Memorie dell’eccidio dei vigili urbani del ‘43
Il ricordo di Giuseppe Doronzo nel 70° anniversario. «Furono giorni di grande paura e di fame»
mercoledì 11 settembre 2013
11.35
L'8 settembre 1943 venne resa nota la firma dell'Armistizio tra gli italiani e gli Alleati anglo-americani (la firma avvenne segretamente il 3 settembre a Cassibile, in Sicilia), e la parvenza che quel rovinoso conflitto, intrapreso dal regime di Mussolini al fianco della Germania nazista, volgesse al termine fu presto smentita dalle terribili efferatezze che i tedeschi causarono durante la loro occupazione.
Barletta è stata insignita della Medaglia d'oro al merito civile, proprio per gli atti di cui ne diamo una ricostruzione, tra memoria storica e ricordi personali, di Giuseppe Doronzo, esperto di storia locale, che ha anche raccolto nel libro, rimasto inedito, "IL CORPO DELLA POLIZIA MUNICIPALE DI BARLETTA - origine, evoluzione, uniformi, encomi e ricompense", egli ha raccontato ai nostri microfoni gli episodi dell'eccidio degli 11 vigili urbani, solo uno il superstite, e 2 netturbini, per mano dei nazisti il 12 settembre 1943. Quest'anno viene celebrato a Barletta e a Roma il 70° anniversario. Giuseppe, già ventenne all'epoca è anche figlio del vigile Domenico Doronzo, che per fortuna riuscì a sfuggire a quello che è ricordato come il primo atto di rappresaglia dei nazisti, in termini cronologici, sul territorio italiano, ma non certo l'ultimo.
È necessario, tuttavia, raccontare brevemente l'antefatto: ormai gli anglo-americani avevano liberato la Sicilia e iniziavano ad invadere da Sud la Penisola. I tedeschi dunque si spostavano gradualmente per formare la linea Gustav. Così l'11 settembre giungevano a Barletta, entrando da due direzioni: quelli che arrivavano dall'Ofanto, e dalla strada di Andria. Proprio qui già dal giorno precedente si erano verificati degli scontri con la Resistenza italiana, organizzatasi anche in città. Verso le 13.00 una motocarrozzetta tedesca con a bordo quattro soldati, si dirige per la strada vecchia del cimitero cittadino, dopo aver eluso un blocco vicino l'Ofanto, e qui s'imbatte in un'ulteriore sparatoria. Un soldato tedesco resta ucciso, un altro ferito. Giungendo in piazza Roma, oggi piazza A. Moro, vengono allo scontro con un ufficiale che era in un'autoambulanza, uno di loro viene freddato, una fatto prigioniero e uno, rifugiatosi in una macelleria in piazza viene sparato con un fucile da un civile. «Al triste episodio di sangue assistono, fortemente impressionati ed impotenti» tre vigili, in servizio nell'Ufficio annonario, vicino alla macelleria.
Per questo e per un altro episodio di Resistenza avvenuto in via Andria, la mattina del 12 l'invasione tedesca si fece ancora più cruenta. «Si sparava indiscriminatamente su militari e civili inermi, cannoneggiano monumenti, l'ospedale», alle 8,30 circa viene sparato un colpo di carro armato da via Roma al palazzo di piazza Roma, sede del suddetto ufficio dei vigili. Così il maresciallo dei vigili urbani, Francesco Capuano, ordina ai vigili presenti, tra cui Doronzo, di chiudere l'ufficio e rifugiarsi in un magazzino di frutta lì vicino. I tedeschi avanzano con l'obiettivo di occupare le varie caserme militari. Così irrompono al comando dei vigili che si trovava al palazzo Picardi (in via G. De Nittis, angolo attuale via R. Coletta) dove trovano dodici vigili disarmati, perchè avevano avuto l'ordine di abbandonare le armi, e due netturbini. A Capuano, poiché conosceva il francese - lingua parlata da un ufficiale tedesco -, viene intimato di fare da guida verso altre caserme della città. Gli altri con le mani alzate vennero condotti fuori, vicino al muro del lato meridionale dell'edificio postale di piazza Caduti e lì barbaramente trucidati. In tre cercano di fuggire un istante prima ma furono raggiunti e uccisi al lato del palazzo. Solo Falconetti Francesco Paolo si salvò, ferito e coperto dagli altri corpi, salvato dopo ore da Addolorata Sardella. Antonio Falconetti, Pasquale Del Re, Luigi Iurilli, Michele Spera, Gioacchino Torre, Nicola Cassatella, Luigi Gallo, Pasquale Guaglione, Vincenzo Paolillo, Francesco Gazia, Savino Monteverde, Michele Forte persero la vita.
«Ricordo che poco dopo l'eccidio, preoccupatissimo, venne a casa zio Canonico, mons. Salvatore Santeramo, potendo lui prete circolare, saputo come tutti dell'accaduto, a sincerarsi che il nipote non fosse stato coinvolto». Giuseppe Doronzo ricorda come, appena fu possibile, si recò con suo padre al comando di piazza Caduti per nascondere gli elenchi degli altri vigili, per timore di altre rappresaglie.
«I prigionieri che i tedeschi fecero furono tanti, soprattutto militari. L'occupazione nazista a Barletta durò fino al 24 dello stesso mese, cui seguì la liberazione degli Alleati. Furono giorni terribili, di grande paura. Era vietato anche camminare con più di una persona per strada, perché erano vietati gli assembramenti. I soldati armati li trovavi ogni 30 metri. La fame era tanta e le vittime dei tedeschi furono tante in quei giorni».
Tutto ora è affidato alla memoria, che dobbiamo sempre tener viva, perché perdendo questa perderemmo l'onore che dobbiamo ai nostri caduti.
Barletta è stata insignita della Medaglia d'oro al merito civile, proprio per gli atti di cui ne diamo una ricostruzione, tra memoria storica e ricordi personali, di Giuseppe Doronzo, esperto di storia locale, che ha anche raccolto nel libro, rimasto inedito, "IL CORPO DELLA POLIZIA MUNICIPALE DI BARLETTA - origine, evoluzione, uniformi, encomi e ricompense", egli ha raccontato ai nostri microfoni gli episodi dell'eccidio degli 11 vigili urbani, solo uno il superstite, e 2 netturbini, per mano dei nazisti il 12 settembre 1943. Quest'anno viene celebrato a Barletta e a Roma il 70° anniversario. Giuseppe, già ventenne all'epoca è anche figlio del vigile Domenico Doronzo, che per fortuna riuscì a sfuggire a quello che è ricordato come il primo atto di rappresaglia dei nazisti, in termini cronologici, sul territorio italiano, ma non certo l'ultimo.
È necessario, tuttavia, raccontare brevemente l'antefatto: ormai gli anglo-americani avevano liberato la Sicilia e iniziavano ad invadere da Sud la Penisola. I tedeschi dunque si spostavano gradualmente per formare la linea Gustav. Così l'11 settembre giungevano a Barletta, entrando da due direzioni: quelli che arrivavano dall'Ofanto, e dalla strada di Andria. Proprio qui già dal giorno precedente si erano verificati degli scontri con la Resistenza italiana, organizzatasi anche in città. Verso le 13.00 una motocarrozzetta tedesca con a bordo quattro soldati, si dirige per la strada vecchia del cimitero cittadino, dopo aver eluso un blocco vicino l'Ofanto, e qui s'imbatte in un'ulteriore sparatoria. Un soldato tedesco resta ucciso, un altro ferito. Giungendo in piazza Roma, oggi piazza A. Moro, vengono allo scontro con un ufficiale che era in un'autoambulanza, uno di loro viene freddato, una fatto prigioniero e uno, rifugiatosi in una macelleria in piazza viene sparato con un fucile da un civile. «Al triste episodio di sangue assistono, fortemente impressionati ed impotenti» tre vigili, in servizio nell'Ufficio annonario, vicino alla macelleria.
Per questo e per un altro episodio di Resistenza avvenuto in via Andria, la mattina del 12 l'invasione tedesca si fece ancora più cruenta. «Si sparava indiscriminatamente su militari e civili inermi, cannoneggiano monumenti, l'ospedale», alle 8,30 circa viene sparato un colpo di carro armato da via Roma al palazzo di piazza Roma, sede del suddetto ufficio dei vigili. Così il maresciallo dei vigili urbani, Francesco Capuano, ordina ai vigili presenti, tra cui Doronzo, di chiudere l'ufficio e rifugiarsi in un magazzino di frutta lì vicino. I tedeschi avanzano con l'obiettivo di occupare le varie caserme militari. Così irrompono al comando dei vigili che si trovava al palazzo Picardi (in via G. De Nittis, angolo attuale via R. Coletta) dove trovano dodici vigili disarmati, perchè avevano avuto l'ordine di abbandonare le armi, e due netturbini. A Capuano, poiché conosceva il francese - lingua parlata da un ufficiale tedesco -, viene intimato di fare da guida verso altre caserme della città. Gli altri con le mani alzate vennero condotti fuori, vicino al muro del lato meridionale dell'edificio postale di piazza Caduti e lì barbaramente trucidati. In tre cercano di fuggire un istante prima ma furono raggiunti e uccisi al lato del palazzo. Solo Falconetti Francesco Paolo si salvò, ferito e coperto dagli altri corpi, salvato dopo ore da Addolorata Sardella. Antonio Falconetti, Pasquale Del Re, Luigi Iurilli, Michele Spera, Gioacchino Torre, Nicola Cassatella, Luigi Gallo, Pasquale Guaglione, Vincenzo Paolillo, Francesco Gazia, Savino Monteverde, Michele Forte persero la vita.
«Ricordo che poco dopo l'eccidio, preoccupatissimo, venne a casa zio Canonico, mons. Salvatore Santeramo, potendo lui prete circolare, saputo come tutti dell'accaduto, a sincerarsi che il nipote non fosse stato coinvolto». Giuseppe Doronzo ricorda come, appena fu possibile, si recò con suo padre al comando di piazza Caduti per nascondere gli elenchi degli altri vigili, per timore di altre rappresaglie.
«I prigionieri che i tedeschi fecero furono tanti, soprattutto militari. L'occupazione nazista a Barletta durò fino al 24 dello stesso mese, cui seguì la liberazione degli Alleati. Furono giorni terribili, di grande paura. Era vietato anche camminare con più di una persona per strada, perché erano vietati gli assembramenti. I soldati armati li trovavi ogni 30 metri. La fame era tanta e le vittime dei tedeschi furono tante in quei giorni».
Tutto ora è affidato alla memoria, che dobbiamo sempre tener viva, perché perdendo questa perderemmo l'onore che dobbiamo ai nostri caduti.