Nel gotha del giornalismo sportivo italiano: intervista a Mario Sconcerti

Dai primi passi al "Corriere dello Sport" all'esperienza con Sky. Il giornalista toscano si racconta a Barlettalife

domenica 2 ottobre 2011
A cura di Luca Guerra
I meno giovani lo ricorderanno inviato fresco di promozione sul campo per il "Corriere dello Sport", i telespettatori lo conosceranno come animatore di considerazioni e discussioni (celebri quelle con Della Valle e Mourinho) domenicali sugli schermi di "Sky Calcio Show", altri ancora lo avranno incontrato nelle vesti di editorialista, direttore o firma celebre su "Repubblica", "Gazzetta dello Sport", "Il Secolo XIX" e "Sette" (solo per citare alcuni dei giornali che hanno avuto l'onore di ospitarlo), molti lo avranno visto in copertina sugli scaffali delle librerie di mezza Italia in uno dei suoi 5 lavori sin qui editi. Comunque lo si veda, Mario Sconcerti, decano dei giornalisti italiani nato a Firenze 63 anni fa, è una di quelle voci che si vorrebbe ascoltare o, come in questo caso, leggere sempre e comunque. E noi di Barlettalife lo abbiamo intervistato per voi, parlando dei suoi due grandi amori: il giornalismo e il calcio italiano.

Mario Sconcerti, professione giornalista da ormai una vita. Lei ha sempre sognato di diventare un giornalista o è un'idea che ha preso vita negli anni?
«Non ne avevo proprio idea. Paradossalmente, sono diventato un giornalista perchè ero un cattivo studente. Quando andai all'università, "incappai" nei movimenti del '68, non ero abbastanza pronto per capire cosa stesse succedendo percui rimasi emarginato; mio padre non apprezzava il fatto che non facessi niente e chiese a un suo amico di farmi collaborare nel suo giornale. Così iniziai da Firenze a fare il ragazzino di bottega per il "Corriere dello Sport". Nel 1969 la Fiorentina vinse il campionato e c'era il ct della Nazionale Valcareggi, alla cui giacca mi aggrappai (ride, ndr) e cominciai così a scrivere articoli sul giornale. Se non ci fossero state le lotte studentesche, sarei probabilmente rimasto all'università».

Cosa consiglia a chi vuole diventare un giornalista oggi? Soprattutto, lo consiglia?
«L'ho sempre consigliato e lo consiglio sempre, anche se non so cosa sia diventato questo mestiere oggi. Mi sembra di vedere molta più qualità nei giovani di oggi: per quanto riguarda i consigli che dò, certamente c'è bisogno della laurea, poi c'è bisogno di sapere l'inglese, altrimenti non si è competitivi, e bisogna assolutamente essere molto curiosi, scavare alla radice degli avvenimenti. Non dovete accettare le cose che accadono, ma cercare di capire le motivazioni dalle quali sono scaturite. E' fondamentale la voglia: se hai la capacità e non la voglia, annulli le tue capacità».

Lei ha scritto anche 5 libri: cosa cambia tra il Mario Sconcerti giornalista e lo scrittore?
«Cambia il modo di scrivere: il giornalista scrive in piedi, lo scrittore scrive stando seduto. Io quando scrivo un articolo lo rileggo al massimo una volta, lo scrivo in mezzora, mentre un libro è un risultato complesso: cambia anche il lettore al quale si indirizza, e bisogna cambiare il linguaggio. Bisogna avere un approccio e un linguaggio maggiormente riflessivo quando si scrive un libro».

Lei ha scritto ben 2 libri che avevano come filo conduttore Roberto Baggio : il "divin Codino" è stato il miglior calciatore italiano di tutti i tempi?
«Di tutti i tempi credo che il migliore sia stato Gianni RIvera, almeno nel dopoguerra. Baggio è stato più attaccante, come fantasista è stato il migliore. Credo però che come calciatore completo, Rivera gli sia stato superiore».

Lei ha già realizzato gran parte dei suoi sogni e dei suoi obiettivi probabilmente. Quale altro gradino vorrebbe ancora scalare nella sua carriera?
Mi piacerebbe che un mio libro diventasse un best-seller ufficiale. L'ultimo libro che ho scritto, "Storia ... del calcio", uscito a dicembre 2009, è andato molto bene, ha venduto molte copie in avvio ma mi sono fermato al 16mo posto nelle vendite, senza reggere nel lungo periodo. Se mi chiedi cosa mi manca, ti dico che ho questo ambizioso obiettivo».

Ha parlato del suo rapporto con la Fiorentina: lei è un acerrimo tifoso della "Viola", quanto è difficile scindere il ruolo del tifoso da quello del commentatore durante le trasmissioni sportive in particolare?
«Mi appello in quei casi all'abitudine e all'esperienza. Io a volte lascio anche che giochi l'emozione, la lascio trasparire volentieri. Sarebbe maggiormente seccante se la Fiorentina fosse tra le prime 3 forze del campionato, allora dovrei sempre distinguere i due ruoli, però così com è la situazione della Fiorentina oggi non corro questo rischio (sorride, ndr). Un maestro come Gianni Brera fingeva di essere tifoso del Genoa per crearsi un proprio cantuccio riservato dove non poteva essere raggiunto dall'agonismo del campionato, il mio amore per la Fiorentina è invece qualcosa di naturale».

Che campionato stiamo vedendo e vedremo?

«E' un campionato leggero, povero. Però queste discriminanti produrranno un campionato equilibrato, complessivamente divertente. Sarà certamente meno competitivo, però ce ne faremo una ragione».

La serie A quest'anno ha perso tanti nomi, penso a Eto'o, Sanchez, Pastore...Resta però l'impressione che il livello medio del nostro torneo produca sempre un certo equilibrio, al contrario di quanto avviene in Spagna e Inghilterra. Resta perciò la serie A il campionato più bello del mondo?
« E' difficile dirlo, un giudizio del genere può suonare come uno slogan. La bellezza del calcio, come nell'arte, è negli occhi di chi la guarda. . Se parliamo di movimenti calcistici più che di singoli campionati, credo che l'Italia sia al terzo o quarto posto, come certificano i posti Uefa persi non tanto per "colpa" delle grandi squadre, che quando vogliono possono comunque spendere, quanto per le medio-piccole, che vanno in Europa e puntualmente perdono, il che determina la nostra perdita di posti a livello Uefa. In Italia si gioca sicuramente un calcio più divertente ed equilibrato che in Spagna o Inghilterra. Ad esempio in Spagna tra il Valencia terzo e il Barcellona primo ci sono stati 25 punti di differenza nella scorsa stagione, ma la Spagna è diventata campione del mondo; anche la Germania è stata protagonista come Nazionale, credo che l'Italia sia ormai al livello della Francia».

Che idea si è fatto della protesta dei calciatori di serie A che ha impedito lo svolgimento della prima giornata?
«Credo che sia stato un tentativo di forza fatto dalle società per riprendere potere nei confronti di una categoria come quella dei calciatori, che da anni, ormai 15 direi, ha veramente fatto quello che voleva. Non è stato uno sciopero dei calciatori, è stata più che altro una serrata dei presidenti».

Un pronostico secco: chi vince il campionato di serie A 2011/2012?
«La squadra più forte resta sempre il Milan, se però i rossoneri tardano un po' a carburare possono trovare avversari importanti come il Napoli, la Juventus e anche la stessa Roma».

Ci saluta con un auspicio per lo sport italiano?
«L'augurio è che il futuro del nostro sport sia sempre perlomeno all'altezza del proprio passato...».

Un augurio sincero, proveniente dalla voce di chi il nostro sport lo conosce da oltre 40 anni...