Luci all’orizzonte sulla scomparsa di Sabino D’Ambra

La mano della malavita dietro la scomparsa del giovane canosino. Il caso fu riaperto da due avvocati barlettani

sabato 12 febbraio 2011
A cura di Nicola Ricchitelli
Sembra volgere verso la conclusione – a distanza di circa un anno – il mistero della scomparsa del giovane canosino Sabino D'Ambra.

Ci sarebbe la mano della malavita organizzata dietro la sparizione del trentaquattrenne sparito misteriosamente il 14 gennaio del 2010. Risposte circa i molti interrogativi che ruotano attorno alla scomparsa del giovane canosino arriverebbero da un bigliettino fatto recapitare alla sorella Rosa D'Ambra e da una lettera fatta recapitare ad un ispettore di polizia.

Circa la veridicità delle due fonti stanno tuttora indagando gli stessi uomini del commissariato di Canosa ai comandi del vice questore aggiunto Fulvio Schinzari e coordinati dal sostituto procuratore Antonio Savasta del Tribunale di Trani. Secondo indiscrezioni, pare che in entrambi l'ignoto mittente indicherebbe i nomi del presunto killer del Sabino D'Ambra – nomi tra l'altro già noti alle forze dell'ordine nonché coinvolti nell'operazione "Bellavista" portata a termine lo scorso Dicembre – reo di aver contribuito all'arresto di un componente di una banda criminale. Il bigliettino fu rinvenuto dalla sorella Rosa in una fessura della persiana della sua abitazione – scritto con un pennarello su un foglio assorbente – diversamente dalla lettera fatta rinvenire il 20 Novembre ad un poliziotto in servizio presso il commissariato di Canosa.

L'oggetto della lettera pare essere sostanzialmente lo stesso del bigliettino fatto recapitare a Rosa D'Ambra con l'aggiunta però di altri scabrosi particolari, infatti nella lettera il misterioso mittente oltre a sottolineare nome e cognome dei presunti killer responsabili dell'omicidio del D'Ambra aggiunge che gli stessi killer sarebbero protagonisti dell'uccisione di altri due giovani Alessandro Sorrenti e Sabino Sasso scomparsi sempre in circostanze analoghe nel lontano 2003.

Queste le parole della sorella Rosa in merito alla scomparsa del fratello: «Qualcuno sa e non vuole parlare. Mio fratello non può essere svanito nel nulla. Ho l'impressione che chi sa qualcosa abbia paura di parlare. Probabilmente a qualcuno fa comodo che di mio fratello non si parli più e che la sua scomparsa sia archiviata».

Il caso che fu riaperto lo scorso aprile grazie al contributo decisivo del presidente Francesco Filograsso e il suo vice Luigi Peschechera dell'associazione barlettana «Nessuno dimentichi Abele» sembra essere l'ennesimo caso di lupara bianca.