Il sindaco laico e i riti sacri di Barletta
Cascella riflette sul senso del venerdì santo
martedì 22 aprile 2014
«E' con emozione che ho ascoltato il cardinale Francesco Monterisi richiamare lo "spirito civile, aperto e solidale" della città di Barletta nel momento più solenne, in piazza Plebiscito, della processione eucaristico-penitenziale del Venerdì Santo». E' il sindaco Pasquale Cascella a scrivere: dopo aver partecipato alla processione del venerdì santo al seguito del corteo, come da tradizione, pone per iscritto una personale riflessione sui significati della festa, per i cristiani e per le istituzioni. «Ho potuto meglio comprendere, in quel momento, perché Victor Rivera Magos abbia definito un "ossimoro" la partecipazione del sindaco laico della città a questo evento sacro. Come tale è espressione di fede religiosa ma nella storica continuità con il "voto" del 20 dicembre del 1504, e nel naturale adattamento ai tempi, mantiene anche un evidente carattere istituzionale. Bastava osservare lo stemma della Città posto sul baldacchino che ha accompagnato lungo l'intera processione, l'antica urna d'argento donata a suo tempo dal Comune in omaggio alle "Divine Misericordie", ma anche sui paramenti dei diaconi che a piedi scalzi hanno portato lo scrigno per le strade cittadine.
Era il segno di un reciproco vincolo di una "consegna" della memoria di cui l'intera città può esprimere la sua naturale aspirazione a liberarsi dai mali che nel tempo – allora la pestilenza, poi le guerre, oggi le fratture sociali – colpiscono la collettività. Non ci può essere nulla di più "sacro" ma anche di più "laico" della "consegna" delle chiavi di quell'urna in cui si ripongono le sensibilità profonde di ciascun cittadino e della comunità nel suo insieme. Ecco perché al doveroso rispetto della manifestazione pubblica della fede di tanti concittadini si può e si deve accompagnare la condivisione di un messaggio di impegno civile "ne' presenti bisogni", proprio come dettava la delibera di "noi Sindaci, Eletti e Deputati" di cinquecento anni fa».
Era il segno di un reciproco vincolo di una "consegna" della memoria di cui l'intera città può esprimere la sua naturale aspirazione a liberarsi dai mali che nel tempo – allora la pestilenza, poi le guerre, oggi le fratture sociali – colpiscono la collettività. Non ci può essere nulla di più "sacro" ma anche di più "laico" della "consegna" delle chiavi di quell'urna in cui si ripongono le sensibilità profonde di ciascun cittadino e della comunità nel suo insieme. Ecco perché al doveroso rispetto della manifestazione pubblica della fede di tanti concittadini si può e si deve accompagnare la condivisione di un messaggio di impegno civile "ne' presenti bisogni", proprio come dettava la delibera di "noi Sindaci, Eletti e Deputati" di cinquecento anni fa».