Inceneritori nella sesta provincia: la rivolta
Presentate dieci centrali a biomasse e un cementificio a Trani. Dati allarmanti portano i cittadini alla mobilitazione
mercoledì 27 ottobre 2010
14.22
Dieci centrali a biomasse, un nuovo cementificio a Trani e l'incremento delle quantità di rifiuti da bruciare nella cementeria di Barletta, continuano a essere presentati progetti alla provincia e alla regione nonostante l'avversione dei cittadini. Tutti progetti dimostrati alquanto discutibili perlopiù accolti da amministratori insensibili alle problematiche ambientali per i quali i cittadini nutrono sempre più cieca fiducia.
"Pur sforzandoci di scorgere qualche segnale vitale nella sensibilità ecologista dei rappresentanti politici, intravediamo unicamente timide affermazioni che non evidenziano mai, in maniera chiara ed incontrovertibile , posizioni ecologicamente ben definite". E' questo quanto denuncia il comitato No biomasse e inceneritori, attivamente impegnato a contrastare l'abnorme diffondersi di mega-impianti ad elevato impatto eco-sanitario sul territorio.
Il pensiero degli amministratori locali è ben rappresentato dalla posizione nella gestione sulle tematiche ambientali della Provincia BT, chiamata a esprimersi e a condurre i procedimenti di Valutazione d'Impatto Ambientale.
Qualche dubbio circa la necessità di porre freno al dilagare dei progetti di impianti a biomasse, taciturni nei confronti dell'incremento della quantità di materie plastiche destinate all'incenerimento richiesto della cementeria sita nell'abitato di Barletta: spesso gli stessi amministratori ignorano persino la mancata applicazione della procedura A.I.A. per il nuovo cementificio proposto a Trani. Solo un caso che il nuovo cementificio di Trani sorgerà a ridosso della discarica di bacino, nel cementificio non potrebbe mai verificarsi la combustione di rifiuti. Bizzarro come associazioni ambientaliste, i comitati cittadini si stiano mobilitando per contrastare progetti al pari di quelli di edilizia residenziale; non c'è alcun motivo di allarmarsi se la Buzzi Unicem chiede di poter bruciare in pieno centro abitato 80mila tonnellate annue di materie plastiche (26mila quelle attuali). Semplicemente una fortuita circostanza che dal cementifico di Trani a quello di Barletta ci siano solo sette chilometri; senza mai dimenticare la vicinanza dell'ILVA di Taranto.
Le emissioni di micropolveri, ossidi di azoto e di ossidi di zolfo si sommeranno in modo letale per un evidente riscontro sulla nostra salute degli abitanti dei territori adiacenti le strutture e non solo... Prendiamo in esame solo la situazione dell' ILVA di Taranto: da sola produce il 90% della diossina presente in tutta Europa. Consideriamo che l'inquinamento prodotto da questo impianto non interessa solo le zone limitrofe la città di Taranto, ma interessa tutto il territorio pugliese per via dei venti del quadrante sud che trasportano le sostanze inquinanti in giro per la Puglia, come minimo.
Taranto inoltre è una zona a grande vocazione agricola e i prodotti ortofrutticoli si possono trovare usualmente nei mercati di diverse città italiane. Considerate anche le interazioni negative nella provincia per avere un quadro chiaro della situazione, alto rischio ambientale e sanitario. Possiamo continuare a essere ottimisti?
E' per questi motivi che si chiede in coro unanime da parte delle associazioni di cittadini che nella stesura del Piano Energetico Provinciale siano adottate le dovute procedure democratiche con una concertazione partecipata ed attiva delle associazioni e dei cittadini. "Si susseguono vertiginosamente istanze per la realizzazione di inceneritori, impianti a
biomasse e cementifici, proposte accomunate da un unico comune denominatore identificabile con l'insaziabile desiderio di speculazioni economiche perpetrate da pochi soggetti sull'ambiente e sulla sempre più esposta salute dei cittadini - continuano i rappresentanti del comitato - ci attiveremo nelle singole città con iniziative di mobilitazione di massa, proporremo una Class Action Preventiva consistente nell'invitare tutti i cittadini a munirsi di certificazioni
mediche che attestino lo stato di salute attuale per poi chiedere il risarcimento dei danni sia agli amministratori politici che ai gestori industriali qualora dovessero insorgere patologie correlate all'inquinamento in tutte quelle sedi a rischio, come a Barletta laddove il cementificio vuole potenziare il carico di inquinanti o ad Andria e a Trani che saranno presto vittime delle polveri di un nuovo cementificio."
Spetta ai voi decidere se impugnare la spada o restare a guardare.
"Pur sforzandoci di scorgere qualche segnale vitale nella sensibilità ecologista dei rappresentanti politici, intravediamo unicamente timide affermazioni che non evidenziano mai, in maniera chiara ed incontrovertibile , posizioni ecologicamente ben definite". E' questo quanto denuncia il comitato No biomasse e inceneritori, attivamente impegnato a contrastare l'abnorme diffondersi di mega-impianti ad elevato impatto eco-sanitario sul territorio.
Il pensiero degli amministratori locali è ben rappresentato dalla posizione nella gestione sulle tematiche ambientali della Provincia BT, chiamata a esprimersi e a condurre i procedimenti di Valutazione d'Impatto Ambientale.
Qualche dubbio circa la necessità di porre freno al dilagare dei progetti di impianti a biomasse, taciturni nei confronti dell'incremento della quantità di materie plastiche destinate all'incenerimento richiesto della cementeria sita nell'abitato di Barletta: spesso gli stessi amministratori ignorano persino la mancata applicazione della procedura A.I.A. per il nuovo cementificio proposto a Trani. Solo un caso che il nuovo cementificio di Trani sorgerà a ridosso della discarica di bacino, nel cementificio non potrebbe mai verificarsi la combustione di rifiuti. Bizzarro come associazioni ambientaliste, i comitati cittadini si stiano mobilitando per contrastare progetti al pari di quelli di edilizia residenziale; non c'è alcun motivo di allarmarsi se la Buzzi Unicem chiede di poter bruciare in pieno centro abitato 80mila tonnellate annue di materie plastiche (26mila quelle attuali). Semplicemente una fortuita circostanza che dal cementifico di Trani a quello di Barletta ci siano solo sette chilometri; senza mai dimenticare la vicinanza dell'ILVA di Taranto.
Le emissioni di micropolveri, ossidi di azoto e di ossidi di zolfo si sommeranno in modo letale per un evidente riscontro sulla nostra salute degli abitanti dei territori adiacenti le strutture e non solo... Prendiamo in esame solo la situazione dell' ILVA di Taranto: da sola produce il 90% della diossina presente in tutta Europa. Consideriamo che l'inquinamento prodotto da questo impianto non interessa solo le zone limitrofe la città di Taranto, ma interessa tutto il territorio pugliese per via dei venti del quadrante sud che trasportano le sostanze inquinanti in giro per la Puglia, come minimo.
Taranto inoltre è una zona a grande vocazione agricola e i prodotti ortofrutticoli si possono trovare usualmente nei mercati di diverse città italiane. Considerate anche le interazioni negative nella provincia per avere un quadro chiaro della situazione, alto rischio ambientale e sanitario. Possiamo continuare a essere ottimisti?
E' per questi motivi che si chiede in coro unanime da parte delle associazioni di cittadini che nella stesura del Piano Energetico Provinciale siano adottate le dovute procedure democratiche con una concertazione partecipata ed attiva delle associazioni e dei cittadini. "Si susseguono vertiginosamente istanze per la realizzazione di inceneritori, impianti a
biomasse e cementifici, proposte accomunate da un unico comune denominatore identificabile con l'insaziabile desiderio di speculazioni economiche perpetrate da pochi soggetti sull'ambiente e sulla sempre più esposta salute dei cittadini - continuano i rappresentanti del comitato - ci attiveremo nelle singole città con iniziative di mobilitazione di massa, proporremo una Class Action Preventiva consistente nell'invitare tutti i cittadini a munirsi di certificazioni
mediche che attestino lo stato di salute attuale per poi chiedere il risarcimento dei danni sia agli amministratori politici che ai gestori industriali qualora dovessero insorgere patologie correlate all'inquinamento in tutte quelle sedi a rischio, come a Barletta laddove il cementificio vuole potenziare il carico di inquinanti o ad Andria e a Trani che saranno presto vittime delle polveri di un nuovo cementificio."
Spetta ai voi decidere se impugnare la spada o restare a guardare.