabina che da tempo, assieme a tutta famiglia, cerca di interessare le istituzioni e i media con domande che non farebbe solo una madre, perché pregne di Giustizia, di ricerca della verità. E' uno scambio di opinioni franco e schietto quello che Sabina sottopone in esclusiva a BarlettaViva: «Io mi sento presa in giro, la mia famiglia si sente presa in giro. Mio figlio era in servizio, come è possibile che dopo essere caduto in acqua [come riportato, il loro gommone urtò un ostacolo e Nanula venne sbalzato fuori dall'imbarcazione insieme alla collega, la quale invece fu ritrovata dai soccorritori due ore dopo e riuscì a salvarsi nuotando ndr] una persona esperta come lui non sia riuscito a resistere in mare? Perdere un figlio fa male, molto male».
Fa eco Marco Nanula, fratello di Giuseppe: «La nostra famiglia non è stata avvisata, è stata organizzata una commemorazione religiosa e anche un memorial sportivo. Ne siamo venuti a conoscenza dai media di Olbia. Perché abbandonare una famiglia che ha perso un figlio, un fratello? Perché commemorare "tardivamente" dopo cinque anni? Cosa è successo prima? Si vogliono pulire la coscienza e se sì per quale motivo? Abbiamo cercato di interessare i media nazionali per combattere questo muro di silenzio ma non abbiamo mai avuto risposte.»
«Si sono tutti dissociati – continua la signora Sabina – e nessuno ci ha avvisato. Commemorare un marinaio senza sentire la sua famiglia è una delle peggiori cose che possa capitare ad una madre. Si è parlato di "elemento affiorante" a suo tempo, non ho mai saputo cosa fosse, se un delfino, una pietra. C'è stato troppo silenzio. Forse mio figlio si è trovato al momento sbagliato nel punto sbagliato.»
Conclude Marco: «Domani alle 19.00 anche Barletta cercherà di ricordare un suo concittadino a San Giovanni Apostolo. Nemmeno le istituzioni locali hanno voluto spendere una parola per mio fratello». E proprio a conclusione dell'intervista giunge sul suo profilo personale su Facebook il commento del Comandante della Capitaneria di Olbia: «Caro Marco, io non ho conosciuto Giuseppe, ma i ragazzi che hanno condiviso, qui ad Olbia, alcuni momenti felici della sua vita troppo breve, me ne parlano come di un ragazzo solare, estroverso, disponibile, innamorato del suo bellissimo lavoro. Abbiamo voluto fortemente ricordarlo come possiamo e deliberatamente ho evitato di sottoporvi ad un'altra giornata di dolore, qui dove Giuseppe vi e ci ha lasciati. Probabilmente ho sbagliato e non posso che dispiacermene. Ma sappiate che il ricordo di Giuseppe è vivissimo fra di noi e non lo dimenticheremo». Parole buone che lasciano nella famiglia un sapore amaro.