Natale in tavola, quali sono le usanze a Barletta?
Il brodo di Santo Stefano: l’illusione dei barlettani golosi
martedì 24 dicembre 2013
"Mamma dove andiamo a Natale quest'anno? Hai già chiamato Zia Lina? Vanno bene le linguine con le cicale alla vigilia? Fai venire i tuoi amici a giocare a carte! Maltagliati o tortellini in brodo?". Queste sono solo alcune delle tormentate domande della tiritera natalizia barlettana, una tiritera sempre entusiasmante, calda, affollata, frenetica, appagante. Noi siamo così, fissati per la tradizione e amanti della compagnia; stressati per l'eccedenza e armonici nel caos.
A Barletta, il cenone della vigilia può dirsi un'ombra atavica della tradizione natalizia: non è poi così atteso, anche se lo spaghettino prima di scartare i regali ci sta sempre. La pasta più semplice e più difficile del mondo, con aglio olio e peperoncino, si sposa bene con gli animi serali che si addentrano nel pieno dei festeggiamenti. Il 24 dicembre però, è anche il giorno del calzone con sponze, olive nere, capperi e acciughe, delle frittelle (vuote o ripiene) e del primo panettone. Alla mezzanotte arriva l'ora di Gesù Bambino: che si assista alla sua nascita in Chiesa o davanti al proprio presepe, è lui il vero protagonista della Vigilia di Natale. Terminate le stecche con "Tu scendi dalle stelle", si passa a un picozzo veloce e poi tutti a nanna, la sveglia suonerà tra 6 ore e 48 minuti e la preparazione del "pranzone" richiede tempo.
Suona il campanello, arriva la prima zia, poi la nonna e la cucina presto diventerà un crogiolo di scarti, di bontà e di cose da lavare. Gli antipasti non bastano mai: cruditè di mare, tartine, gamberi in salsa cocktail (la globalizzazione fa certi danni), salmone affumicato, polpo alla luciana, olive nere dolci saltate in padella, mozzarelline, ricottine, prosciutti in quantità. Quale sia il primo piatto (anche se in realtà è il decimo) rimane un mistero per ogni famiglia: le più tradizionali si attengono al ragù, altre azzardano la lasagna o il timballo di zucchine, altre ancora optano per le trofiette ai frutti di mare o per la calamarata. La seconda portata è a discrezione personale: brasciole, scampi alla brace o costatine con patate sono tutte insieme sullo stesso ring, per poi lasciare il posto a pinzimonio, frutta secca, dolci fatti in casa e bollicine. E per digerire, le donne al detersivo, gli uomini al diversivo. Mediatore, ciuccio, picozzo, sette e mezzo e mercante in fiera gli intrattenimenti fino a notte fonda.
E adesso Santo Stefano, che porta con sé la grande illusione del brodo. Appesantiti per il giorno prima, si è tutti concordi per "sciacquare lo stomaco". Rimane però il dilemma: brodo di carne, ciambotto o brodo vegetale? Tortellini al prosciutto, con carne o i maltagliati? Questi ultimi sembrano essere i più rispettabili da chi è buon osservante della tradizione. I maltagliati in brodo, a Barletta, vengono chiamati i "malbend", i tagliati male appunto, e deriverebbero dagli avanzi di pasta fresca fatta il giorno prima. Tuttavia, il ciambotto rimane la specialità barlettana per eccellenza: soffritto di aglio, prezzemolo, peperoncino e pomodori, una cascata di pesce fresco (rana pescatrice, piccola razza cicale e anguille) o paranza e tanta acqua. A stomaco sciacquato, si può procedere con il rituale iperglicemico di frutta secca, cartellate, mostaccioli, calzoncelli, amaretti e panettoni portati dagli invitati.
Certo, se siete ospiti o clienti di un più raffinato ristorante, la fase preparatoria non vi tange, né tanto meno la morte a picozzo dopo tre vite. Insomma, 24, 25 e 26 dicembre a Barletta sono giorni di gran cibo e di gran calore familiare. Cotechini, zamponi e capponi sono scongiurati, i loro rivali meridionali sono molto più quotati . E non importa se sotto l'albero c'è troppo vuoto, l'essenziale è che ci sia il pieno sulle tavole e che nessuna sedia rimanga libera.
A Barletta, il cenone della vigilia può dirsi un'ombra atavica della tradizione natalizia: non è poi così atteso, anche se lo spaghettino prima di scartare i regali ci sta sempre. La pasta più semplice e più difficile del mondo, con aglio olio e peperoncino, si sposa bene con gli animi serali che si addentrano nel pieno dei festeggiamenti. Il 24 dicembre però, è anche il giorno del calzone con sponze, olive nere, capperi e acciughe, delle frittelle (vuote o ripiene) e del primo panettone. Alla mezzanotte arriva l'ora di Gesù Bambino: che si assista alla sua nascita in Chiesa o davanti al proprio presepe, è lui il vero protagonista della Vigilia di Natale. Terminate le stecche con "Tu scendi dalle stelle", si passa a un picozzo veloce e poi tutti a nanna, la sveglia suonerà tra 6 ore e 48 minuti e la preparazione del "pranzone" richiede tempo.
Suona il campanello, arriva la prima zia, poi la nonna e la cucina presto diventerà un crogiolo di scarti, di bontà e di cose da lavare. Gli antipasti non bastano mai: cruditè di mare, tartine, gamberi in salsa cocktail (la globalizzazione fa certi danni), salmone affumicato, polpo alla luciana, olive nere dolci saltate in padella, mozzarelline, ricottine, prosciutti in quantità. Quale sia il primo piatto (anche se in realtà è il decimo) rimane un mistero per ogni famiglia: le più tradizionali si attengono al ragù, altre azzardano la lasagna o il timballo di zucchine, altre ancora optano per le trofiette ai frutti di mare o per la calamarata. La seconda portata è a discrezione personale: brasciole, scampi alla brace o costatine con patate sono tutte insieme sullo stesso ring, per poi lasciare il posto a pinzimonio, frutta secca, dolci fatti in casa e bollicine. E per digerire, le donne al detersivo, gli uomini al diversivo. Mediatore, ciuccio, picozzo, sette e mezzo e mercante in fiera gli intrattenimenti fino a notte fonda.
E adesso Santo Stefano, che porta con sé la grande illusione del brodo. Appesantiti per il giorno prima, si è tutti concordi per "sciacquare lo stomaco". Rimane però il dilemma: brodo di carne, ciambotto o brodo vegetale? Tortellini al prosciutto, con carne o i maltagliati? Questi ultimi sembrano essere i più rispettabili da chi è buon osservante della tradizione. I maltagliati in brodo, a Barletta, vengono chiamati i "malbend", i tagliati male appunto, e deriverebbero dagli avanzi di pasta fresca fatta il giorno prima. Tuttavia, il ciambotto rimane la specialità barlettana per eccellenza: soffritto di aglio, prezzemolo, peperoncino e pomodori, una cascata di pesce fresco (rana pescatrice, piccola razza cicale e anguille) o paranza e tanta acqua. A stomaco sciacquato, si può procedere con il rituale iperglicemico di frutta secca, cartellate, mostaccioli, calzoncelli, amaretti e panettoni portati dagli invitati.
Certo, se siete ospiti o clienti di un più raffinato ristorante, la fase preparatoria non vi tange, né tanto meno la morte a picozzo dopo tre vite. Insomma, 24, 25 e 26 dicembre a Barletta sono giorni di gran cibo e di gran calore familiare. Cotechini, zamponi e capponi sono scongiurati, i loro rivali meridionali sono molto più quotati . E non importa se sotto l'albero c'è troppo vuoto, l'essenziale è che ci sia il pieno sulle tavole e che nessuna sedia rimanga libera.