Mennea: «La possibilità per Barletta di ottenere un parlamentare era molto bassa»

Parla il consigliere dopo l'autosospensione dal gruppo consiliare Pd. «Quando avremo risposta, decideremo se andare oltre o tornare indietro»

mercoledì 2 gennaio 2013
A cura di Edoardo Centonze
Il day after delle "parlamentarie" di Pd e Sel è stato certamente il giorno dei commenti sui risultati, di quelli che potranno essere i prossimi parlamentari pugliesi del centrosinistra. Ma questo non ha attutito le polemiche dei giorni scorsi sulle regole delle primarie, ed ha anzi incrementato quelle sulle possibilità perse di avere parlamentari del territorio. Il riferimento è ovviamente è a Barletta. Abbiamo intervistato Ruggero Mennea, autosospesosi dal gruppo consiliare del Pd, in polemica con le decisioni del partito sui candidati alle "parlamentarie", a cui è stata respinta la richiesta di deroga (in quanto consigliere regionale) per partecipare alla competizione, e che sostiene di non aver ricevuto alcuna comunicazione delle motivazioni a riguardo.

Consigliere Mennea, facciamo innanzitutto un po' di chiarezza. Con le decisioni dei giorni scorsi, lei è attualmente consigliere del gruppo misto?
«No. Noi abbiamo soltanto dichiarato l'autosospensione dalla partecipazione ai lavori del gruppo del Pd. Non abbiamo costituito un nuovo gruppo, né aderiamo al gruppo misto, pur potendo costituire un nuovo gruppo: bastano infatti 3 consiglieri regionali, secondo lo statuto, per creare un nuovo gruppo consiliare, con dipendenti, uffici. Non l'abbiamo fatto perché non è questo lo scopo, di renderci autonomi o di appesantire il bilancio del consiglio regionale. Il nostro è un gruppo onlus, politicamente onlus, cioè non costa niente, ed è un modo per prendere le distanze dalle decisioni del partito nazionale e regionale, rispetto alle deroghe e alle primarie, così come sono state concepite».

Come si regge in piedi dal punto di vista giuridico una sospensione dal gruppo consiliare del Pd, ma non dal Pd?
«Si regge in questo modo: noi abbiamo inviato una lettera a Bersani, nella quale chiediamo spiegazioni dei criteri adottati per la decisione legata alle deroghe per i consiglieri regionali per partecipare alle primarie. Fino a quel momento, abbiamo sospeso la nostra attività di consiglieri regionali, che è la cosa di cui disponiamo, rispetto al gruppo di appartenenza. Quindi, giuridicamente è sostenibile. Quando avremo la risposta decideremo se andare avanti, andare oltre, oppure tornare indietro».

Il cittadino comune direbbe: Mennea lascerà il Pd, per andare dove?
«No. Questa, difatti, è un'interpretazione, alquanto azzardata, che è stata data anche dalla vostra testata, perché non abbiamo, né io né gli altri due colleghi, fatto intendere questo, né è la nostra volontà. Quindi lo posso dire in maniera autentica: noi rimaniamo nel Pd, vogliamo continuare a fare questa battaglia nel Pd, e magari far emergere le contraddizioni e i trucchi, trucchetti che sono stati utilizzati in queste primarie per favorire determinati candidati e penalizzarne altri. Tra l'altro, la nostra idea di partenza era quella di far partecipare a queste primarie gli atleti più in forma, uso la metafora sportiva, quelli che hanno ottenuto un consenso e si sono radicati sul territorio regionale. Tant'è vero che, Pelillo è stato derogato, Decaro, Gentile, Capone, sono arrivati tra i primi nei rispettivi collegi, perché sono consiglieri regionali e assessori in carica, che hanno un radicamento sul territorio forte. Noi chiedevamo di partecipare a queste primarie per aiutare il partito, per ottenere un risultato sicuramente superiore, rispetto a quello che invece possono ottenere candidati, anche illustri, che non hanno superato neppure il primo turno delle primarie».

Lei ha indicato come candidati alle primarie nella Bat, Andriano e Superbo, che a Barletta hanno preso rispettivamente 55 e 49 voti (nella Bat 962 e 691 voti). Che fine ha fatto il suo consenso, lei che è stato il più suffragato alle ultime regionali?
«Questo era un consenso controllato, non era un consenso aperto. Noi avevamo chiesto le primarie allargate, non riferite soltanto ad una platea manipolabile, come quella degli iscritti o dei partecipanti alle primarie del 25 novembre e del 2 dicembre. Non è su questo che il consenso si misura. Se fossero state primarie aperte, i risultati sarebbero stati altri. Su Barletta è successo qualcosa di diverso, perché evidentemente i candidati locali, da un lato hanno catalizzato consenso, rispetto a quelli indicati da noi che non erano barlettani, e dall'altro si è verificata una sorta di catalizzazione sui parlamentari uscenti. Quindi era più facile per un elettore che ha partecipato alle primarie affidare il proprio consenso ad un parlamentare uscente che non ad una new entry che ha avuto a disposizione solo 72 ore per farsi conoscere e per comunicare la propria candidatura. Questo elemento, secondo me, non ha fatto catalizzare i voti in maniera militarizzata».

Ancora una volta, il cittadino comune direbbe: era una mossa per sostenere gli uscenti Boccia e Mastromauro?
«L'abbiamo detto noi nella conferenza stampa. Queste primarie sono state costruite ad arte per favorire gli uscenti e per favorire quelli che dovevano essere candidati e che appartenevano a determinate aree. Se fate un monitoraggio, quasi tutti gli uscenti sono stati riconfermati, e le new entry appartengono tutte alla stessa area, cioè l'area bersaniana-dalemiana. L'unico superstite nostro è stato Gero Grassi, che per il rotto della cuffia è arrivato quarto in provincia di Bari, tra i quattro posti prestabiliti».

Ma con le vostre scelte, non avete anche voi sostenuto gli uscenti?
«Ma no, noi abbiamo fatto una battaglia. Per esempio, la candidata Maria Andriano è a poche decine di voti da Assuntela Messina, che veniva sostenuta a Barletta dai socialisti, da La Buona politica, dai sostenitori di Tabacci, da una parte del Pd, dalla Lista Emiliano, e da tutta la rete di Emiliano sul territorio. Aver fatto una battaglia politica con una nostra piccola rete provinciale, su quella platea ristretta, e raggiungere quasi mille voti con Andriano, è un risultato importante».

L'unico risultato di queste primarie è stato quello di aver perso, ancora una volta, la possibilità di avere un rappresentante barlettano al prossimo Parlamento. Lei si sente responsabile, si o no?
«Assolutamente no, perché chi conosce bene le cose, chi conosceva bene i presupposti delle candidature di queste primarie, sapeva che in questo territorio la possibilità di ottenere il secondo parlamentare era molto bassa, soprattutto se si fosse trattato di una new entry, e non di un uscente. Anche Margherita Mastromauro avrà difficoltà ad entrare in lista in una posizione sicura. Anzi, credo che quella che gli spetterà sarà una posizione borderline. Se ci fosse stata una new entry probabilmente questa posizione sarebbe scalata ancora più in giù, proprio perché queste primarie sono state fatte per tutelare gli uscenti e gli amici di chi dirige il partito regionale e nazionale».

La sua carriera finisce qui?
«No, perché? Anzi. Io sono appena sette anni che faccio politica elettiva, di rappresentanza. Rispetto a me, ci sono, nella mia città e nelle altre città, colleghi che hanno ruoli elettivi da venti, trent'anni. Io mi sento abbastanza giovane per proseguire il mio impegno politico, che è un impegno civile soprattutto, non è un impegno politico professionale, come può accadere per altri. Io continuerò ad impegnarmi in politica e lo farò ripartendo dal ruolo che ho e occupandomi in particolare delle problematiche del territorio e della mia città, che è stata sfregiata recentemente, proprio da chi professa un tipo di impegno politico che è completamente opposto rispetto a quello che viene invece praticato».

E la carriera di Caracciolo?
«Questo lo saprà Caracciolo. Non mi occupo delle carriere degli altri».