Il Mezzogiorno, un deserto industriale tra calo del Pil e disoccupazione

La drammatica fotografia scattata dal rapporto Svimez 2013

martedì 22 ottobre 2013 9.48
A cura di Luca Guerra
Il Sud? Un deserto industriale in preda alla caduta del prodotto interno lordo e stretto nella morsa dell'aumento del tasso di disoccupazione. E' questa la fotografia del Mezzogiorno scattata dal rapporto Svimez 2013, presentato giovedì a Roma. Tra il 2007 e il 2011 il Pil del Sud ha subito una riduzione del 6,1%, con un prodotto pro capite di 17.246 euro. Allarmanti anche i dati sul tasso di disoccupazione totale, salito al 15,7%, mentre in Puglia la nota preoccupante riguarda i redditi: l'1,4% delle famiglie residenti nella nostra regione ha un reddito inferiore ai 6000 euro annui, 12.000 euro l'anno per il 7,9% mentre il 42,3% è rappresentato da famiglie monoreddito. In Puglia il Pil 2012 è sceso del 3% rispetto all'anno precedente, con un Pil pro capite di 17.246,5 euro. Preoccupanti anche i dati sulle ore di Cig totale per l'attività manifatturiera, 33.348. Vediamo nel dettaglio i focus principali messi in luce dal rapporto Svimez.

Posti di lavoro, sempre meno - Cali del 2% al Sud, dell'1,2% al Centro-Nord,: numeri che porterebbero, se confermati, in cinque anni, dal 2008 al 2013, a 560mila posti di lavoro persi nel Sud (pari al 9% dello stock) e nel Centro-Nord a 960mila posti persi, pari al 5,5% dell'occupazione totale. Nel 2012 gli occupati in Italia sono stati 22 milioni 899mila unità, 69mila in meno rispetto al 2011, con una flessione dello 0,3% (-0,6% nel Mezzogiorno, -0,2% nel CentroNord). Nel primo trimestre 2013 il Sud ha perso 166mila posti di lavoro rispetto all'anno precedente, 244mila il Centro-Nord. Gli occupati nel Mezzogiorno scendono quindi nei primi mesi del 2013 sotto la soglia dei 6 milioni: non accadeva da 36 anni, dal 1977. Nel 2012 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 43,8% nel Mezzogiorno e del 63,8% nel Centro-Nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in Abruzzo (56,8%), il più basso in Campania, dove lavora solo il 40% della popolazione in età da lavoro.

Consumi e investimenti a picco - In netta flessione sia consumi che investimenti; e le esportazioni, pur in crescita, non riescono ad incidere sull'andamento negativo del Pil meridionale. I consumi finali interni nel 2012 sono crollati al Sud del -4,3%, oltre mezzo punto percentuale in più rispetto al Centro-Nord (-3,8%). In forte calo anche i consumi delle famiglie, -4,8% al Sud, contro il -3,5% dell'altra ripartizione. Nel complesso, negli anni della crisi, dal 2008 al 2012, i consumi della famiglie meridionali sono sprofondati del 9,3%, oltre due volte in più del Centro-Nord (-3,5%). Particolarmente in contrazione al Sud la spesa delle famiglie per i consumi alimentari (-11,3%) e per vestiario e calzature (-19%). Giù anche gli investimenti: - 8,6% al Sud, rispetto al pur negativo -7,8% dell'altra ripartizione, che segue al -3,9% dell'anno precedente. Negli anni della crisi, dal 2008 al 2012, gli investimenti sono crollati al Sud del 25,8%, con un peso determinante dell'industria (-47% dal 2007 al 2012), cifra che rende bene la dimensione epocale della crisi.

Più tasse e meno spese - Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, la riduzione delle entrate correnti complessive è stata dell'1,67% medio annuo, minore nel Mezzogiorno (-1,55%) rispetto al Centro-Nord (-1,8%): per effetto soprattutto dei piani di rientro sanitario, si è verificato un aumento della pressione fiscale nell'area meridionale, dovuto a IRAP e addizionale IRPEF. Alla più elevata pressione fiscale si accompagna una spesa pro capite più bassa, sia corrente che in conto capitale. Escludendo la spesa degli enti previdenziali, la spesa pro capite al Sud nel 2011 è risultata pari al 92% del livello pro capite del CentroNord: non hanno quindi consistenza le affermazioni secondo cui il volume di spesa pubblica del Mezzogiorno sarebbe elevato. Anzi: guardando alle regioni a statuto ordinario, emerge che le spese correnti sono diminuite al Sud del 2,1% medio annuo dal 2007, mentre nel Centro-Nord dell'1,2%.

Il futuro - Secondo la Svimez, la recessione proseguirà: il Pil italiano dovrebbe calare dell'1,8%, quale risultato del - 1,6% del Centro-Nord e del -2,5% del Sud. A causare la contrazione dell'attività produttiva il forte calo dei consumi (stimato in -2,9% al Centro-Nord, che diventa – 4,4% al Sud) e il crollo degli investimenti, -11,5%, a fronte di un calo nazionale del - 6,7%. Giù anche il reddito disponibile, -2% al Sud, -1,3% al Centro-Nord, una contrazione preoccupante, poiché si verifica da due anni consecutivi. Solo nel 2014, per Svimez, il Pil nazionale è previsto a +0,7%, invertendo la tendenza recessiva dell'anno precedente. In questo contesto il Pil del Centro-Nord dovrebbe trainare l'inversione di tendenza con +0,9%, mentre quello del Mezzogiorno resterebbe inchiodato allo 0,1%.

I commenti di Vendola e Pugliese - "Molti dei nemici del Sud sono al Sud, un pezzo di classe dirigente collusa e corrotta. Abbiamo bisogno di rimettere la conoscenza del Mezzogiorno dentro il dibattito pubblico" così ha commentato i dati il governatore pugliese Nichi Vendola. "Serve innanzitutto la capacità del Sud di alzarsi in piedi, di stare a schiena diritta, di combattere in prima persona le proprie patologie, i propri nemici" ha aggiunto il presidente della Regione Puglia. "Forse sarebbe stato più opportuno – ha dichiarato alla stampa il segretario generale della Uil di Puglia e di Bari, Aldo Pugliese - che il presidente del Consiglio Letta si fosse dato una lettura in anteprima all'ultimo rapporto Svimez, in maniera da dare un ripasso ai problemi del Mezzogiorno".