Il gender gap: cos'è e quali sono i dati in Puglia
Anche nella nostra regione i dati sul divario di genere non sono ottimi, nonostante alcuni accenni di cambiamento
martedì 29 giugno 2021
17.28
Cos'è il gender gap?
Una tra le primissime volte in cui è stata utilizzata questa espressione è stata quando il World Economic Forum nel 2006 ha cercato di fornire un quadro generale di quello che era il divario di genere per tutto il mondo. La situazione venne approfondita Paese per Paese, con quadri specifici poi, anche nelle regioni italiane. Si tratta di individuare in tutti i campi – lavorativo, salariale, sociale, preparazione, istruzione – le differenze che non permettono di raggiungere le pari opportunità. Se da un lato la differenza garantisce la pluralità delle esperienze e dei punti di vista, è anche vero che coniugata in disparità può e ha generato un gap - un divario -, la cui unica motivazione è il genere.
Dietro ci sono motivazioni storiche radicate dall'inizio della storia umana o nelle primissime forme di racconto come quelle religiose. Milioni di usanze reiterate per milioni di anni, insediate anche in forme più subdole e nascoste. Il fatto che sia un tema stringente lo dimostra l'inserimento al centro delle agende politiche. Tuttavia, mai come negli ultimi anni ha avuto la risonanza che merita, complice la pandemia, ma ancor prima la violenza di genere, i femminicidi e i fenomeni di diffusione non consensuale di immagini intime.
«Se ci sono più uomini imprenditori è perché sono più bravi», ha detto qualcuno, anzi più di uno.
È una delle frasi dette da molti che non masticano e non conosco cosa sia il divario di genere, un modo come un altro per trovare una spiegazione semplicistica e non scientifica del fenomeno. Secondo i dati Arti – Instant Report del 7 aprile 2021 sulla situazione occupazionale delle donne in Puglia, il tasso di occupazione, seguendo l'evoluzione della carriera in corrispondenza degli anni, è a vantaggio di ben 12 punti per gli uomini. Anche la retribuzione lorda in Italia è inferiore per le donne rispetto a quella degli uomini. L'Istituto nazionale di statistiche (ISTAT) del 2019 riporta che in Puglia, le donne attive – in età non inferiore ai 15 anni – sono il 51,8%. Le occupate non superano il 40% del totale degli occupati. Tra le occupate il 53,5% è rappresentato dal corpo studentesco e le casalinghe rappresentano il 96%.
Anche le Indagini AlmaDiploma e AlmaLaurea ci dicono che le donne innanzitutto studiano più, hanno più interessi e voti più alti rispetto alla controparte maschile. Alla fine della favola, rimane la retribuzione inferiore per l'Italia e anche per la Puglia. Nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, ad un basso tasso occupazionale corrisponde un alto divario di genere.
In particolare, la Puglia registra il divario di genere più elevato.
Passiamo alle imprenditrici pugliesi: solo il 10,7% sul totale delle donne occupate.
A fronte dei dati riportati, è ancora possibile parlare di una maggiore bravura degli uomini rispetto alle donne?
La supposizione avanzata è quella che la bravura non si manifesti nella distinzione biologica dei sessi, quanto nelle possibilità offerte, nell'investimento su figure preparate e competenti. Questo significa osservare la storia con le lenti del genere e cioè, essere consapevoli che per anni si è perpetuata quella subalternità femminile, dettata prevalentemente dalla prestanza fisica. Per gli stessi anni sono state erette credenze e stereotipi secondo cui le donne sono "le svantaggiate, le inferiori", che hanno portato per esempio, a definire il ciclo mestruale come una condanna – anche qui, sono innumerevoli le leggende che vi sono nate in merito -. Essere consapevoli significa colmare il gap con politiche adeguate che paradossalmente, ammettono la disparità diffusa per anni e che ancora combattiamo per giungere alla parità.
Molte sono le iniziative che riguardano la Puglia che sono state messe in atto per tentare di dare una prima accelerata al percorso delle pari opportunità. Il rettore Uniba nella giornata del 28 maggio 2021 ha annunciato la riduzione delle tasse per le studentesse di alcuni corsi – prevalentemente corsi STEM – in cui le iscrizioni sono esigue. O l'assessore al Welfare Rosa Barone che ai Sindaci e ai Presidenti dei Consigli Comunali ha chiesto di promuovere iniziativa di sensibilizzazione per ridurre la cosiddetta "Tampon Tax", una tassa ingiusta che posiziona gli assorbenti come bene di lusso e quindi, con un'Iva pari al 22%.
Nonostante il femminismo – che crede solo nelle pari opportunità – e le attiviste stiano alzando la voce per farsi sentire su più fronti, chiedo su quali basi si pensa di aver raggiunto la parità o perché si osteggia il femminismo quando ne si parla? Se c'è ancora una sola persona che afferma che «Tutti gli imprenditori sono maschi perché sono più bravi», come possiamo parlare di parità o di educazione alla parità? E tutte le volte che si associa il femminismo ad una esagerazione non è che forse, sia ancora lo sguardo maschile a voler schiacciare quello femminile e a riuscirci?
Una tra le primissime volte in cui è stata utilizzata questa espressione è stata quando il World Economic Forum nel 2006 ha cercato di fornire un quadro generale di quello che era il divario di genere per tutto il mondo. La situazione venne approfondita Paese per Paese, con quadri specifici poi, anche nelle regioni italiane. Si tratta di individuare in tutti i campi – lavorativo, salariale, sociale, preparazione, istruzione – le differenze che non permettono di raggiungere le pari opportunità. Se da un lato la differenza garantisce la pluralità delle esperienze e dei punti di vista, è anche vero che coniugata in disparità può e ha generato un gap - un divario -, la cui unica motivazione è il genere.
Dietro ci sono motivazioni storiche radicate dall'inizio della storia umana o nelle primissime forme di racconto come quelle religiose. Milioni di usanze reiterate per milioni di anni, insediate anche in forme più subdole e nascoste. Il fatto che sia un tema stringente lo dimostra l'inserimento al centro delle agende politiche. Tuttavia, mai come negli ultimi anni ha avuto la risonanza che merita, complice la pandemia, ma ancor prima la violenza di genere, i femminicidi e i fenomeni di diffusione non consensuale di immagini intime.
«Se ci sono più uomini imprenditori è perché sono più bravi», ha detto qualcuno, anzi più di uno.
È una delle frasi dette da molti che non masticano e non conosco cosa sia il divario di genere, un modo come un altro per trovare una spiegazione semplicistica e non scientifica del fenomeno. Secondo i dati Arti – Instant Report del 7 aprile 2021 sulla situazione occupazionale delle donne in Puglia, il tasso di occupazione, seguendo l'evoluzione della carriera in corrispondenza degli anni, è a vantaggio di ben 12 punti per gli uomini. Anche la retribuzione lorda in Italia è inferiore per le donne rispetto a quella degli uomini. L'Istituto nazionale di statistiche (ISTAT) del 2019 riporta che in Puglia, le donne attive – in età non inferiore ai 15 anni – sono il 51,8%. Le occupate non superano il 40% del totale degli occupati. Tra le occupate il 53,5% è rappresentato dal corpo studentesco e le casalinghe rappresentano il 96%.
Anche le Indagini AlmaDiploma e AlmaLaurea ci dicono che le donne innanzitutto studiano più, hanno più interessi e voti più alti rispetto alla controparte maschile. Alla fine della favola, rimane la retribuzione inferiore per l'Italia e anche per la Puglia. Nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, ad un basso tasso occupazionale corrisponde un alto divario di genere.
In particolare, la Puglia registra il divario di genere più elevato.
Passiamo alle imprenditrici pugliesi: solo il 10,7% sul totale delle donne occupate.
A fronte dei dati riportati, è ancora possibile parlare di una maggiore bravura degli uomini rispetto alle donne?
La supposizione avanzata è quella che la bravura non si manifesti nella distinzione biologica dei sessi, quanto nelle possibilità offerte, nell'investimento su figure preparate e competenti. Questo significa osservare la storia con le lenti del genere e cioè, essere consapevoli che per anni si è perpetuata quella subalternità femminile, dettata prevalentemente dalla prestanza fisica. Per gli stessi anni sono state erette credenze e stereotipi secondo cui le donne sono "le svantaggiate, le inferiori", che hanno portato per esempio, a definire il ciclo mestruale come una condanna – anche qui, sono innumerevoli le leggende che vi sono nate in merito -. Essere consapevoli significa colmare il gap con politiche adeguate che paradossalmente, ammettono la disparità diffusa per anni e che ancora combattiamo per giungere alla parità.
Molte sono le iniziative che riguardano la Puglia che sono state messe in atto per tentare di dare una prima accelerata al percorso delle pari opportunità. Il rettore Uniba nella giornata del 28 maggio 2021 ha annunciato la riduzione delle tasse per le studentesse di alcuni corsi – prevalentemente corsi STEM – in cui le iscrizioni sono esigue. O l'assessore al Welfare Rosa Barone che ai Sindaci e ai Presidenti dei Consigli Comunali ha chiesto di promuovere iniziativa di sensibilizzazione per ridurre la cosiddetta "Tampon Tax", una tassa ingiusta che posiziona gli assorbenti come bene di lusso e quindi, con un'Iva pari al 22%.
Nonostante il femminismo – che crede solo nelle pari opportunità – e le attiviste stiano alzando la voce per farsi sentire su più fronti, chiedo su quali basi si pensa di aver raggiunto la parità o perché si osteggia il femminismo quando ne si parla? Se c'è ancora una sola persona che afferma che «Tutti gli imprenditori sono maschi perché sono più bravi», come possiamo parlare di parità o di educazione alla parità? E tutte le volte che si associa il femminismo ad una esagerazione non è che forse, sia ancora lo sguardo maschile a voler schiacciare quello femminile e a riuscirci?