La provincia Bat ha forse dimenticato le donne?
O forse abbiamo poca voglia di indignarci. Cosa rimarrà della “palpata” e di una provincia troppo assonnata
domenica 28 agosto 2011
17.04
L'avevamo chiamata invisibile quella "palpata" che ora, assordante, irrompe nella cronaca ricordandoci che ci fu davvero un colpevole, e ci fu davvero una vittima. L'avevamo chiamata invisibile forse per persuaderci che una tentata violenza sessuale sul luogo di lavoro fosse accaduta proprio nel giorno dedicato alle donne, quell'8 marzo che invece, in altri palazzi non troppo distanti, si festeggiava a suon di applausi e ipocrisia. L'avevamo chiamata invisibile perché della "palpata" in provincia nessuno ne parlava se non i più caparbi, come se dovesse essere dimenticata prima ancor che accadesse.
Eppure, in quanto accaduto c'è davvero poco di invisibile. Gli arresti domiciliari per il dirigente della provincia di Barletta-Andria-Trani parlano di un presunto colpevole, e di una vicenda che sta finalmente uscendo dalle porte del Palazzo. Fin'ora la "palpata" era rimasta occultata crisalide di silenzi, voci soffuse, reticenze e incertezze: ora "inconfutabili elementi di colpevolezza" gettano una nuova luce sull'increscioso accaduto, offrendone forse una conclusione che sappia vagamente di giustizia.
Sicuramente oggi non conosceremmo il nome del presunto colpevole se non grazie alle indagini e alla risolutezza delle Forze dell'Ordine, che nel dignitoso silenzio del loro mestiere hanno continuato ad approfondire il caso, sventrando il pur robusto muro di silenzi che lo circondava. Un muro fatto di docilità maschili e anche femminili, che forse hanno dimenticato di indignarsi a tale scandalo. O quantomeno di sollevare un altrettanto rigido muro di solidarietà, che a quanto pare è mancato alla dipendente tranese vittima delle molestie.
Nelle profondità di un caso di cronaca come questo, dietro freddi comunicati e dovute prese di posizione, si nasconde la fragilità di una donna che nessuno di noi ha potuto conoscere, ma nei confronti della quale è mancato quel minimo di umana comprensione, come donna, come dipendente pubblico, come emblema di una femminilità sempre più calpestata nei luoghi di lavoro. E allora, nelle dichiarazioni del presidente Ventola che hanno immediatamente seguito la notizia dell'arresto per il dirigente, perché non leggiamo di solidarietà per la vittima, o per lo meno condanna per il vigente maschilismo? Perché le donne che abitano i palazzi della politica nostrana, le "assessore", le tanti dirigenti non hanno alzato la voce, non hanno fatto gruppo compatto e bipartisan per un valore che oggi spesso ci sfugge, quale il rispetto del corpo femminile? Perchè nessuno più si scandalizza? C'é davvero bisogno, per sdegnarci ed insegnare valori migliori, che casi come questo diventino di dominio pubblico? C'é davvero bisogno, per prender coscienza di chi siamo, di indire un 8 marzo permanente?
Forse che la Barletta-Andria-Trani sia una provincia di "belli addormentati"? Di sonnolenze morali per le quali sono in pochi ad ascoltare la sveglia? A quei pochi insonni che leggono, speriamo che questo sdegno possa essere condiviso, così come la ricerca di una morale un tantino più umana. Morale, dopotutto, è femmina.
Eppure, in quanto accaduto c'è davvero poco di invisibile. Gli arresti domiciliari per il dirigente della provincia di Barletta-Andria-Trani parlano di un presunto colpevole, e di una vicenda che sta finalmente uscendo dalle porte del Palazzo. Fin'ora la "palpata" era rimasta occultata crisalide di silenzi, voci soffuse, reticenze e incertezze: ora "inconfutabili elementi di colpevolezza" gettano una nuova luce sull'increscioso accaduto, offrendone forse una conclusione che sappia vagamente di giustizia.
Sicuramente oggi non conosceremmo il nome del presunto colpevole se non grazie alle indagini e alla risolutezza delle Forze dell'Ordine, che nel dignitoso silenzio del loro mestiere hanno continuato ad approfondire il caso, sventrando il pur robusto muro di silenzi che lo circondava. Un muro fatto di docilità maschili e anche femminili, che forse hanno dimenticato di indignarsi a tale scandalo. O quantomeno di sollevare un altrettanto rigido muro di solidarietà, che a quanto pare è mancato alla dipendente tranese vittima delle molestie.
Nelle profondità di un caso di cronaca come questo, dietro freddi comunicati e dovute prese di posizione, si nasconde la fragilità di una donna che nessuno di noi ha potuto conoscere, ma nei confronti della quale è mancato quel minimo di umana comprensione, come donna, come dipendente pubblico, come emblema di una femminilità sempre più calpestata nei luoghi di lavoro. E allora, nelle dichiarazioni del presidente Ventola che hanno immediatamente seguito la notizia dell'arresto per il dirigente, perché non leggiamo di solidarietà per la vittima, o per lo meno condanna per il vigente maschilismo? Perché le donne che abitano i palazzi della politica nostrana, le "assessore", le tanti dirigenti non hanno alzato la voce, non hanno fatto gruppo compatto e bipartisan per un valore che oggi spesso ci sfugge, quale il rispetto del corpo femminile? Perchè nessuno più si scandalizza? C'é davvero bisogno, per sdegnarci ed insegnare valori migliori, che casi come questo diventino di dominio pubblico? C'é davvero bisogno, per prender coscienza di chi siamo, di indire un 8 marzo permanente?
Forse che la Barletta-Andria-Trani sia una provincia di "belli addormentati"? Di sonnolenze morali per le quali sono in pochi ad ascoltare la sveglia? A quei pochi insonni che leggono, speriamo che questo sdegno possa essere condiviso, così come la ricerca di una morale un tantino più umana. Morale, dopotutto, è femmina.