Il cristiano e la Passione di Gesù

«Chissà se, un giorno, avrò la forza di Simone di Cirene»

domenica 29 marzo 2015 20.08
In questa domenica, dopo aver fatto la commemorazione dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, si proclama il racconto della passione di Gesù, tratto quest'anno dal Vangelo di Marco (14,1-15,47). Riportiamo il testo dell'ingresso a Gerusalemme lasciando alla lettura personale la Passione, a cui la successiva riflessione fa eco.

Dal vangelo secondo Marco: "Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito"». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!»".

Ci sono dei momenti in cui, pur nelle avversità,
avverti la Sua forza; e non la puoi trattenere!
È così che, a larghe mani, la condividi con chi è sfiduciato. (I lettura)
Poi viene l'ora della prova!
E se, da una parte, gli urli: "Perché mi hai abbandonato?"
dall'altra, in quel grido riacquisti forza
e avverti il bisogno di dire, con Gesù:
"Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli!" (salmo)
Prima che io cominci a frequentare la tua scuola
Tu hai frequentato la mia
e sei diventato, pur essendo Dio,
mio maestro in umanità,
perché della mia natura hai condiviso
persino il dolore e la morte. (II lettura)
Un giorno il Padre ti aveva consacrato
con l'unzione dello Spirito;
ma quel giorno il profumo versato sul tuo capo
da fragili mani di umanità peccatrice,
- che, temendo di perderti, ti ha unto in anticipo, -
quel gesto, no!, non sarà mai dimenticato.
Segno di quel Vangelo della tenerezza che Tu hai insegnato.
Il tradimento non può esser valutato,
perché l'averti per Amico non ha prezzo.
Tu stesso sarai mio cibo
perché sei Tu la nostra Pasqua.
La tua risposta a chi ieri, come me, ti ha consegnato,
si fa premurosa preparazione per l'ultima Pasqua di ombra sulla terra:
tutte le altre saranno luminose, saranno in tua memoria!
E quando a tavola, seduti, per un gesto dì comunione
Tu annunci il tradimento, allora siedo e,
come loro,
beneficio anch'io, peccatore e traditore,
del dono più grande dell'Amore:
il tuo Corpo per me dato,
il tuo Sangue per me versato.
La situazione precipita; non solo tradimento
ma finanche rinnegamento, e per giunta triplice:
è quella vergogna che io provo nel dirmi
amico Tuo, figlio di Dio e cristiano.
Quanto ti sento vicino in quella tua preghiera al Getsemani,
non tanto per le parole, anch'esse sublimi,
quanto per i sentimenti, tutti umani, che, come me hai provato:
paura e angoscia.
Come le hai vinte?
"Con l'abbandono fiducioso nelle mani del Padre".
E mentre dormo anch'io per non risponderti
Tu ti consegni a chi ti ha consegnato.
E, nonostante il mio amore ingrato,
anche per me, quel giorno, ti sei consegnato!
E un bacio, che doveva esser segno d'amore e di passione,
segna l'inizio di quel cammino
in cui vivi la Passione tua per Amore nostro.
Tante accuse hanno mosso contro te al Sinedrio,
poi al Pretorio. Come quelle che muovono
dal silenzioso buio del mio cuore
quando continuo a ricercare un dio
che compie meraviglie a modo mio,
quando mi ribello a un Dio mansueto
e anch'io ricerco i segni del potere.
Allora come Pietro ti rinnego
o mi nascondo nella folla e, dopo averti acclamato,
ti condanno.
Quante volte ti ho vestito a modo mio,
e ti ho caricato croci che io neppure sfioro con un dito.
Chissà se, un giorno, avrò la forza di Simone di Cirene:
condividere quella croce
in cui sarebbe stato crocifisso
non il tuo, ma il mio peccato.
E l'orda degli insulti si propaga;
lo so, è facile lanciare sfide contro chi ha piedi e mani inchiodati.
Ma con quelle mani, quelle inchiodate, continui a dirmi:
"Io sono qui, ad aspettare te, a braccia aperte".
Poi il grido in cui rimetti al Padre, da cui tutto era nato,
la vita tua e la nostra, la tua per me!

In tanta tenebra un solo raggio di luce.
Solo lui, un centurione romano, un pagano,
ha saputo confessarti.
Non quando moltiplicavi i pani e i pesci.
Non quando guarivi ciechi e storpi.
E neanche quando risuscitavi i morti.
Ma quando giacevi esanime
sul legno che da secco si fece verde,
per ricominciare la storia lì,
dove l'uomo e la donna pensavano di cominciarla.
Poi ti lasci seppellire, come un chicco di grano,
perché, caduto nella terra, tu possa far tornare
a germogliare la vita. E la speranza in me.

[don Vito]