Non avere parole per le emozioni.
I giovani barlettani e i funerali delle vittime del crollo. “Non si entra nella verità senza l’amore” San Paolo, Lettere ai Corinti, 13
martedì 11 ottobre 2011
Durante i funerali delle cinque donne travolte dal crollo della palazzina a Barletta, abbiamo provato ad intervistare gruppi di adolescenti e giovanissimi. Abbiamo provato. Ma senza successo. Non un parola di cordoglio, non un'opinione sui fatti. "Non so cosa dire", questa la risposta che abbiamo raccolto con più frequenza. Ma non sapere in questa circostanza equivale ad un non volere o a un non potere? Non sono in grado di, non hanno strumenti linguistici per esprimere le proprie emozioni. Un divario enorme separa questi adolescenti dai loro concittadini anziani. In dialetto spesso, ma il vocabolario emotivo dei settantenni barlettani è assai più ricco.
Già nel 1972 Pasolini nel suo lavoro "Empirismo eretico" aveva accusato i mass media, la televisione, di diffondere una lingua priva di espressione e strumentale solo alla logica consumistica, che avrebbe trasformato gli uomini in automi. Verità ancor più calzante in questa fase storica in cui sono la televisione commerciale, facebook e iphone a costruire il vocabolario emozionale dei giovani. Un dizionario linguistico in cui parole e frasi devono essere immediate e sintetiche. Botta e risposta insomma. Input e output. Senza contemplare un'elaborazione individuale, identificazione di un'interiorità. Né tanto meno un'elaborazione collettiva, che permetta di appropriarsi di contenuti emotivi. Eppure di lutti collettivi ne abbiamo vissuti tanti negli ultimi anni e assai mediatizzati: il crollo delle Torri gemelle, la morte del Papa. Eventi capaci di suscitare emozioni fortissime. Anche a livello locale: il crollo di via Canosa del 1959.
Barletta manca oggi evidentemente di luoghi di elaborazione collettiva. Dei ricordi e delle emozioni ad essi connessi. Gran parte della memoria, soprattutto della memoria condivisa, dipende da processi cognitivi. Se i processi sono sbagliati la memoria è, sarà distorta. Senza memoria, non c'è consapevolezza. Se non c'è consapevolezza, si vive in un eterno presente. La storia diviene maestra del nulla. Il futuro è buco nero di angoscia. Perfino la scuola, abbandonato il tema come espressione principe della riflessione scritta, ha aderito al modello delle domande a risposta chiusa, dei test, del vero o falso. Non avere parole per le emozioni. In psichiatria questo fenomeno ha un nome: "alessitimìa". A Barletta in occasione di questo lutto tragico questo fenomeno sembra aver assunto le dimensioni di una epidemia. "Se non si da apprendimento senza gratificazione emotiva, l'incuria dell'emotività, o la sua cura a livelli così sbrigativi da essere controproducenti, è il massimo rischio che oggi uno studente, andando a scuola, corre", ha scritto in "L'ospite inquietante" Umberto Galimberti.
Alessandro Porcelluzzi
Stefania Lamacchia
Già nel 1972 Pasolini nel suo lavoro "Empirismo eretico" aveva accusato i mass media, la televisione, di diffondere una lingua priva di espressione e strumentale solo alla logica consumistica, che avrebbe trasformato gli uomini in automi. Verità ancor più calzante in questa fase storica in cui sono la televisione commerciale, facebook e iphone a costruire il vocabolario emozionale dei giovani. Un dizionario linguistico in cui parole e frasi devono essere immediate e sintetiche. Botta e risposta insomma. Input e output. Senza contemplare un'elaborazione individuale, identificazione di un'interiorità. Né tanto meno un'elaborazione collettiva, che permetta di appropriarsi di contenuti emotivi. Eppure di lutti collettivi ne abbiamo vissuti tanti negli ultimi anni e assai mediatizzati: il crollo delle Torri gemelle, la morte del Papa. Eventi capaci di suscitare emozioni fortissime. Anche a livello locale: il crollo di via Canosa del 1959.
Barletta manca oggi evidentemente di luoghi di elaborazione collettiva. Dei ricordi e delle emozioni ad essi connessi. Gran parte della memoria, soprattutto della memoria condivisa, dipende da processi cognitivi. Se i processi sono sbagliati la memoria è, sarà distorta. Senza memoria, non c'è consapevolezza. Se non c'è consapevolezza, si vive in un eterno presente. La storia diviene maestra del nulla. Il futuro è buco nero di angoscia. Perfino la scuola, abbandonato il tema come espressione principe della riflessione scritta, ha aderito al modello delle domande a risposta chiusa, dei test, del vero o falso. Non avere parole per le emozioni. In psichiatria questo fenomeno ha un nome: "alessitimìa". A Barletta in occasione di questo lutto tragico questo fenomeno sembra aver assunto le dimensioni di una epidemia. "Se non si da apprendimento senza gratificazione emotiva, l'incuria dell'emotività, o la sua cura a livelli così sbrigativi da essere controproducenti, è il massimo rischio che oggi uno studente, andando a scuola, corre", ha scritto in "L'ospite inquietante" Umberto Galimberti.
Alessandro Porcelluzzi
Stefania Lamacchia