«Mi avrebbe fatto piacere essere al Quirinale, se me l’avessero chiesto..»

Parla il figlio del vigile Falconetti, unico sopravvissuto all’eccidio del 1943

giovedì 31 ottobre 2013
A cura di Edoardo Centonze
Torniamo a parlare dell'eccidio del 12 settembre 1943, tragedia emblematica del periodo della Resistenza a Barletta. Abbiamo intervistato Angelo Raffaele Falconetti, figlio dell'unico sopravvissuto, cioè il vigile Francesco Paolo Falconetti. Il signor Falconetti era intervenuto il mese scorso, come commentatore sulle nostre pagine, per esprimere il suo rammarico, per non essere stato contattato, come sostiene, per partecipare alla visita dal Presidente della Repubblica, avvenuta il 10 settembre scorso. Falconetti, che non vive a Barletta ormai da quando aveva 18 anni (è ispettore capo di Polizia Ferroviaria in pensione, è stato a Bolzano, Bologna, Ancora, e dal 1977 vive a Montesilvano, provincia di Pescara, in Abruzzo), è stato alcuni giorni fa nella nostra città. Abbiamo avuto l'occasione di incontrarlo per raccogliere la sua testimonianza.

Signor Falconetti, qual è il ricordo di suo padre?
«I racconti sono quelli di mia madre, del fratello di mio padre, dei libri che ho letto, come quello di Mons. Damato. Ho conosciuto Addolorata Sardella (la donna che ha soccorso il vigile Falconetti, assieme a Lucia Corposanto ndr). Mio padre è nato nel 1915, in uno dei vicoli del quartiere di Santa Maria. Prima di fare il vigile, ha lavorato al panificio dei familiari dell'ex sindaco Salerno. Nel 1943, aveva 28 anni. Si è sposato nel 1950 (nel 1943 era quindi ancora scapolo), e ha avuto 3 figli. Quando è morto, nel 1959, mio fratello aveva 9 anni, io 4 anni, e l'altro mio fratello 2 anni».

Qual è il suo rammarico?
«Prima - le istituzioni - portavano un fiore sulla sua tomba, o trovavi il nastro tricolore, si ricordavano di lui. Quando ho visto poi quell'articolo.. i politici sono sempre i primi. Dove stanno tutti i parenti delle vittime? Se loro vogliono, li riescono a trovare. Basta andare all'ufficio Anagrafe, e vedere lo stato di famiglia storico, per vedere se i parenti sono vivi, morti, o emigrati. Vuol dire che non lo si è voluto fare. Mi avrebbe fatto piacere essere interpellato per chiedermi se volevo partecipare. Avrei trovato il modo di venire».

Cosa è stato per lei questo anniversario?
«Certamente, rimane il fatto che non ho conosciuto un padre, non ho avuto la felicità come tanti di crescere con un padre. Ma, mi fa piacere che questo fatto venga ricordato. Infatti, i figli miei sono orgogliosi di avere un nonno che viene ricordato per questo. Quando ho detto loro dell'evento, mi hanno risposto: "A noi non ha chiamato nessuno". Se non avessi potuto andare, ci sarebbe potuto andare uno di loro».

Se si potesse rimediare in qualche modo?
«Se mi volesse conoscere il Sindaco? Non avrei nessun problema».
Intervista a Falconetti © Tommaso Francavilla
Intervista a Falconetti © Tommaso Francavilla
Intervista a Falconetti © Tommaso Francavilla
Nell'articolo del 10 settembre, aveva così commentato:

"Il tempo dimentica, chi scrive è l'ultimo erede vivente del vigile urbano Falconetti Francesco Paolo, anch'esso facente parte di quei 13 martiri trucidati dai nazisti quel 12 settembre del 1943. Vivo da oltre 35 anni felicemente a Montesilvano (PE). Nel leggere quest'articolo mi chiedo con quale criterio sono stati rintracciati i familiari delle vittime, forse mio padre non faceva parte di quella triste storia barlettana, che tutta la popolazione ricorda tristemente. Ne sarei stato felice essere rintracciato. Tristemente devo constatare che le istituzioni dimenticano facilmente. La testimonianza arriva dal fatto che negli anni addietro, nella ricorrenza dell'evento, sulla tomba di mio padre l'Amministrazione Comunale di Barletta depositava sempre un fiore e i miei figli erano orgogliosi del nonno. Ora non più, purtroppo in Italia si fa presto a dimenticare. Altresì vorrei ricordare che molti anni fa, il Presidente Napolitano allora Ministro dell'Interno, intervenuto in analoga cerimonia a Barletta premiò mia madre con pergamena e tanto di medaglia. Ne sono stato orgoglioso, visto che il Presidente Napolitano all'epoca era il mio Capo, perché sono stato un dipendente del Ministero Dell'Interno, e con questo triste commento porgo cordali saluti".

E poi commentando sempre lo stesso articolo, il 13 settembre, aveva aggiunto:

"Vorrei l'elenco dei familiari delle vittime invitate e presenti a Roma e scommetto che ne erano pochi ma naturalmente tanti politici"