«L’autismo è una condizione, non una malattia»

La tavola rotonda Stato-regioni nella sala rossa del Castello d Barletta

martedì 1 luglio 2014 12.45
A cura di Floriana Doronzo
Il linguaggio è l'affare olistico che coinvolge ogni vita umana, vegetale, animale, meccanica e astratta. E' difficile pensare il linguaggio, tanto è connaturato in noi il suo uso; eppure sono così diffuse le sue limitazioni, le sue distorsioni e le pratiche per migliorarlo. L'autismo è una delle limitazioni del linguaggio, con uno spettro talmente ampio da non poter essere categorizzato come patologia, ma come condizione che tocca psicologia, fisiatria, logopedia, cognitivismo, neurologia e comportamentismo.

A rispondere all'imperativo categorico posto dalle famiglie di soggetti autistici, doppiamente discriminate (la prima volta dalla sorte, la seconda dall'assenza di servizi adeguati), ci sono interlocutori politici, tecnici e associazionistici. Ieri pomeriggio in sala rossa, luce puntata sull'urgenza di diagnosi precoce, in modo da intervenire subito sull'infante che presenta chiari segni di autismo; sul ruolo pedagogico dei genitori/educatori/formatori dei loro figli; sulla collaborazione scuola-famiglie-ambulatori nell'integrazione di questi soggetti, che devono essere capaci di vivere in contesti quotidiani; sulla ricerca farmaceutica, ad oggi poco d'aiuto. Francesca Montana, terapista cognitivo-comportamentale, apre le danze dando la parola al primo cittadino di Barletta Pasquale Cascella: «Oggi ci troviamo ad affrontare un fenomeno di valenza sanitaria talmente vasto che penetra il tessuto sociale dal profondo, e al quale noi politici non possiamo voltare le spalle. Non capita spesso che un'iniziativa regionale s'intrecci con azioni legislative parlamentari e la presenza di due senatrici qui dimostra l'impegno nazionale sul tema dell'autismo. Bisogna approntare dei servizi di neuro-psichiatria infantile sul territorio; dobbiamo essere vicini ai nostri ragazzi. Dobbiamo combattere per un riscatto della personalità umana nella connettività sociale». Alle parole del Sindaco, seguono quelle del consigliere regionale PD e del membro della III commissione sanità Filippo Caracciolo: « Questa tavola rotonda nasce con l'intento di far dialogare le diverse sensibilità sul fenomeno autistico. La Puglia è all'avanguardia perché proprio lo scorso agosto il Consiglio ha approvato un ddl a riguardo, che necessita dell'interlocuzione nazionale; pur essendo ancora in corsa, l'assistenza ai soggetti affetti da autismo è uno dei punti di merito della nostra regione e questo ci viene riconosciuto anche a livello statale».

La rappresentanza nazionale ANGSA (associazione nazionale genitori soggetti autistici) mette subito le cose in chiaro: «L'autismo non è una malattia, ma una condizione dovuta all'insieme di una ventina di patologie che sfavoriscono l'interazione sociale dell'affetto. Ad ora conosciamo solo il 15% dell'eziologia autistica e questo non è ammissibile in un Paese che tende al progresso. Gli ausili informatici ai nostri figli non bastano; l'impulso alla ricerca su questo fronte è un dovere politico perché è un problema che affetta la società tutta. Adesso esiste solo una diagnosi a vista, responso a causa del quale molti soggetti non si vedono riconosciuto alcun problema cognitivo-comportamentale proprio perché apparentemente normali. Va sviluppata la diagnosi eziologica, che affonda lo sguardo nelle cause e può delineare una prevenzione. Esistono solo tre farmaci, oltretutto a sperimentazione trimestrale, dopo la quale non si sa cosa succede; la ricerca farmaceutica non da frutti. Le linee-guida dell'Istituto superiore ella Sanità sono forti: ha approntato una pedagogia speciale in cui i genitori hanno un ruolo efficace nell'assistenza del figlio affetto; assistenza che senza una base economica privata solida sarebbe impossibile da fare. Su temi così poco conosciuti, la sanità pubblica è quasi inesistente. C'è bisogno di una ridefinizione di autismo, anche per facilitare il collocamento lavorativo degli inoccupati. Un plauso va fatto al vostro territorio: la Puglia è l'unica regione che ha investito sulla formazione degli addetti ai lavori, spingendo loro alla frequenza di master annuali totalmente improntati sullo spettro autistico».

Laura Imbimbo, dottoressa per caso, genitore per professione: «Voglio fare un monito al Senato: assunto che l'autismo non è una malattia, ma un diverso sviluppo neurologico, è inutile che la politica investe 3 milioni di euro, che poi vanno sprecati perché non c'è competenza scientifica. Non perdetevi nel fare ingegneria istituzionale se mancano le competenze tecniche per legiferare in materia di sanità. L'intervento su soggetti autistici va fatto in ambienti naturali: non serve a niente portare mio figlio in ambulatorio, fargli leggere l'orario e quando torna a casa non sa più farlo. Noi abbiamo bisogno di figure specializzate da inserire nei contesti quotidiani frequentati dai nostri figli. Se non siete in grado di delineare misure adeguate, dateci i soldi in mano e badiamo noi alle cure necessarie perché non c'è miglior tutor di un genitore che vive giorno e notte le difficoltà di questo spettro». La rappresentanza ANFAS (Associazione nazionale di famiglie con persone affette da disabilità intellettiva e/o relazionale) insiste sul mancato termine di scadenza per l'approvazione del testo base ministeriale e sul taglio troppo scientifico e poco sociale che gli è stato dato. In particolare, insiste sul recepimento da parte del Parlamento dell'emendamento che prevede la disabilità civile dei soggetti affetti da spettro autistico.

Mario Chimenti, presidente regionale Fish Onlus (Federazione internazionale per il superamento dell'handicap), già intervistato dalla nostra testata lo scorso Ottobre: «L'Angsa Puglia ha costruito competenze mostruose che prima non esistevano; la nostra regione è l'unica a credere ancora nell'intervento psico-educativo. Il testo unificato regionale è il frutto derivato dai semi che le varie associazioni e Onlus hanno piantato nel terreno evidentemente fertile della regione Puglia. Noi non chiediamo il residenziale, né strutture da internamento. Noi vogliamo e abbiamo il diritto di essere nella società, tra la gente non in centri ambulatoriali chiusi. Sono due anni che attendiamo il CAT (centro autistico territoriale) e aspettiamo la risposta del Direttore Gorgoni qui presente. Non esiste un'inclusione scolastica, i nostri figli vengono fatti girare per i corridoi delle scuole senza che vi siano un'integrazione nelle aule e un adattamento ai meccanismi educativi. E' necessaria un'equipe multidisciplinare che, come ha già detto Laura, venga inserita in ambienti naturali e non segregati». Giovanni Gorgoni, direttore generale Asl Bat risponde: «Sono tre anni che abbiamo problemi con gli ospedali perché siamo ancora legati culturalmente a un concetto di salute (non di sanità) ancorato a quello di strutture fisse ospedaliere. Prima di pensare ai luoghi chiusi, pensiamo a metterci d'accordo su come intervenire su problemi emergenti come l'autismo o l'alzheimer (che malattia rara non è affatto); pensiamo ai percorsi diagnostici terapeutici, al tipo di formazione degli operatori, agli interventi da adottare. Si deve implementare un servizio sanitario comunitario che abbia come parola chiave INSIEME. Nonostante il finanziamento sanitario pro capite in Italia sia di 1800 euro (In Francia è di 3000-3500), la sanità pubblica mantiene ancora un modello sostenibile e universalistico, cosa che non è affatto scontata fuori dai confini italiani. La bontà della politica si vede dalle scommesse che essa fa sul futuro; ci sono tavoli tecnici su questioni delicate come questa che vanno ribaltati quando si presenta l'ospite indesiderato el MEF (Ministero economia e finanze). Dobbiamo avere il coraggio di scegliere il futuro da consegnare ai nostri figli, anche andando contro l'ostruzionismo dei piani di rientro.

Conclude il dibattito la senatrice PD, presidente della Commissione Sanità Emilia De Biasi: «C'è reciproca sfiducia: quella dei cittadini nei confronti delle istituzioni e quella delle istituzioni nei confronti delle associazioni, viste come pretenziose di denaro e basta. Quesllo che stiamo cercando di fare in Senato è un cambiamento di vedute, anche in riferimento all'evoluzione culturale di cui parlava Gorgoni. Oggi vi illustro alcuni punti del testo base redatto dai senatori Padua e Romano. L'aggiornamento delle linee-guide dell'Istituto superiore della Sanità riguarda la ri-definizione di autismo, Gap e alzheimer che va data esclusivamente dalla scienza e non dalla politica. Le disposizioni regionali in materia mettono a nudo il problema del federalismo sanitario perché è difficile regolamentare 20 diversi sistemi sanitari. La legislazione nazionale deve avere il primato in quanto a recepimento delle normative; le regioni devono solo occuparsi dell'installazione efficiente dei servizi. Il finanziamento previsto dalla legge è di un milione nel 2015 e salirà a 2 milioni in seguito, ma abbiamo sempre a che fare con le restrizioni MEF. Tuttavia, non riusciamo ancora a convergere la ricerca pura con quella applicata, non si riesce a progredire perché anche il MIUR è in difficoltà con le carte sul tavolo. Stiamo anche lavorando sull'integrazione del soggetto autistico nel luogo di lavoro ma molti Comuni faticano a garantire loro autonomia e servizi idonei. L'emendamento sulla disabilità civile passerà sicuramente, ma abbiamo bisogno di nuovi protocolli d'intesa tra ministeri e di collaborazione con scuole e famiglie. Una legge non basta, la complessità sociale non è solo un affare politico ma anche culturale. Da vicino nessuno è normale».
Tavola rotonda su autismo © Tommaso Francavilla
Tavola rotonda su autismo © Tommaso Francavilla
Tavola rotonda su autismo © Tommaso Francavilla
Tavola rotonda su autismo © Tommaso Francavilla
Tavola rotonda su autismo © Tommaso Francavilla
Tavola rotonda su autismo © Tommaso Francavilla