L’assessore a chiamata

La politica ai tempi della riforma del lavoro. La strana storia dell’IDV e degli SMS

venerdì 29 giugno 2012
A cura di Alessandro Porcelluzzi
Forse è un riflesso della riforma del lavoro. Certo è che a Barletta è stata inaugurata una nuova tipologia contrattuale: l'assessore a chiamata. Anzi, l'assessore a chiamata via SMS. La ricostruzione dei precedenti è presto fatta. Il Sindaco Maffei, dopo aver concluso la fase della giunta balneare (o degli assessori a tempo determinato), si avviava, tra accese discussioni, a varare la nuova giunta. L'Italia dei valori, nel suo gruppo consiliare, arrivava a questo appuntamento divisa: Salvatore Filannino chiedeva di rinnovare l'incarico all'assessore Mascolo fino alla celebrazione del prossimo congresso del partito; Michele Dibenedetto chiedeva invece di non attribuire la delega al partito in attesa che lo stesso congresso avvenisse. Posizioni legittime entrambe: la prima all'insegna della continuità amministrativa, la seconda attenta ai cambiamenti degli equilibri interni del movimento politico. Il Sindaco Maffei, con l'usuale delicatezza, sposa la tesi di Filannino e chiama Mascolo in giunta. Provocando l'ira funesta del non proprio pacato consigliere Dibenedetto. Il quale sugli organi di stampa si lascia andare a un linguaggio da taverna ("controllo degli sfinteri", "belva assetata di potere"). A quel punto Maffei stigmatizza pubblicamente l'azione di Dibenedetto, ma sceglie di scaricarne le conseguenze sul povero assessore Mascolo. Sospende le deleghe in attesa di chiarimenti. Con Dibenedetto, sembrava di capire. E invece no. Il Sindaco viaggiatore va a Roma a parlarne direttamente con l'IDV nazionale (Di Pietro? Mura? Orlando?). L'IDV nazionale si scusa e via SMS, e poi con comunicato stampa, il Sindaco riconvoca l'assessore a chiamata Mascolo.

Come spesso accade in questa bizzarra città, questioni secondarie scatenano incendi politici. Subito è intervenuto il segretario del PD, Stefano Chiariello, che si è risentito perché il sindaco non ha comunicato al proprio partito, il PD appunto, la scelta di reintegrare Mascolo. Maffei non è un padrone, scrive Chiariello. Giusto, ma è pur sempre il capo dell'amministrazione. E non si comprende per quale ragione il PD dovrebbe avere un diritto di prelazione sulle decisioni del primo cittadino. Maffei dovrebbe condividere le proprie decisioni col PD? E perché allora non con la Fds o con il Psi o con Sel? È certamente un iscritto del PD, ma è stato votato e sostenuto da una coalizione vasta. E una volta eletto un sindaco ha due soli giudici: la maggioranza consiliare e gli elettori. Punto. O l'affermazione "Maffei non è padrone" significa "Maffei è sotto padrone"? Se fosse così, Chiariello confermerebbe molte voci e molti dubbi sui reali manovratori di questa amministrazione.

L'unica vera vittima di questa grottesca vicenda è l'assessore Mascolo. Al quale è spontaneo offrire un suggerimento. Diversamente dal lavoro che, al contrario di ciò che ha affermato la Fornero, è un diritto, l'assessorato non è un diritto. E nemmeno un dovere. Mascolo avrà la comprensione e il rispetto della cittadinanza tutta se, per salvaguardare la propria dignità, si dimetterà da un incarico che gli è stato attribuito e revocato a giorni alterni. Meglio uomo libero a tempo pieno che assessore a chiamata.