La storia di Sterpeta, una mamma barlettana pronta a ripartire per i figli
«Voglio che tornino a Barletta, nella tranquillità della loro casa e della loro scuola»
mercoledì 17 settembre 2014
10.30
Ci sono quelle storie, anche nel 2014, che lasciano con il fiato sospeso, storie di decisioni e tribunali, in cui è sempre il cervello a prevalere sul cuore. È il caso di Sterpeta, una mamma barlettana di 37 anni, che da alcuni mesi è stata letteralmente trapiantata in una casa famiglia di Bitonto in seguito ad una notifica del Comune di Barletta. La situazione familiare di Sterpeta non è semplice, visto che il coniuge sta scontando una pena in carcere: questa donna ha sempre voluto bene ai propri figli nonostante qualche problema con l'alcol, ha fatto di tutto per migliorare la vita di Francesco e Letizia. Due bambini dal sorriso solare, vivaci al punto giusto e teneri. In questi mesi, Francesco e Letizia hanno perso i loro amici, hanno perso la tranquillità di una casa – che tra tanti sforzi i genitori avevano rimesso a nuovo proprio per evitare l'opzione della Casa famiglia -, hanno perso la possibilità di crescere negli ambienti che sin da piccoli li avevano accuditi. Francesco ha undici anni, frequenta la prima media e negli anni, nonostante la dislessia, ha ottenuto a Barletta ottimi risultati; Letizia, invece, ha nove anni, quest'anno frequenterà la quarta elementare e farà la prima comunione. Possono uscire dalla casa famiglia di Bitonto, dove alloggiano attualmente, solo per andare a scuola. Hanno solo una cosiddetta "ora d'aria", non possono tornare a Barletta, quasi come se avessero loro colpe e responsabilità di una situazione delicata. Francesco e Letizia hanno perso l'appetito, fanno fatica ad integrarsi a scuola, hanno perso l'entusiasmo e non riescono neppure a dormire bene.
L'appello e il grido d'aiuto arriva direttamente da Sterpeta, che ai microfoni di Barlettaviva ci racconta la sua triste storia: «All'improvviso, due mesi fa mi arriva una carta dal Comune di Barletta in cui c'è scritto che devo andare in casa famiglia. Se non ero disposta ad andare con i miei figli – continua la mamma barlettana -, si portavano solo i bambini. Poiché non c'erano posti disponibili a Barletta, ci hanno trasferiti a Bitonto. Io ho accettato, perché ci tengo ai miei bambini. Andando in casa famiglia, mi hanno distaccato i bambini dalle maestre, che ci tengono a seguirli come hanno fatto già dall'inizio e grazie alle quali abbiamo ottenuto buoni voti e risultati migliori. Mi piacerebbe che i bambini tornassero qui a Barletta, sia per poter tornare dalle proprie maestre, sia per allontanarsi dalla struttura dove siamo attualmente, a Bitonto. Questa casa famiglia non è pulita, ti danno pochi prodotti per pulire, ci sono vermi, millepiedi, topi, c'è un po' di tutto. Non ci danno le posate per mangiare, per non parlare dell'umidità e delle condizioni quasi da "carcerati" dei bambini, costretti a salire in camera già alle otto di sera».
Le conseguenze, per i bambini, si sono fatte subito sentire. Letizia non riesce ad integrarsi con i nuovi compagni di classe, Francesco non riesce ad ottenere gli stessi risultati di Barletta: «I bambini – incalza Sterpeta - l'hanno presa male, non vogliono andare a scuola, ognuno richiede le sue maestre. Anche in parrocchia erano seguiti da vicino, e Letizia vuole tornare in parrocchia al Cuore Immacolato, altrimenti mi ha già detto che non vuole fare la prima comunione. Le autorità ci dicono che bisogna stare poco in casa famiglia, che dovremmo adattarci e "ubbidire" a questo termine del 30 ottobre, ma io non ci sto, voglio che i bambini tornino qui a Barletta. Siamo anche disposti a trasferirci in Casa famiglia a Barletta, in un posto che sia pulito e idoneo per i bambini, purché Francesco e Letizia possano andare a scuola dalle proprie maestre. Gli assistenti sociali hanno seguito a modo loro la nostra vicenda, quasi fino al punto di distaccare i bambini da me. Non ci sono riusciti, siamo rimasti insieme, però hanno distaccato i bambini dalla scuola».
Sterpeta è disposta ha cambiare, e non si fermerà qui, nella sua battaglia per tornare con i propri figli. Il suo appello è disperato, è il grido d'aiuto di una mamma che farebbe di tutto per la felicità dei propri bambini: «Voglio che i miei figli tornino a Barletta, nella tranquillità della propria casa, della propria scuola, della propria città. Lì i bambini non riescono ad integrarsi». Quello che chiede Sterpeta non è l'indulgenza, non è una revisione di quanto prescrive la legge, ma è la possibilità di usare, almeno per una volta, il cuore invece che il cervello. Troppo spesso è facile scrivere, impugnare una penna e firmare quando ci sono in ballo le vite di piccoli innocenti. Francesco e Letizia non sono colpevoli, e avrebbero il diritto di tornare alla normalità, di tornare in parrocchia e a scuola, dove sono cresciuti, dove sono migliorati, dove hanno capito che, nonostante le difficoltà, chi rema dalla parte giusta può tagliare il traguardo.
L'appello e il grido d'aiuto arriva direttamente da Sterpeta, che ai microfoni di Barlettaviva ci racconta la sua triste storia: «All'improvviso, due mesi fa mi arriva una carta dal Comune di Barletta in cui c'è scritto che devo andare in casa famiglia. Se non ero disposta ad andare con i miei figli – continua la mamma barlettana -, si portavano solo i bambini. Poiché non c'erano posti disponibili a Barletta, ci hanno trasferiti a Bitonto. Io ho accettato, perché ci tengo ai miei bambini. Andando in casa famiglia, mi hanno distaccato i bambini dalle maestre, che ci tengono a seguirli come hanno fatto già dall'inizio e grazie alle quali abbiamo ottenuto buoni voti e risultati migliori. Mi piacerebbe che i bambini tornassero qui a Barletta, sia per poter tornare dalle proprie maestre, sia per allontanarsi dalla struttura dove siamo attualmente, a Bitonto. Questa casa famiglia non è pulita, ti danno pochi prodotti per pulire, ci sono vermi, millepiedi, topi, c'è un po' di tutto. Non ci danno le posate per mangiare, per non parlare dell'umidità e delle condizioni quasi da "carcerati" dei bambini, costretti a salire in camera già alle otto di sera».
Le conseguenze, per i bambini, si sono fatte subito sentire. Letizia non riesce ad integrarsi con i nuovi compagni di classe, Francesco non riesce ad ottenere gli stessi risultati di Barletta: «I bambini – incalza Sterpeta - l'hanno presa male, non vogliono andare a scuola, ognuno richiede le sue maestre. Anche in parrocchia erano seguiti da vicino, e Letizia vuole tornare in parrocchia al Cuore Immacolato, altrimenti mi ha già detto che non vuole fare la prima comunione. Le autorità ci dicono che bisogna stare poco in casa famiglia, che dovremmo adattarci e "ubbidire" a questo termine del 30 ottobre, ma io non ci sto, voglio che i bambini tornino qui a Barletta. Siamo anche disposti a trasferirci in Casa famiglia a Barletta, in un posto che sia pulito e idoneo per i bambini, purché Francesco e Letizia possano andare a scuola dalle proprie maestre. Gli assistenti sociali hanno seguito a modo loro la nostra vicenda, quasi fino al punto di distaccare i bambini da me. Non ci sono riusciti, siamo rimasti insieme, però hanno distaccato i bambini dalla scuola».
Sterpeta è disposta ha cambiare, e non si fermerà qui, nella sua battaglia per tornare con i propri figli. Il suo appello è disperato, è il grido d'aiuto di una mamma che farebbe di tutto per la felicità dei propri bambini: «Voglio che i miei figli tornino a Barletta, nella tranquillità della propria casa, della propria scuola, della propria città. Lì i bambini non riescono ad integrarsi». Quello che chiede Sterpeta non è l'indulgenza, non è una revisione di quanto prescrive la legge, ma è la possibilità di usare, almeno per una volta, il cuore invece che il cervello. Troppo spesso è facile scrivere, impugnare una penna e firmare quando ci sono in ballo le vite di piccoli innocenti. Francesco e Letizia non sono colpevoli, e avrebbero il diritto di tornare alla normalità, di tornare in parrocchia e a scuola, dove sono cresciuti, dove sono migliorati, dove hanno capito che, nonostante le difficoltà, chi rema dalla parte giusta può tagliare il traguardo.