La città dei monumenti (di)sfigati
Segnalare al FAI potrebbe rendere giustizia ai luoghi del nostro cuore. L’incuranza storica sterilizza il “qui” e “ora”
domenica 18 novembre 2012
Sarebbe interessante farci questa domanda: se proponessimo in una qualsiasi scuola di Barletta la classica consegna da tema d'italiano "parla dei monumenti della tua città", cosa risponderebbero i ragazzi della nostra città? Scriverebbero qualcosa di sentimentale, parlerebbero dell'estetica, della storia, oppure resterebbero lì, senza parole, davanti al foglio bianco, incapace di esprimere un pensiero su quelle pietre che magari – la sera precedente – hanno imbrattato con scarabocchi offensivi? Purtroppo ciò che agli occhi del ragazzino più incosciente sembra un assemblaggio di pietre senza vita, in realtà conserva in sé una storia vitale e ricca da scoprire, da adulare, e che invece - il più delle volte - viene trascurato, maltrattato e dimenticato.
Prendiamo in considerazione la nostra città, Barletta: invidiata da molti per la sua storia, sempre visitata dai turisti, affollata per la sua movida, ma cosa viene immortalato nelle foto dei nostri visitatori? Attorno a quali strutture si sviluppa il movimento giovanile? Si bivacca godendo di un panorama ormai standardizzato e sudicio, si sosta sotto statue mute, si passeggia lungo monumenti che non destano la minima curiosità e ci si da appuntamento in piazze troppo trafficate. Un rimedio per modernizzare la storia negletta? Ci pensano quei famigerati ragazzini con le loro dediche romantiche, i writers improvvisati, i ruminanti umani con i loro rifiuti organici, i posatori da cocktail e (ultimi ma non meno dannosi) i dilettanti ladri che privano lo sterile presente del valoroso passato.
Nella città delle cento chiese 50 sono sconsacrate; nella città del colosso i vandali lasciano il segno sbeffeggiando la sua imponente immobilità. Nella città della Resistenza Piazza Caduti è solo il crocevia tra fashion victims e i tanti affetti da shopping compulsivo. Nella città posseduta dagli aragonesi il Paraticchio è conosciuto meglio dai giostrai e dai venditori ambulanti immigrati. Nella città della Disfida si vendono souvenirs in cantina, viene rubato il crocifisso nella piazzetta, qualsiasi bar è un punto di riferimento più efficace della statua di Fieramosca, il certame è troppo dispendioso e classicheggiante per la nostra frenetica modernità.
Ad inseminare le giovani menti di un minimo di cultura territoriale ci prova ormai da anni il FAI (Fondo Ambiente Italiano) che invita la popolazione a segnalare virtualmente i luoghi del cuore, quelle strutture abbandonate, quei reperti declassati o – peggio - ignorati nella loro ragione d'esistenza e che meriterebbero una migliore valorizzazione. L'opera di sensibilizzazione (ben accolta dai giudiziosi utenti), prima di rivolgersi alle istituzioni, mira ai cuori di chi quei luoghi li ha visti deperire e si prefigura lo scopo di ridare loro dignità, una dignità sociale e di visibilità ancor prima che istituzionale ed economica. Per veder restaurata la propria città è necessario segnalare, ma per segnalare bisogna conoscere e per conoscere bisogna amare il proprio territorio al fine di farlo rispettare e garantirgli la bellezza che merita.
Prendiamo in considerazione la nostra città, Barletta: invidiata da molti per la sua storia, sempre visitata dai turisti, affollata per la sua movida, ma cosa viene immortalato nelle foto dei nostri visitatori? Attorno a quali strutture si sviluppa il movimento giovanile? Si bivacca godendo di un panorama ormai standardizzato e sudicio, si sosta sotto statue mute, si passeggia lungo monumenti che non destano la minima curiosità e ci si da appuntamento in piazze troppo trafficate. Un rimedio per modernizzare la storia negletta? Ci pensano quei famigerati ragazzini con le loro dediche romantiche, i writers improvvisati, i ruminanti umani con i loro rifiuti organici, i posatori da cocktail e (ultimi ma non meno dannosi) i dilettanti ladri che privano lo sterile presente del valoroso passato.
Nella città delle cento chiese 50 sono sconsacrate; nella città del colosso i vandali lasciano il segno sbeffeggiando la sua imponente immobilità. Nella città della Resistenza Piazza Caduti è solo il crocevia tra fashion victims e i tanti affetti da shopping compulsivo. Nella città posseduta dagli aragonesi il Paraticchio è conosciuto meglio dai giostrai e dai venditori ambulanti immigrati. Nella città della Disfida si vendono souvenirs in cantina, viene rubato il crocifisso nella piazzetta, qualsiasi bar è un punto di riferimento più efficace della statua di Fieramosca, il certame è troppo dispendioso e classicheggiante per la nostra frenetica modernità.
Ad inseminare le giovani menti di un minimo di cultura territoriale ci prova ormai da anni il FAI (Fondo Ambiente Italiano) che invita la popolazione a segnalare virtualmente i luoghi del cuore, quelle strutture abbandonate, quei reperti declassati o – peggio - ignorati nella loro ragione d'esistenza e che meriterebbero una migliore valorizzazione. L'opera di sensibilizzazione (ben accolta dai giudiziosi utenti), prima di rivolgersi alle istituzioni, mira ai cuori di chi quei luoghi li ha visti deperire e si prefigura lo scopo di ridare loro dignità, una dignità sociale e di visibilità ancor prima che istituzionale ed economica. Per veder restaurata la propria città è necessario segnalare, ma per segnalare bisogna conoscere e per conoscere bisogna amare il proprio territorio al fine di farlo rispettare e garantirgli la bellezza che merita.