L'eredità che divide le famiglie

Il mio rapporto con i beni

domenica 31 luglio 2016 0.53
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

C'è un cammino che Gesù sta portando avanti e, lungo questo percorso, è come il seminatore che a larghe braccia semina il buon seme della Parola con molteplici sfumature che vanno dalle esigenze della sequela alla preghiera, dal primato della carità alla capacità di ascolto. Ma non tutti coloro che lo seguono, lo ascoltano, lo incontrano hanno la capacità di accogliere il suo insegnamento, specie quando sono troppo presi dai problemi personalI; per non parlare, poi, di quando i problemi riguardano i soldi e le proprietà, che letteralmente "rapiscono" cuore e mente, anima e forze dell'uomo. Come nel Vangelo di oggi. Gesù sta instillando negli ascoltatori la fiducia nel Padre, che mai abbandona i suoi figli, prendendosi cura di ciascuno di essi, e viene interrotto da un tale che ha un problema di eredità con suo fratello, chiamando in causa Gesù perché ordini una divisione più equa. A suo dire! All'epoca di Gesù, perché il patrimonio non andasse disperso, tutti i beni immobili, come case e terreni, passavano al figlio maggiore, mentre i beni mobili (particolarmente il denaro) venivano suddivisi come una legittima fra gli altri. E questo creava non pochi "mal di pancia" e invocazione di giustizia perché si crede sempre di esser stati trattati ingiustamente di dover ricevere di più. E l'eredità diventava la fine della famiglia, con fratture di rapporti che diventavano insanabili. Esattamente come assai frequentemente accade oggi. Dove sta il problema? I beni sono un male intrinseco? Cosa ne pensa Gesù?

Credo che il problema fondamentale consista nella concezione dell'uomo. Sì! Perché uno crede di valere di più nella sua vita se più possiede. Ma la vita non dipende dai beni. E questo lo sappiamo bene. Gesù non dice che la ricchezza è una cosa sporca, ma pericolosa! Perché è un bene illusorio, che mi porta a dire "Se ho tanto, posso stare tranquillo!" E invece no! Perché può esserci un evento non programmato a rovinare un piano che pensavamo pacifico e duraturo. Io non sono quello che ho! Non valgo quello che possiedo!

Dove sta allora il problema? Nel rapporto che io instauro con i beni! Lo sguardo miope mi fa vedere solo ciò che ruota attorno a me e non alimenta il desiderio di spazi grandi in cui l'altro può condividere la mia gioia. L'avidità, il possesso, la cupidigia danno illusioni-parvenze di vita, ma, in realtà, producono morte, non essendo capaci di salvarci da essa. Per questo l'uomo che agisce così è chiamato "stolto" da Gesù, non-intelligente, ovvero uno che si ferma all'apparenza e non è capace di "leggere dentro" le cose, le persone, gli accadimenti.

Per questo motivo Gesù, esimendosi dal giudicare la situazione concreta a cui è stato chiamato in causa, racconta una parabola in cui una persona, ahimè sola, irrimediabilmente sola anche nel racconto che ne fa Gesù, crede che la sua vita dipenda dai suoi beni. Tu credi di possedere ma in realtà sei posseduto dai beni, che ti rubano tutto, anche l'amore. E la tua vita che fine fa? C'è un bisogno profondo nel nostro cuore che la ricchezza anestetizza ma che solo Dio può colmare! Come? Con la sua tenerezza! Se nel mio rapporto con i beni inizio a considerare gli altri soccorrendoli direttamente col mio aiuto o indirettamente, magari creando posti di lavoro, allora arricchirò davanti a Dio. Sì, perché l'uomo è un pellegrino, un viandante: quando mi ritroverò ad avere qualcosa in più sono chiamato a condividerla, a farla fruttificare; quando mi ritroverò nel bisogno spero di non restare solo, ma di trovare, lungo il mio cammino, più con la sua presenza-parola-vicinanza a farmi sentire ricco, che con i suoi beni.
Buona Domenica!

[don Vito]