Operazione "Amarcord", parla una delle vittime
Piombato all’inferno per un prestito di poche migliaia di euro. Per le vittime, un incubo tra finzione e realtà
venerdì 25 giugno 2010
18.15
Una vita che andava avanti nonostante tutto: sembrava che andasse per il verso giusto, mentre stava bruciando dentro. Una vita trascinata da finzione e paura, e che lentamente stava portando alla devastazione nonché alla disperazione. A parlare è una delle vittime, finita sotto il tiro dei cravattari, adesso arrestati nell'ambito dell'operazione "Amarcord".
Tutto ebbe inizio un po' di anni fa quando per via di una serie di eventi i quali costrinsero un professionista di Trani a consegnarsi nelle mani del suo aguzzino che si propose di aiutarlo. Piccoli prestiti che alla fine ingabbiarono la vittima in una spirale fatta di minacce ed estorsioni.
«Dovevo fingere con la mia famiglia e dire che tutto stava andando bene, mentre nel frattempo dentro ero devastato da questa situazione che mi stava portando alla disperazione. Però io non ho ceduto ed alla fine sono stato premiato. Adesso ho voglia di ritornare al mio lavoro. Ho voglia di riprendere quello che ho smantellato. All'inizio sembrava che dovessi restituire poco più di quello che normalmente si deve in caso di prestiti, invece le richieste degli strozzini sono aumentate e, per fare fronte ai debiti, ho dovuto vendere la collezione di orologi preziosi, alcune opere d'arte, preziosi arazzi, e poi persino beni mobili ed immobili».
Il dramma trascina dentro anche la madre della vittima, costretta a vendere tutto ciò in suo possesso pur di aiutare suo figlio, ma non solo: il racconto della vittima arriva anche a toccare il braccio armato dell'organizzazione e quindi l'albanese Igli Kamberi di 25 anni e la cinquantenne Idajede Kurti, ciò spiega quelli che erano i metodi violenti che l'organizzazione usava per estorcere denaro.
Minacce, ma anche sms, tra cui uno mandato ad una delle vittime dallo stesso Kamberi: "Tu vuoi giocare? Io non gioco".
Un racconto che si conclude con l'invito della vittima a denunciare: «Bisogna denunciare questi strozzini; mi auguro che tutti abbiano la stessa forza di reagire che ho avuto io».
Tutto ebbe inizio un po' di anni fa quando per via di una serie di eventi i quali costrinsero un professionista di Trani a consegnarsi nelle mani del suo aguzzino che si propose di aiutarlo. Piccoli prestiti che alla fine ingabbiarono la vittima in una spirale fatta di minacce ed estorsioni.
«Dovevo fingere con la mia famiglia e dire che tutto stava andando bene, mentre nel frattempo dentro ero devastato da questa situazione che mi stava portando alla disperazione. Però io non ho ceduto ed alla fine sono stato premiato. Adesso ho voglia di ritornare al mio lavoro. Ho voglia di riprendere quello che ho smantellato. All'inizio sembrava che dovessi restituire poco più di quello che normalmente si deve in caso di prestiti, invece le richieste degli strozzini sono aumentate e, per fare fronte ai debiti, ho dovuto vendere la collezione di orologi preziosi, alcune opere d'arte, preziosi arazzi, e poi persino beni mobili ed immobili».
Il dramma trascina dentro anche la madre della vittima, costretta a vendere tutto ciò in suo possesso pur di aiutare suo figlio, ma non solo: il racconto della vittima arriva anche a toccare il braccio armato dell'organizzazione e quindi l'albanese Igli Kamberi di 25 anni e la cinquantenne Idajede Kurti, ciò spiega quelli che erano i metodi violenti che l'organizzazione usava per estorcere denaro.
Minacce, ma anche sms, tra cui uno mandato ad una delle vittime dallo stesso Kamberi: "Tu vuoi giocare? Io non gioco".
Un racconto che si conclude con l'invito della vittima a denunciare: «Bisogna denunciare questi strozzini; mi auguro che tutti abbiano la stessa forza di reagire che ho avuto io».
Intervista a cura de
La Gazzetta del Mezzogiorno
La Gazzetta del Mezzogiorno