Le lobbies dei rifiuti: a Barletta un meeting internazionale

Le minacce alla salute dalla Buzzi Unicem agli USA

domenica 9 novembre 2014 11.20
A cura di Floriana Doronzo
RifiutiZero non dev'essere né uno slogan, né un'ideologia, né una strategia, perché diminuire lo scarto è un dovere civico, una missione che ingaggia il singolo in un'esigenza mondiale. E quale città più idonea di Barletta per ospitare un incontro internazionale, nella sua sala consiliare, su questa chiamata d'emergenza che ci fa il pianeta? Barletta sta vivendo in questi mesi il grande paradosso ambientale: lo sforzo collettivo della raccolta porta a porta e l'attività del cementificio Buzzi Unicem, che dal 2012 (decreto Clini) ha ottenuto l'autorizzazione a bruciare rifiuti (CSS). «L'associazione barlettana "Beni Comuni"- afferma la presidente Sabrina Salerno- è stata l'unica a costituirsi in regione per impedire la combustione dei rifiuti; a questo è seguito un ricorso al Tar (respinto) da parte dell'impianto, il quale richiedeva un ricalcolo dei limiti d'emissione in quanto, rimanendo chiuso due mesi per manutenzione, c'era da ripartire la soglia massima di combustione per i giorni di attività e non lungo i 365 canonici. In quel tempo, si rilevò lo scarso interesse dell'amministrazione per una questione che tocca l'ambito sanitario, ambientale e politico; così come oggi Regione e Provincia, nelle fattezze dei loro rappresentanti, risultano le grandi assenti al dibattito».

Ma a dare i numeri sui danni effettivi che impianti come la Buzzi Unicem di Barletta producono sull'intero pianeta c'è Agostino di Ciaula, referente regionale ISDE per la Puglia, esperto noto come supporto tecnico alla politica barlettana: «L'Italia è al terzo posto per la presenza di inceneritori (60) nel mondo e, se a questi sommiamo i cementifici, la capacità di combustione dei rifiuti raggiunge un primato mondiale. La Buzzi Unicem, con 65mila tonnellate di rifiuti ogni anno, non solo ha costi inferiore e una produzione maggiore, ma contribuisce a un tasso di particolato sulla città di Barletta più alto di quello di Taranto». L'impatto che questi dati hanno sulla sensibilità dei barlettani viene incrementato quando Di Ciaula affronta il tema della salute e delle sostante microinquinanti: «Il danno è riscontrabile giorno dopo giorno perché, nei giorni in cui le emissioni superano i limiti legali, vengono registrati più ricoveri (specie nei reparti pediatrici) per insufficienze respiratorie. I microinquinanti sono persistenti (una volta nell'aria vi rimangono), trasmissibili (nelle catene alimentari) e cumulabili (si aggregano alle sostanze tossiche) e la Buzzi Unicem di Barletta ne produce 545mila metri cubi all'ora. E' stato inoltre riscontrato che l'esposizione a queste sostanze è doppia per un adulto di 70 Kg, ma 28 volte maggiore per un bambino di 5 Kg. Ancor più pericolosa è la presenza, già appurata, nei corpi dei residenti vicini a questi impianti, di idrocarburi policlinici aromatici; anche se l'evidenza sanitaria più preoccupante è quella dei metalli pesanti. Uno studio del maggio 2014 ha affermato che nel 2009 sono stati registrati 115 kg di rame e altrettanti di nichel dalle emissioni di Buzzi Unicem Barletta».

Rifiuti Zero, se ne parla in Sala Consiliare © Luca Guerra
Rifiuti Zero, se ne parla in Sala Consiliare © Luca Guerra
Torna al Decreto Clini anche Di Ciaula, dichiarando che quello che si vuole far passare come un'iniziativa ecologica contro l'abusivismo delle discariche è in realtà un incentivo ai cementifici di produrre a costi più bassi. Per ogni tonnellata di cemento prodotto, infatti, vengono liberati nell'aria 86,5 mg di mercurio, che significano 95,2 Kg all'anno. Di questa quantità, una metà si diffonde tramite emissione, l'altra metà va a finire nelle ceneri. Questo vuol dire che non solo buona parte del mercurio liberato si può trovare nelle nostre abitazioni, ma soprattutto che il metallo pesante nell'aria lede le capacità cognitive dei bambini, con un impatto sui costi socio-sanitari non da poco. A corroborare la preziosa esposizione di Di Ciaula, interviene Paul Connet, PhD, executive director AEHSP, il quale insiste sulle polveri sottili e i danni causati alla nostra salute: «A ogni quattro tonnellate di spazzatura bruciata corrisponde una tonnellata di polveri sottili che si reinseriscono nel circolo della combustione per la produzione di cemento, mentre le parti volatili si depositano nei pascoli, nei campi, nel corpo degli esseri umani e non c'è più modo di smaltirli. Pensate che in un giorno, una mucca-cibandosi-può introdurre una quantità di diossina pari a quella respirata dall'uomo in 14 anni di vita; e noi quel latte e quei lattici li consumiamo! La diossina affetta sei sistemi fisiologici del corpo umano, con gravi danni alla tiroide e a un eventuale feto in grembo. In America, per esempio, è stato raccomandato alle giovani donne incinte di evitare il consumo di carne animale. In Germania e in Belgio il controllo dei filtri di combustione è continuo e dovrebbe esserlo per per qualsiasi inceneritore perché un controllo mancato fa perdere dati importanti».

E continuano ancora numerosi gli interventi nostrani sulla maledetta burocrazia, che brucia le buone pratiche e favorisce l'industria: l'inceneritore, non autorizzato, tra Cerignola e Manfredonia, il sogno infranto di una Margherita di Savoia (unica città Bat ad aderire a RifiutiZero), la conca eugubina di Gubbio, i falsi miti esposti dalla delegazione spagnola e le battaglie nel leccese, specie a Galatina. La discussione prosegue anche stamattina, fino alle 13, ma il punto d'intersezione rimane lo stesso: quello tra la lobby del cemento e quella dei rifiuti, che incontrano il CSS (combustibile solido secondario) senza intercettare gli interessi comunitari e della comunità. A un basso costo industriale si rileva un alto costo umano, ma la somma di piccole pratiche personali possono sopperire al colosso suicida delle grandi imprese, come suggerisce Rossano Ercolini: «il locale deve agganciarsi al globale, noi non abbiamo i soldi che hanno loro, ma abbiamo la capacità di aggregazione che può essere molto più forte. C'è un problema di empowering e noi non possiamo boicottare i poteri forti, ma possiamo sottrarci al loro esercizio» e basta solo volerlo. Basta non acquistare grandi imballaggi, fare attenzione alla riciclabilità delle confezioni acquistate, prediligere l'acqua delle fontane pubbliche a quella nelle bottiglie di plastica, fare compostaggio, una buona selezione domestica dei rifiuti e il loro giusto conferimento. Basta poco per fare tanto, per dire basta alla pochezza di senso di responsabilità generazionale e ambientale. Non bruciamo adesso per non bruciarci il futuro. Il problema va affrontato a monte e non a valle, partiamo da noi.