Il sindaco Cascella saluta la cittadinanza in una lunga lettera
«Avevamo una missione in cui credere. Ci abbiamo provato senza mai cedere alla propaganda o temere l'impopolarità»
sabato 5 maggio 2018
«Cari cittadini tutti, il rendiconto dell'attività amministrativa è già stato reso pubblico nei termini previsti dalla legge. Ora è doveroso dare conto dello spirito con cui si è assolto al mandato ricevuto dagli elettori in un momento difficile e critico della città. E' stata una "sfida" continua, affrontata insieme, passo dopo passo, questione per questione, sempre con spirito di servizio, rigore istituzionale e rispetto della dialettica politica. Con coerenza anche, fino all'ultimo atto politico delle dimissioni, motivate dalla stessa visione del cambiamento della città proposta cinque anni fa agli elettori. Da qualche parte si è cercato di spacciarle come una forzatura. Eppure sono servite a rimuovere resistenze e a superare gli ostacoli frapposti alla revisione di una strumentazione urbanistica stravolta da 40 anni di varianti e lottizzazioni edilizie di ogni genere.
L'atto che qualcuno riteneva talmente illegittimo da non doversi nemmeno esaminare in Consiglio comunale, all'improvviso, dopo le dimissioni, è diventato possibile. Anzi in virtù di qualche generico emendamento, prima pervicacemente occulto in tutte le sedi di partecipazione e di confronto pubblico, si è aggregata una maggioranza del tutto inedita rispetto alla travagliate vicende dell'intera consigliatura. Non è mai troppo tardi, si potrebbe dire. E non ho esitato a riconoscere subito, di fronte all'assemblea consiliare, che così come la precedente mancata deliberazione non era soltanto una sconfitta del sindaco ma anche dell'istituzione rappresentativa della sovranità popolare, era ugualmente da considerarsi una vittoria non solo dell'Amministrazione ma dell'intero Consiglio la soluzione di continuità rispetto all'annosa indifferenza per lo stravolgimento urbanistico della città. E', però, legittimo interrogarsi sulla parte di quel passato che continua a ostacolare appropriate assunzioni di responsabilità nel presente e, magari, condizionare le scelte future: d'insieme, dall'urbanistica all'economia, all'ambiente, al patrimonio storico, culturale e paesaggistico.
Emergono già opzioni politiche che rendono rovente una campagna elettorale amministrativa segnata dalla scomposizione degli schieramenti di maggioranza e di opposizione. Non sono anche questi l'effetto dei sommovimenti che nel tempo hanno reso irriconoscibile l'assetto del Consiglio comunale, mentre si continuava a far finta di non vedere, non sentire e non parlare dell'alterazione della vita democratica? Servono, allora, ancora atti forti per ricostruire identità smarrite e credibili gruppi dirigenti. Ecco perché la conferma delle dimissioni, non costituisce una rinuncia o, peggio, una resa, ma offre un ulteriore - l'ultimo - contributo di verità sul senso della straordinaria esperienza portata di fatto a compimento. Si è arrivati al paradosso di vedere gli stessi artefici delle più logoranti pratiche ostruzionistiche correre ad appropriarsi dei "risultati concreti" dell'Amministrazione. Senza rendersi conto della vacuità delle mistificazioni di parte su risultati che appartengono alla intera comunità.
Avevamo una missione in cui credere. Ci abbiamo provato senza mai cedere alla propaganda o temere l'impopolarità. Fino all'ultimo momento utile si è fatto leva sul dovere civico per risolvere e non rimuovere i problemi, costruire e non demolire, guardare avanti e non indietro, puntare a comporre l'interesse generale e non inseguire i particolarismi. Per quanti errori si possa aver commesso, per quanto lento sia sembrato il passo rispetto all'incalzare delle questioni, per quanto inadeguato sia stato il riassetto della macchina amministrativa, per quanti problemi siano rimasti aperti, non si è però consentito di intaccare il rigore, la trasparenza, la legalità, il valore della cosa pubblica, che restano risorse preziose per riconquistare alla politica la visione più autentica del servizio alla comunità.
E' indubbio il costo personale della rinuncia a completare formalmente il mandato: è stato evidente persino nell'assillo delle ultime ore nel consegnare alla città almeno qualche significativa testimonianza dello sforzo condiviso in questi anni. Ma non saranno certo una quarantina di giorni di ordinaria amministrazione a sciogliere i nodi politici che la conclusione della legislatura ha portato al pettine.
Cinque anni fa, appena consumato il primo dei tanti momenti di tensione della consigliatura, avevamo assunto l'impegno a raccogliere l'occasione offerta dagli elettori alla politica "di fare ammenda dei propri errori e rigenerarsi". Eravamo tutti chiamati alla responsabilità – ad un tempo istituzionale, politica e civile – di rispettare il bene pubblico. Inesorabilmente la crisi del sistema politico ha finito per travolgere anche gli enti locali e non basta il cambio di una veste per ritenersi assolti da ogni peccato e scagliare pietre. Serve, semmai, liberare il confronto sui limiti e le potenzialità, sui difetti e le qualità dell'esperienza di questi 5 anni. È stata una prova umanamente emozionante e politicamente appassionante, e sono sinceramente grato non solo a quanti hanno sostenuto e condiviso il percorso di cambiamento faticosamente avviato, ma anche a chi ha legittimamente concepito il conflitto politico come altra cosa rispetto alla discordia che le stesse mura storiche della città ricordano essere distruttiva.
Si rifletta sempre su questo monito. Soprattutto da parte delle forze del progresso che cinque anni fa erano state investite di un compito ancora più ambizioso: ricomporre la propria unità attorno al bene futuro della città. In tutta onestà questo obiettivo è rimasto irrisolto: ai vecchi conflitti si sono aggiunte nuove contrapposizioni. Come non riconoscerlo, con l'ultima assunzione di responsabilità, morale e politica di liberare almeno il campo delle attività amministrative dalle lacerazioni, dalle pregiudiziali, dalle schermaglie elettoralistiche?
Questa è la prova che meritava l'ultima verifica di coerenza, politica appunto. Per favorire un confronto vero, duro ma leale, sulle idee, i programmi, i progetti, le alleanze, gli uomini e le donne con cui rilanciare la sfida del cambiamento che la città merita. Con gratitudine».
L'atto che qualcuno riteneva talmente illegittimo da non doversi nemmeno esaminare in Consiglio comunale, all'improvviso, dopo le dimissioni, è diventato possibile. Anzi in virtù di qualche generico emendamento, prima pervicacemente occulto in tutte le sedi di partecipazione e di confronto pubblico, si è aggregata una maggioranza del tutto inedita rispetto alla travagliate vicende dell'intera consigliatura. Non è mai troppo tardi, si potrebbe dire. E non ho esitato a riconoscere subito, di fronte all'assemblea consiliare, che così come la precedente mancata deliberazione non era soltanto una sconfitta del sindaco ma anche dell'istituzione rappresentativa della sovranità popolare, era ugualmente da considerarsi una vittoria non solo dell'Amministrazione ma dell'intero Consiglio la soluzione di continuità rispetto all'annosa indifferenza per lo stravolgimento urbanistico della città. E', però, legittimo interrogarsi sulla parte di quel passato che continua a ostacolare appropriate assunzioni di responsabilità nel presente e, magari, condizionare le scelte future: d'insieme, dall'urbanistica all'economia, all'ambiente, al patrimonio storico, culturale e paesaggistico.
Emergono già opzioni politiche che rendono rovente una campagna elettorale amministrativa segnata dalla scomposizione degli schieramenti di maggioranza e di opposizione. Non sono anche questi l'effetto dei sommovimenti che nel tempo hanno reso irriconoscibile l'assetto del Consiglio comunale, mentre si continuava a far finta di non vedere, non sentire e non parlare dell'alterazione della vita democratica? Servono, allora, ancora atti forti per ricostruire identità smarrite e credibili gruppi dirigenti. Ecco perché la conferma delle dimissioni, non costituisce una rinuncia o, peggio, una resa, ma offre un ulteriore - l'ultimo - contributo di verità sul senso della straordinaria esperienza portata di fatto a compimento. Si è arrivati al paradosso di vedere gli stessi artefici delle più logoranti pratiche ostruzionistiche correre ad appropriarsi dei "risultati concreti" dell'Amministrazione. Senza rendersi conto della vacuità delle mistificazioni di parte su risultati che appartengono alla intera comunità.
Avevamo una missione in cui credere. Ci abbiamo provato senza mai cedere alla propaganda o temere l'impopolarità. Fino all'ultimo momento utile si è fatto leva sul dovere civico per risolvere e non rimuovere i problemi, costruire e non demolire, guardare avanti e non indietro, puntare a comporre l'interesse generale e non inseguire i particolarismi. Per quanti errori si possa aver commesso, per quanto lento sia sembrato il passo rispetto all'incalzare delle questioni, per quanto inadeguato sia stato il riassetto della macchina amministrativa, per quanti problemi siano rimasti aperti, non si è però consentito di intaccare il rigore, la trasparenza, la legalità, il valore della cosa pubblica, che restano risorse preziose per riconquistare alla politica la visione più autentica del servizio alla comunità.
E' indubbio il costo personale della rinuncia a completare formalmente il mandato: è stato evidente persino nell'assillo delle ultime ore nel consegnare alla città almeno qualche significativa testimonianza dello sforzo condiviso in questi anni. Ma non saranno certo una quarantina di giorni di ordinaria amministrazione a sciogliere i nodi politici che la conclusione della legislatura ha portato al pettine.
Cinque anni fa, appena consumato il primo dei tanti momenti di tensione della consigliatura, avevamo assunto l'impegno a raccogliere l'occasione offerta dagli elettori alla politica "di fare ammenda dei propri errori e rigenerarsi". Eravamo tutti chiamati alla responsabilità – ad un tempo istituzionale, politica e civile – di rispettare il bene pubblico. Inesorabilmente la crisi del sistema politico ha finito per travolgere anche gli enti locali e non basta il cambio di una veste per ritenersi assolti da ogni peccato e scagliare pietre. Serve, semmai, liberare il confronto sui limiti e le potenzialità, sui difetti e le qualità dell'esperienza di questi 5 anni. È stata una prova umanamente emozionante e politicamente appassionante, e sono sinceramente grato non solo a quanti hanno sostenuto e condiviso il percorso di cambiamento faticosamente avviato, ma anche a chi ha legittimamente concepito il conflitto politico come altra cosa rispetto alla discordia che le stesse mura storiche della città ricordano essere distruttiva.
Si rifletta sempre su questo monito. Soprattutto da parte delle forze del progresso che cinque anni fa erano state investite di un compito ancora più ambizioso: ricomporre la propria unità attorno al bene futuro della città. In tutta onestà questo obiettivo è rimasto irrisolto: ai vecchi conflitti si sono aggiunte nuove contrapposizioni. Come non riconoscerlo, con l'ultima assunzione di responsabilità, morale e politica di liberare almeno il campo delle attività amministrative dalle lacerazioni, dalle pregiudiziali, dalle schermaglie elettoralistiche?
Questa è la prova che meritava l'ultima verifica di coerenza, politica appunto. Per favorire un confronto vero, duro ma leale, sulle idee, i programmi, i progetti, le alleanze, gli uomini e le donne con cui rilanciare la sfida del cambiamento che la città merita. Con gratitudine».