L'otto marzo con una donna della Polizia di Stato
Intervista a tutto campo con il vice dirigente Santa Mennea. «Dopo 20 anni, ritrovo ogni giorno l'entusiasmo per questo lavoro»
giovedì 8 marzo 2012
17.23
In occasione della festa della donna, Barlettalife intende omaggiare la professionalità e la grazia delle donne barlettane cercando fra esse una personalità simbolo che potesse incarnare queste qualità. Senza ulteriori ripensamenti ci siamo rivolti alla vice dirigente del Commissariato di Barletta Santa Mennea, chiacchierando con lei sulla sua esperienza personale entrando nelle pieghe del mestiere in polizia.
Dott.ssa Mennea, Le dirò che mancava al mio anziano curriculum l'intervista ad un poliziotto-donna e di grado superiore che Lei ricopre al commissariato di Barletta. In più occasioni ho avuto modo di osservata nelle sue funzioni, ricordo i sommovimenti degli agricoltori che lei ha seguito per svariati giorni ad esempio. Apparentemente non autoritaria ma incisiva, mai il megafono ma solo la sua voce persuasiva, nessuna platealità da "poliziotta-Rambo". Gestualità compassata, e sempre il suo sguardo, quello si, autoritario. Si riconosce in questa chiosa giornalistica?
«Certo che mi riconosco, la funzione che io rivesto e nella quale mi riconosco è stata questa fin nel momento in cui ho scelto di essere un funzionario di polizia ovvero colui che effettua un lavoro improntato ai principi di giustizia, solidarietà e lealtà. E' una peculiarità femminile questa. Credo che un funzionario di polizia donna abbia carte in più da giocare nell'ambito della propria attività perché oltre ai requisiti quali equilibrio, riflessioni e stima da conquistare, la femminilità gioca un ruolo importante. Non è necessario essere un "rambo" bensì anche una donna può svolgere al meglio queste funzioni».
Perché ha scelto il corpo di Polizia e quando?
«Mi sono laureata in giurisprudenza e ho sempre pensato di svolgere l'attività di cui ho sempre creduto. Scelta ad hoc per me. E' un lavoro che ho scelto partecipando al concorso da commissario. Eravamo partiti in 10 mila e siamo arrivati in 110. Ho superato poi il concorso e ho fatto in Sardegna l'addestramento professionale. Ho cominciato la mia attività lavorativa a Palermo, ambiente completamente diverso da altre città, poi sono stata a Catania, fino a giungere in Puglia a Bari e infine a Barletta dove sono vice dirigente del commissariato. Insomma ben 20 anni di attività».
Donna poliziotta e anche attraente. Problemi a correlarsi con colleghi uomini e con la malavita? Insomma, se avesse avuto una espressività più arcigna, sarebbe più facile il suo lavoro?
[Mentre ci risponde, sorride in modo simpatico e fragoroso, ndr] «Non credo sarebbe stato più facile il mio lavoro se fossi stata diversa apparentemente. Il rapporto che si instaura con gli arrestati ad esempio implica a svolgere al meglio proprie mansioni».
Non avrebbe voluto che lo dicessi ma trasgredisco. Lei fuori campo mi ha detto che ama questa professione, anzi ha specificato che la ama ogni mattino. Addirittura ha esagerato raccontandomi che, per iperbole, la farebbe anche senza essere retribuita. Rispondermi non sarà facile, ci prova o vuole che cancelli questa domanda intima?
«Rispondo con piacere alla domanda. Vent'anni fa quando sono entrata in polizia ho conosciuto il mio primo dirigente il quale mi ha detto "questo sorriso sulle tue la labbra fra un mese terminerà". Dopo 20 anni quell'entusiasmo lo ritrovo ogni giorno. Dopo aver superato ogni difficoltà sono sempre pronta a ricominciare. Credo che chiunque ami il proprio lavoro, può svolgerlo al meglio».
Commissariato ma anche famiglia. A chi dedica più tempo e se è orgoglio la divisa per il suo figlio quattordicenne.
«E' un orgoglio per tutta la mia famiglia sapere che svolgo questo tipo di lavoro, loro cercano di collaborare e di aiutarmi. È molto importante essere presenti totalmente. Quando arrivo in ufficio devo concentrarmi su tutta l'attività, cosi come quando vado a casa mi concentro solo sulla mia famiglia».
Donne allora. Sappiamo di situazioni familiari drammatiche di violenza familiare. Da donna-poliziotto Le è più congeniale interpretare drammi a volte insuperabili?
«Si, credo di avere una marcia in più come donna nel trattare questo genere di argomenti, noto che le donne preferiscono fare riferimento ad altre donne quando hanno bisogno di denunziare. Sono sempre più frequenti le denunce di stalking nell'ultimo periodo. Noi interveniamo legalmente e andiamo anche oltre cercando di instaurare rapporti con le associazioni volontariato a cui affidare queste donne».
Sottobosco mai debellato, questo della violenza?
«Molte donne vivono la famiglia e la vita matrimoniale costellata da una situazione di violenza. Il nostro ufficio è sempre aperto a chiunque chiede di essere aiutato e spesso è mia iniziativa seguire nel tempo le situazioni familiari più drammatiche».
Falcone e Borsellino lo so perché me lo ha detto, sono gli uomini di riferimento sempre della sua professione. Ma se non li ha conosciuti che senso ha la loro foto nel suo ufficio?
«Il senso della loro foto è la loro scelta di vita. Sono uomini che hanno svolto un'attività che amavano. Hanno perso la vita perché improntata a principi che hanno seguito fino in fondo. Per me sono uomini modello».
Ci racconta una delle più difficili circostanze in cui si è trovata, non sapendo come reagire? E quando le situazioni sono per forza si cosa più maschili, a chi ricorre?
«Una delle situazioni più difficile è stata quella relativa al crollo di via Roma a Barletta. Siamo stati chiamati in emergenza e mi sono resa immediatamente conto della situazione. E' stato un momento che mi ha toccato come donna e madre soprattutto quando è stato estratto il corpo di Maria Cinquepalmi, la ragazzina rimasta sotto macerie. E' stato molto difficile per me parlarne con i suoi genitori. Relativamente alla seconda parte della domanda, penso che sia importante essere una squadra. Ciò che importa è avere collaborazione e stima degli uomini con cui lavoro. Non c'è differenza tra uomo e donna. Siamo tutte persone con uno scopo in comune».
Abbiamo acclarato in questa intervista la simbiosi di donna con il proprio lavoro, di lei con il suo lavoro della polizia. E' sempre auspicabile trovare questo connubio per poter fare un lavoro che piace? E' questo il segreto?
«E' importante credere in ciò che si fa. Qualunque meta si può raggiungere se crediamo in noi stessi, lo si deve fare con passione e con interesse. Rivolgendomi a donne e giovani dico che devono crederci, solo così arriveranno dove desiderano arrivare cercando di essere sempre se stessi».
C'è stata quella volta in cui il suo compagno di vita Le ha telefonato dicendo che aveva bisogno di lei ma non ha potuto raggiungerlo per motivi di lavoro?
«Si, è capitato in alcuni momenti. Non è stato possibile essere presente in quel momento e ciò mi è pesato tanto».
Dott.ssa Mennea, Le dirò che mancava al mio anziano curriculum l'intervista ad un poliziotto-donna e di grado superiore che Lei ricopre al commissariato di Barletta. In più occasioni ho avuto modo di osservata nelle sue funzioni, ricordo i sommovimenti degli agricoltori che lei ha seguito per svariati giorni ad esempio. Apparentemente non autoritaria ma incisiva, mai il megafono ma solo la sua voce persuasiva, nessuna platealità da "poliziotta-Rambo". Gestualità compassata, e sempre il suo sguardo, quello si, autoritario. Si riconosce in questa chiosa giornalistica?
«Certo che mi riconosco, la funzione che io rivesto e nella quale mi riconosco è stata questa fin nel momento in cui ho scelto di essere un funzionario di polizia ovvero colui che effettua un lavoro improntato ai principi di giustizia, solidarietà e lealtà. E' una peculiarità femminile questa. Credo che un funzionario di polizia donna abbia carte in più da giocare nell'ambito della propria attività perché oltre ai requisiti quali equilibrio, riflessioni e stima da conquistare, la femminilità gioca un ruolo importante. Non è necessario essere un "rambo" bensì anche una donna può svolgere al meglio queste funzioni».
Perché ha scelto il corpo di Polizia e quando?
«Mi sono laureata in giurisprudenza e ho sempre pensato di svolgere l'attività di cui ho sempre creduto. Scelta ad hoc per me. E' un lavoro che ho scelto partecipando al concorso da commissario. Eravamo partiti in 10 mila e siamo arrivati in 110. Ho superato poi il concorso e ho fatto in Sardegna l'addestramento professionale. Ho cominciato la mia attività lavorativa a Palermo, ambiente completamente diverso da altre città, poi sono stata a Catania, fino a giungere in Puglia a Bari e infine a Barletta dove sono vice dirigente del commissariato. Insomma ben 20 anni di attività».
Donna poliziotta e anche attraente. Problemi a correlarsi con colleghi uomini e con la malavita? Insomma, se avesse avuto una espressività più arcigna, sarebbe più facile il suo lavoro?
[Mentre ci risponde, sorride in modo simpatico e fragoroso, ndr] «Non credo sarebbe stato più facile il mio lavoro se fossi stata diversa apparentemente. Il rapporto che si instaura con gli arrestati ad esempio implica a svolgere al meglio proprie mansioni».
Non avrebbe voluto che lo dicessi ma trasgredisco. Lei fuori campo mi ha detto che ama questa professione, anzi ha specificato che la ama ogni mattino. Addirittura ha esagerato raccontandomi che, per iperbole, la farebbe anche senza essere retribuita. Rispondermi non sarà facile, ci prova o vuole che cancelli questa domanda intima?
«Rispondo con piacere alla domanda. Vent'anni fa quando sono entrata in polizia ho conosciuto il mio primo dirigente il quale mi ha detto "questo sorriso sulle tue la labbra fra un mese terminerà". Dopo 20 anni quell'entusiasmo lo ritrovo ogni giorno. Dopo aver superato ogni difficoltà sono sempre pronta a ricominciare. Credo che chiunque ami il proprio lavoro, può svolgerlo al meglio».
Commissariato ma anche famiglia. A chi dedica più tempo e se è orgoglio la divisa per il suo figlio quattordicenne.
«E' un orgoglio per tutta la mia famiglia sapere che svolgo questo tipo di lavoro, loro cercano di collaborare e di aiutarmi. È molto importante essere presenti totalmente. Quando arrivo in ufficio devo concentrarmi su tutta l'attività, cosi come quando vado a casa mi concentro solo sulla mia famiglia».
Donne allora. Sappiamo di situazioni familiari drammatiche di violenza familiare. Da donna-poliziotto Le è più congeniale interpretare drammi a volte insuperabili?
«Si, credo di avere una marcia in più come donna nel trattare questo genere di argomenti, noto che le donne preferiscono fare riferimento ad altre donne quando hanno bisogno di denunziare. Sono sempre più frequenti le denunce di stalking nell'ultimo periodo. Noi interveniamo legalmente e andiamo anche oltre cercando di instaurare rapporti con le associazioni volontariato a cui affidare queste donne».
Sottobosco mai debellato, questo della violenza?
«Molte donne vivono la famiglia e la vita matrimoniale costellata da una situazione di violenza. Il nostro ufficio è sempre aperto a chiunque chiede di essere aiutato e spesso è mia iniziativa seguire nel tempo le situazioni familiari più drammatiche».
Falcone e Borsellino lo so perché me lo ha detto, sono gli uomini di riferimento sempre della sua professione. Ma se non li ha conosciuti che senso ha la loro foto nel suo ufficio?
«Il senso della loro foto è la loro scelta di vita. Sono uomini che hanno svolto un'attività che amavano. Hanno perso la vita perché improntata a principi che hanno seguito fino in fondo. Per me sono uomini modello».
Ci racconta una delle più difficili circostanze in cui si è trovata, non sapendo come reagire? E quando le situazioni sono per forza si cosa più maschili, a chi ricorre?
«Una delle situazioni più difficile è stata quella relativa al crollo di via Roma a Barletta. Siamo stati chiamati in emergenza e mi sono resa immediatamente conto della situazione. E' stato un momento che mi ha toccato come donna e madre soprattutto quando è stato estratto il corpo di Maria Cinquepalmi, la ragazzina rimasta sotto macerie. E' stato molto difficile per me parlarne con i suoi genitori. Relativamente alla seconda parte della domanda, penso che sia importante essere una squadra. Ciò che importa è avere collaborazione e stima degli uomini con cui lavoro. Non c'è differenza tra uomo e donna. Siamo tutte persone con uno scopo in comune».
Abbiamo acclarato in questa intervista la simbiosi di donna con il proprio lavoro, di lei con il suo lavoro della polizia. E' sempre auspicabile trovare questo connubio per poter fare un lavoro che piace? E' questo il segreto?
«E' importante credere in ciò che si fa. Qualunque meta si può raggiungere se crediamo in noi stessi, lo si deve fare con passione e con interesse. Rivolgendomi a donne e giovani dico che devono crederci, solo così arriveranno dove desiderano arrivare cercando di essere sempre se stessi».
C'è stata quella volta in cui il suo compagno di vita Le ha telefonato dicendo che aveva bisogno di lei ma non ha potuto raggiungerlo per motivi di lavoro?
«Si, è capitato in alcuni momenti. Non è stato possibile essere presente in quel momento e ciò mi è pesato tanto».