L’Italia non recepisce i fondi UE per la cultura
La Regione Puglia è la più virtuosa. «Pronti a saper rispondere ai finanziamenti»
domenica 4 agosto 2013
L'Espresso di due settimane fa riportava un interessante articolo intitolato "Un miliardo buttato" di Francesca Sironi, in cui veniva descritto come in Italia i tanti finanziamenti europei per la cultura vengano utilizzati poco e male.
Sono miliardi di euro che l'Unione Europea mette a disposizione degli stati membri, e dunque anche dell'Italia, che tramite i ministeri o le Regioni, vengono recepiti e divulgati. Ma il Paese più ricco di beni culturali e testimonianze storiche d'Europa sembra non averne bisogno, tanto da sfruttarne solo il 50%. Questo accade principalmente poiché non si da corretta informazione dei bandi, perché non si sa rispondere correttamente alla richiesta progettuale, o peggio perché si propongono puntualmente le solite sagre paesane, progetti grandiosi che poi restano sulla carta o vere e proprie truffe. Per onore di cronaca bisogna anche dire che di solito questi bandi richiedono cofinanziamenti cui non è sempre possibile far fronte. A volte il problema è che le priorità degli amministratori sono altre.
Il campanello d'allarme che l'articolo lancia è legato al fatto che il tempo sta per finire: "Se entro il dicembre 2015 non avremo completato tutti i progetti, perderemo anche l'ultimo miliardo che resta". A questi bandi, traslati da Ministero e Regioni, possono partecipare i Comuni, che dovrebbero esserne i principali fruitori, ma anche, per alcuni, fondazioni, associazioni e liberi cittadini. Per ciò è necessario che funzionino nei comuni degli uffici, con personale competente, per aiutare chi ha una buona idea e vuole concorrere a finanziamenti europei.
La non sufficiente risposta alla generosa offerta europea è diffusa sia a Nord che a Sud. La nota positiva è che la Regione Puglia risulta essere la più virtuosa d'Italia, divenendo un esempio per investimento di soldi ricevuti dall'UE in beni culturali.
Bisogna che tutti, Istituzioni locali e privati, si rendano sempre più pronti ad afferrare al volo queste possibilità non lasciandosele sfuggire. Sono queste le modalità giuste di creare occupazione, sviluppo del territorio, preservando la nostra ricchezza che è la nostra cultura. Le politiche culturali devono passare per la collaborazione trasversale fra le diverse istituzioni di vario livello, con le Università, con le associazioni locali e con i privati.
Sono miliardi di euro che l'Unione Europea mette a disposizione degli stati membri, e dunque anche dell'Italia, che tramite i ministeri o le Regioni, vengono recepiti e divulgati. Ma il Paese più ricco di beni culturali e testimonianze storiche d'Europa sembra non averne bisogno, tanto da sfruttarne solo il 50%. Questo accade principalmente poiché non si da corretta informazione dei bandi, perché non si sa rispondere correttamente alla richiesta progettuale, o peggio perché si propongono puntualmente le solite sagre paesane, progetti grandiosi che poi restano sulla carta o vere e proprie truffe. Per onore di cronaca bisogna anche dire che di solito questi bandi richiedono cofinanziamenti cui non è sempre possibile far fronte. A volte il problema è che le priorità degli amministratori sono altre.
Il campanello d'allarme che l'articolo lancia è legato al fatto che il tempo sta per finire: "Se entro il dicembre 2015 non avremo completato tutti i progetti, perderemo anche l'ultimo miliardo che resta". A questi bandi, traslati da Ministero e Regioni, possono partecipare i Comuni, che dovrebbero esserne i principali fruitori, ma anche, per alcuni, fondazioni, associazioni e liberi cittadini. Per ciò è necessario che funzionino nei comuni degli uffici, con personale competente, per aiutare chi ha una buona idea e vuole concorrere a finanziamenti europei.
La non sufficiente risposta alla generosa offerta europea è diffusa sia a Nord che a Sud. La nota positiva è che la Regione Puglia risulta essere la più virtuosa d'Italia, divenendo un esempio per investimento di soldi ricevuti dall'UE in beni culturali.
Bisogna che tutti, Istituzioni locali e privati, si rendano sempre più pronti ad afferrare al volo queste possibilità non lasciandosele sfuggire. Sono queste le modalità giuste di creare occupazione, sviluppo del territorio, preservando la nostra ricchezza che è la nostra cultura. Le politiche culturali devono passare per la collaborazione trasversale fra le diverse istituzioni di vario livello, con le Università, con le associazioni locali e con i privati.