Nuovi palazzi, nuovo cemento, e per Barletta resta il disastro ambientale

La nota di Alessandro Zagaria del Collettivo Exit

lunedì 22 ottobre 2018 0.33
«C'è un partito nella nostra città che non va mai in ferie,che non conosce momenti di crisi, che sa districarsi con facilità tra i meandri del potere,che sa muovere le sue pedine nelle istituzioni e soprattutto sa come ottenere quello che vuole. Ci riferiamo a quel Partito del mattone trasversale alle forze presenti in Consiglio Comunale che detta l'agenda politica e piega ai propri interessi qualsiasi ipotesi di pianificazione urbanistica». Scrive Alessandro Zagaria del Collettivo Exit.

«Questo cosiddetto altro potere, molto più potente di quello politico e spesso sovrapponibile ad esso, ci ha imposto un modello di sviluppo in cui la ricchezza sociale detenuta dai comuni, sotto forma di territorio e beni immobiliari, è da tempo sottratta agli interessi della collettività. Possiamo dire che i frutti di questo modello economico sono visibili a tutti sotto forma di aumento delle disuguaglianze, peggioramento della qualità della vita, mancanza totale di aree verdi (in una realtà soffocata dal cemento) e disastri ambientali. Quel disastro ambientale che il Partito del mattone vorrebbe risolvere con una nuova colata di cemento che porti finalmente l'assedio definitivo alle industrie insalubri.

Ci troviamo di fronte ad una sorta di riconversione del tessuto economico e produttivo imposto dall'alto e in mano ai palazzinari che ce lo impongono con ondate di cemento. Perché l'ultima schifezza urbanistica approvata dall'amministrazione Cannito di questo purtroppo riguarda, del rilascio del permesso a costruire sui terreni lungo la litoranea di Levante angolo via Misericordia; praticamente sui terreni adiacenti la Timac. Si, abbiamo capito tutti bene; la classe politica di questa città rilascia un permesso a costruire (e alla gente che andrà a viverci) su terreni dove è stato riscontrato l'inquinamento della falda e dove incombe da tempo un disastro ambientale senza precedenti. Non si ha nemmeno la decenza di aspettare che sia realizzata la bonifica prima di rilasciare una nuova concessione a costruire.

Su tutta questa storia dovrebbero riflettere anche i lavoratori della Timac quando ci accusano di voler far chiudere la loro azienda: gli unici che stanno pianificando la cacciata della Timac sono i costruttori e la classe politica.

Ma la vicenda di questa ennesimo scempio ha una iter abbastanza lungo e travagliato,arrivando a coinvolgere anche la precedente amministrazione Cascella. Infatti alcuni anni fa come Collettivo Exit avevamo denunciato il pericolo di una cementificazione dell'area adiacente alla Timac e avevamo riportato alla ribalta anche le rimostranze presentate da alcuni tecnici al progetto all'interno della Commissione Paesaggistica Comunale. Le rimostranze dei tecnici riguardavano appunto l'inquinamento della falda e anche alcune non conformità del progetto al Piano paesaggistico regionale. Questi tecnici successivamente hanno rassegnato le loro dimissioni dalla Commissione, sostituiti immediatamente con altri tecnici più propensi a dare il proprio assenso al progetto. Oggi, dopo alcuni anni di completo silenzio, questa nuova lottizzazione su un'area fortemente inquinata e gravata da una forte criticità ambientale è diventata realtà.

Sarebbe interessante capire cosa ha da dire il Sindaco Cannito (nonché assessore all'urbanistica) su tutta questa storia e soprattutto come si può affermare in campagna elettorale checon la sua amministrazione non ci sarebbero state nuove ondate di cemento e poi in pochi mesi di mandato avvallare questo scempio.

La risposta la potremmo tranquillamente dare noi al riguardo e cioè che quelle erano solo parole espresse in campagna elettorale, parole che il vento si è già portato via; il vero obiettivo del potere economico e politico in questi 5 anni di consigliatura è la spoliazione e la privatizzazione delle città. Basti pensare all'area dell'ex cartiera e all'abbattimento nel febbraio del 2017 degli ulivi (messaggio alla popolazione per prepararli ad una nuova colata di cemento a pochi metri dal mare) da parte di una classe padronale sempre più avida di mettere a profitto pezzi importanti di territorio» conclude Zagaria.