Matteo Renzi parte da Bari
Il resoconto «molto personale» di Bruno Lattanzio
lunedì 14 ottobre 2013
11.19
Ore 12: con un paio di amici ci mettiamo in macchina alla volta della Fiera del Levante, pronti per una delle nostre tante trasferte politiche. Ma stavolta c'è qualcosa di diverso: era da tempo che non andavo ad un incontro politico con tanta voglia, con tanta attesa, con tante aspettative. L'ultima credo sia stata anni fa (e so che molti storceranno il naso perché l'associazione è ardita) per uno dei comizi di Vendola, durante quella bellissima stagione politica della cosiddetta "Primavera Pugliese", quando il Governatore della Regione Puglia arringava le folle e trascinava, col suo eloquio poetico e sognante, quelli che credevano in un vento nuovo, in un riscatto della politica di sinistra.
Ore 15: dopo un pranzo veloce, andiamo subito a prender posto perché tra televisioni, giornalisti e primi arrivati, fuori dal padiglione c'è già una piccola ressa. Riusciamo ad accaparrarci dei posti in seconda fila. Siamo stati previdenti perché, poco a poco, la sala si riempie e cominciano ad intravedersi anche i primi esponenti politici locali: dirigenti di partito, sindaci, consiglieri ed assessori regionali. Alcuni aspettati, altri meno. Ma tutti lì.
Ore 16.45: poco dopo la canonica mezz'ora di ritardo, prende il via l'incontro. La voce fuori campo di un sindaco, Michele Emiliano, dà il benvenuto ed introduce un altro sindaco, quello di Firenze. Matteo Renzi sale sul palco, saluta ed entra subito nel vivo del discorso, senza giri di parole, senza preamboli troppo lunghi e pesanti: si parte da Bari per riparlare dei problemi dell'Italia e non di lui, delle lotte interne al partito o di ciò di cui si è parlato negli ultimi 20 anni, ossia Berlusconi. Come tutti i discorsi iniziali, è abbastanza generalista e spazia su svariati argomenti, tenendo così viva l'attenzione della platea e fornendo continui spunti di riflessione sia sul recente passato che sull'attualità che sul futuro, a breve e lungo termine. Avrà due mesi, lunghi ed intensi, per spiegare meglio e nei dettagli tutto il suo programma. Intanto, questi alcuni dei temi che hanno maggiormente attratto la mia attenzione.
Europa: Renzi chiede e spera che all'Italia in Europa torni ad essere assegnato un ruolo da protagonista, come la Germania per intenderci. Un'Italia che non sia solo uno scolaro che fa bene i compiti a casa, ma che sia anche un po' maestra e possa dettare la linea su alcuni argomenti cardine. Come l'immigrazione. E spera in un'Europa che non sia solo un Ente – magari prettamente o quasi esclusivamente economico – pronto a giudicare il nostro operato, lasciandoci poi soli nelle situazioni estreme e complesse, ma allo stesso tempo pratiche e concrete, come quelle di Lampedusa.
Insegnamento: agli insegnanti affidiamo i beni di maggior valore, i nostri figli. Ma, allo stesso tempo, al rimo di una riforma ogni Ministro dell'Istruzione, li mettiamo nelle peggiori condizioni possibili per "creare" gli italiani (e quindi l'Italia) di domani: esasperata ed esasperante precarietà, mancanza di mezzi, mancanza di fondi, nessun coinvolgimento del corpo docente per la strutturazione dei programmi… Insomma, ci sarebbe bisogno di ritornare a dare agli insegnanti l'importanza di quel ruolo sociale che gli è proprio e predisporre delle misure per permettergli di svolgere al meglio il loro compito.
Bipolarismo: qui Renzi tocca un tasto che suscita la mia curiosità. Il rifarsi alle grandi democrazie come Stati Uniti e Gran Bretagna per la definizione dello scenario politico italiano futuro. Nell'ottica di una legge elettorale da cambiare – tanto annunciata e sbandierata, ma mai neanche lontanamente messa in cantiere – l'auspicio è che se ne definisca una che chiarisca definitivamente, alla fine della tornata elettorale, chi sono i "vincitori" e chi i "vinti", senza proclami di vittorie azzoppate, sconfitte a metà e larghe intese finali.
Ore 18: il discorso dura più o meno un'ora, e alla fine Renzi va via accerchiato da una calca di fotografi e giornalisti.
Facevo riferimento a Vendola, prima. Ecco, Matteo Renzi è, per certi versi, altrettanto attrattivo ma, per molti altri, diverso dal Governatore. Renzi probabilmente ha studiato e sta ancora studiando da leader, ma certi suoi discorsi, certi suoi modi di fare lo avvicinano alla gente,danno nuovamente al centro-sinistra l'idea di aver trovato un trascinatore. Molto del suo fare – dal palco rotondo alla presentazione fuori campo, dalla gestualità al dialogo informale che a tratti ha con i presenti – riduce le distanze tra "la casta" e cittadini, fenomeno che tanto ha nuociuto all'idea generale della politica degli ultimi anni.
Certo a qualcuno non piaceranno i suoi metodi e concetti un po' anticonvenzionali, lontani dalla politica troppo seria, a volte seriosa e grigia a cui siamo abituati, ma è il gioco delle parti, perché a chi sostiene Renzi potranno non piacere gli altri o, magari, ritrovarsi un po' di più nelle idee e nei modi di fare di Civati (vista anche la loro collaborazione passata) piuttosto che in quelli di Cuperlo o Pittella e viceversa. Fuori dalla Fiera, a margine dell'incontro, una giornalista di Rai 2 mi chiede chi penso che possa essere il migliore tra i quattro. Dirò a voi quello che ho risposto a lei: per come la vedo io, restano tutti esponenti di un Partito che spero il prima possibile possa tornare a dare una guida stabile e duratura al Paese. E così come in passato chi ha perso le primarie si è messo a disposizione del candidato Premier, così sarà fatto senza dubbio al prossimo appuntamento elettorale nazionale, perché l'Italia è troppo importante per perdersi in diatribe meramente personali o per essere lasciata in mano a chi l'ha portata allo stato attuale.
Adesso aspettiamo l'evolversi e i responsi dei vari scenari locali e nazionali, poi potremo tirare le somme e capire se Renzi avrà l'opportunità di sottoporre le sue idee a tutta l'Italia e non solo al famigerato "Popolo delle primarie".
Appuntamento a dicembre.
[Bruno Lattanzio]
Ore 15: dopo un pranzo veloce, andiamo subito a prender posto perché tra televisioni, giornalisti e primi arrivati, fuori dal padiglione c'è già una piccola ressa. Riusciamo ad accaparrarci dei posti in seconda fila. Siamo stati previdenti perché, poco a poco, la sala si riempie e cominciano ad intravedersi anche i primi esponenti politici locali: dirigenti di partito, sindaci, consiglieri ed assessori regionali. Alcuni aspettati, altri meno. Ma tutti lì.
Ore 16.45: poco dopo la canonica mezz'ora di ritardo, prende il via l'incontro. La voce fuori campo di un sindaco, Michele Emiliano, dà il benvenuto ed introduce un altro sindaco, quello di Firenze. Matteo Renzi sale sul palco, saluta ed entra subito nel vivo del discorso, senza giri di parole, senza preamboli troppo lunghi e pesanti: si parte da Bari per riparlare dei problemi dell'Italia e non di lui, delle lotte interne al partito o di ciò di cui si è parlato negli ultimi 20 anni, ossia Berlusconi. Come tutti i discorsi iniziali, è abbastanza generalista e spazia su svariati argomenti, tenendo così viva l'attenzione della platea e fornendo continui spunti di riflessione sia sul recente passato che sull'attualità che sul futuro, a breve e lungo termine. Avrà due mesi, lunghi ed intensi, per spiegare meglio e nei dettagli tutto il suo programma. Intanto, questi alcuni dei temi che hanno maggiormente attratto la mia attenzione.
Europa: Renzi chiede e spera che all'Italia in Europa torni ad essere assegnato un ruolo da protagonista, come la Germania per intenderci. Un'Italia che non sia solo uno scolaro che fa bene i compiti a casa, ma che sia anche un po' maestra e possa dettare la linea su alcuni argomenti cardine. Come l'immigrazione. E spera in un'Europa che non sia solo un Ente – magari prettamente o quasi esclusivamente economico – pronto a giudicare il nostro operato, lasciandoci poi soli nelle situazioni estreme e complesse, ma allo stesso tempo pratiche e concrete, come quelle di Lampedusa.
Insegnamento: agli insegnanti affidiamo i beni di maggior valore, i nostri figli. Ma, allo stesso tempo, al rimo di una riforma ogni Ministro dell'Istruzione, li mettiamo nelle peggiori condizioni possibili per "creare" gli italiani (e quindi l'Italia) di domani: esasperata ed esasperante precarietà, mancanza di mezzi, mancanza di fondi, nessun coinvolgimento del corpo docente per la strutturazione dei programmi… Insomma, ci sarebbe bisogno di ritornare a dare agli insegnanti l'importanza di quel ruolo sociale che gli è proprio e predisporre delle misure per permettergli di svolgere al meglio il loro compito.
Bipolarismo: qui Renzi tocca un tasto che suscita la mia curiosità. Il rifarsi alle grandi democrazie come Stati Uniti e Gran Bretagna per la definizione dello scenario politico italiano futuro. Nell'ottica di una legge elettorale da cambiare – tanto annunciata e sbandierata, ma mai neanche lontanamente messa in cantiere – l'auspicio è che se ne definisca una che chiarisca definitivamente, alla fine della tornata elettorale, chi sono i "vincitori" e chi i "vinti", senza proclami di vittorie azzoppate, sconfitte a metà e larghe intese finali.
Ore 18: il discorso dura più o meno un'ora, e alla fine Renzi va via accerchiato da una calca di fotografi e giornalisti.
Facevo riferimento a Vendola, prima. Ecco, Matteo Renzi è, per certi versi, altrettanto attrattivo ma, per molti altri, diverso dal Governatore. Renzi probabilmente ha studiato e sta ancora studiando da leader, ma certi suoi discorsi, certi suoi modi di fare lo avvicinano alla gente,danno nuovamente al centro-sinistra l'idea di aver trovato un trascinatore. Molto del suo fare – dal palco rotondo alla presentazione fuori campo, dalla gestualità al dialogo informale che a tratti ha con i presenti – riduce le distanze tra "la casta" e cittadini, fenomeno che tanto ha nuociuto all'idea generale della politica degli ultimi anni.
Certo a qualcuno non piaceranno i suoi metodi e concetti un po' anticonvenzionali, lontani dalla politica troppo seria, a volte seriosa e grigia a cui siamo abituati, ma è il gioco delle parti, perché a chi sostiene Renzi potranno non piacere gli altri o, magari, ritrovarsi un po' di più nelle idee e nei modi di fare di Civati (vista anche la loro collaborazione passata) piuttosto che in quelli di Cuperlo o Pittella e viceversa. Fuori dalla Fiera, a margine dell'incontro, una giornalista di Rai 2 mi chiede chi penso che possa essere il migliore tra i quattro. Dirò a voi quello che ho risposto a lei: per come la vedo io, restano tutti esponenti di un Partito che spero il prima possibile possa tornare a dare una guida stabile e duratura al Paese. E così come in passato chi ha perso le primarie si è messo a disposizione del candidato Premier, così sarà fatto senza dubbio al prossimo appuntamento elettorale nazionale, perché l'Italia è troppo importante per perdersi in diatribe meramente personali o per essere lasciata in mano a chi l'ha portata allo stato attuale.
Adesso aspettiamo l'evolversi e i responsi dei vari scenari locali e nazionali, poi potremo tirare le somme e capire se Renzi avrà l'opportunità di sottoporre le sue idee a tutta l'Italia e non solo al famigerato "Popolo delle primarie".
Appuntamento a dicembre.
[Bruno Lattanzio]