L'augurio per il nuovo anno del centro studi "La Cittadella Innova"
Lettera aperta firmata del presidente Nicola Palmitessa
martedì 3 gennaio 2023
1.03
«Se la storia dell'uomo e delle sue città sarebbe finita, cosa ci rimane nel rintracciarne un qualche senso per il futuro? Preghiamo allora il Signore Iddio, che il nuovo anno 2023 sia vissuto nella consapevolezza e all'insegna di poter discernere e vivere ogni giorno il vero senso della vita e nella Verità che ci rende liberi dall'inganno della menzogna, per distinguere nell'oggi i doni elargiti dalla bontà di Dio e dai nostri fratelli per tutto il 2022 del già vissuto, pur nella nostra capacità o inadeguatezza nel saperli fruttificare, contemplando sane speranze nel futuro». Così il presidente del Centro studi "La cittadella Innova" Nicola Palmitessa.
«Insomma la grazia di poter distinguere il senso dell'unicità della vita vera dalle paure delle malattie e di sorella morte; il senso delle cose visibili da quelle invisibili; il nutrimento materiale del corpo da quello spirituale dell'anima; il bicchiere mezzo pieno da quello mezzo vuoto; il bene che illumina il senso della vita dal male delle tenebre; la giustizia che edifica dall'ingiustizia che demolisce; l'egoismo dell'Io dalla generosità del noi;
i beni materiali da quelli spirituali, i beni materiali individuali personali da quelli della comunità famigliare e questi da quelli di città e nazione; la bellezza delle opere di bene dalla bruttezza delle opere malvagie; l'arroganza dalla mitezza; le virtù morali dalle ostinazioni del vizio; il dovere della gratitudine dagli abusi di ingratitudine; la spiritualità dalla materialità; l'avidità del danaro che inorgoglisce dalla ricchezza spirituale che rende umili se stessi verso il prossimo;
il vero senso dello Stato da quello del popolo e delle genti indifese; il buon governo dal malgoverno; la vera libertà che ci rende felici dal culto dell'effimero che schiavizza; le sicurezze di vittorie conseguite dalle sconfitte già accovacciate; il senso delle vere beatitudini dal transitorio spettacolo dell'effimero;
il culto al vero Dio dalla cultura tutta umana; l'umana ignoranza dalla saggezza del savio e dalla sapienza divina; l'inganno del particolare dalla fattiva, completa visione dell'Essere di ogni creatura; la pace dalla guerra; l'odio dall'amore; l'ossessiva ricerca di uno spazio ma a spese altrui che mortifica, dal tempo di vita vissuto come dono del Signore Iddio; la fragranza del perdono - e della tenacia del ti chiedo scusa - dalla opacità di una vita di rancori.
Da tempo viviamo tempi della banalità e della banalità del male, del non senso frammentato e del chi sia io stesso. Siamo come beduini itineranti in uno spazio tempo anonimo, privo della propria naturale identità. Dare senso allora al tempo vissuto e al proprio futuro? Le nuove generazioni omologate a quelle vecchie anch'esse dei senza tempo? Quali i tempi di guerra e quelli di pace? Ancora tempi di colonizzatori e di colonizzati? Ad Oriente oppure a Occidente non vi sarebbe più tempo di pace? Nella mia o nella tua persona, nella mia città e nazione o in quelle lontane?
Abbiamo stancato il vero Dio della Pace e della misericordia? Se i frutti dell'albero cattivo sono cattivi, perché abbattere l'albero buono dai frutti buoni? Per questo hanno fermata la storia anche nella tua città? Perché una città dai frutti tutti cattivi, abbatte gli alberi tutti gli alberi cattivi anche nei giorni di festa? Come allora dare sapore e senso vivo ai tempi di vita, se non nell'alveo ove confluiscono tutti i tempi di ogni corso d'acqua.
Pertanto, diremmo beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia.
È come albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Non così non così i malvagi, come pula che il vento disperde» (cf. Sal, 1-1.4).
Centro studi: La Cittadella Innova
Barletta 2 gennaio 2023
«Insomma la grazia di poter distinguere il senso dell'unicità della vita vera dalle paure delle malattie e di sorella morte; il senso delle cose visibili da quelle invisibili; il nutrimento materiale del corpo da quello spirituale dell'anima; il bicchiere mezzo pieno da quello mezzo vuoto; il bene che illumina il senso della vita dal male delle tenebre; la giustizia che edifica dall'ingiustizia che demolisce; l'egoismo dell'Io dalla generosità del noi;
i beni materiali da quelli spirituali, i beni materiali individuali personali da quelli della comunità famigliare e questi da quelli di città e nazione; la bellezza delle opere di bene dalla bruttezza delle opere malvagie; l'arroganza dalla mitezza; le virtù morali dalle ostinazioni del vizio; il dovere della gratitudine dagli abusi di ingratitudine; la spiritualità dalla materialità; l'avidità del danaro che inorgoglisce dalla ricchezza spirituale che rende umili se stessi verso il prossimo;
il vero senso dello Stato da quello del popolo e delle genti indifese; il buon governo dal malgoverno; la vera libertà che ci rende felici dal culto dell'effimero che schiavizza; le sicurezze di vittorie conseguite dalle sconfitte già accovacciate; il senso delle vere beatitudini dal transitorio spettacolo dell'effimero;
il culto al vero Dio dalla cultura tutta umana; l'umana ignoranza dalla saggezza del savio e dalla sapienza divina; l'inganno del particolare dalla fattiva, completa visione dell'Essere di ogni creatura; la pace dalla guerra; l'odio dall'amore; l'ossessiva ricerca di uno spazio ma a spese altrui che mortifica, dal tempo di vita vissuto come dono del Signore Iddio; la fragranza del perdono - e della tenacia del ti chiedo scusa - dalla opacità di una vita di rancori.
Da tempo viviamo tempi della banalità e della banalità del male, del non senso frammentato e del chi sia io stesso. Siamo come beduini itineranti in uno spazio tempo anonimo, privo della propria naturale identità. Dare senso allora al tempo vissuto e al proprio futuro? Le nuove generazioni omologate a quelle vecchie anch'esse dei senza tempo? Quali i tempi di guerra e quelli di pace? Ancora tempi di colonizzatori e di colonizzati? Ad Oriente oppure a Occidente non vi sarebbe più tempo di pace? Nella mia o nella tua persona, nella mia città e nazione o in quelle lontane?
Abbiamo stancato il vero Dio della Pace e della misericordia? Se i frutti dell'albero cattivo sono cattivi, perché abbattere l'albero buono dai frutti buoni? Per questo hanno fermata la storia anche nella tua città? Perché una città dai frutti tutti cattivi, abbatte gli alberi tutti gli alberi cattivi anche nei giorni di festa? Come allora dare sapore e senso vivo ai tempi di vita, se non nell'alveo ove confluiscono tutti i tempi di ogni corso d'acqua.
Pertanto, diremmo beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia.
È come albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Non così non così i malvagi, come pula che il vento disperde» (cf. Sal, 1-1.4).
Centro studi: La Cittadella Innova
Barletta 2 gennaio 2023