Il «coraggio» e l’«incoscienza» di essere ai vertici del Pd
Seconda parte dell’intervista a Chiarello, Nasca e Spadafora. I giovani e la politica, il Pd e il loro ruolo presente e futuro nel partito
mercoledì 6 giugno 2012
1.23
Un confronto a tre, sul proprio agire e su quello degli altri. Questo lo spirito della seconda parte dell'intervista (segue alla prima parte dell'intervista pubblicata mercoledì scorso, 30 maggio) al segretario Pd Stefano Chiarello, alla presidentessa Pd Paola Nasca e alla vicesegretaria Pd Caterina Spadafora.
Siete tre giovani, ai vertici del Partito Democratico di Barletta. Potete dire di essere indipendenti?
Spadafora: Se per indipendenza intendi l'indipendenza rispetto al rappresentante che in questo momento è in auge nella mia area, e quindi da Ruggero, ti posso garantire che ognuna delle persone che fa parte dell'area Modem ha capacità e onestà intellettuale, per cui agisce secondo la propria coscienza e sensibilità politica. Indipendente rispetto ad un'area, sarei incoerente: se io sposo un progetto politico, vuol dire che ne condivido ogni singola parte, quindi, quando agisco, agisco condizionata, nell'accezione positiva, rispetto a quelli che sono i valori che in quell'area, e quindi nel partito in generale, mi spingono ad andare avanti. Se mi chiedi se ho un padrone, la mia risposta è no. Se mi chiedi se ho degli ideali ai quali mi appello ogni qualvolta ho un agire politico, la mia risposta è si.
Nasca: Rivendico l'indipendenza del mio pensare. Se sono qui a dire quello che voglio, è perché mi ha chiamato il segretario e ho detto si, senza chiedere l'autorizzazione di nessuno. Dopo di che, quando si sceglie di fare politica in maniera strutturata all'interno di un partito come il Pd, ma come mi auguro siano tutti i partiti, non si può essere completamente indipendenti, perché altrimenti sarei un battitore libero. Io in politica contesto molto i battitori liberi, contesto quelli che, per ambizioni personali e per voler arrivare chissà dove, fanno fughe in avanti senza tener conto di chi sta loro attorno, di logiche, di un ragionamento di squadra. Questo non vuol dire che il mio pensiero è condizionato dalle persone con cui faccio politica, ma credo che la politica non si possa fare da soli e credo che la politica non possa essere ben fatta, se fatta da persone che usano la politica per i propri fini, per carriere personali.
Chiarello: Io penso che la domanda sia riduttiva delle personalità di ognuno di noi. Non penso che né Catia, né io, né Paola, siamo dipendenti da qualcuno. Ciò detto, la politica è fatta di confronto, quindi deve essere confronto su idee e non su interessi particolari. E questo deve spingere l'impegno di noi giovani. Naturalmente non possiamo fare discorsi che poi si rivelano utopici, in quanto anche a quell'ondata di antipolitica, cosiddetta, ma dalla quale comunque si possono trarre degli elementi positivi e di riflessione, anzi siamo obbligati a trarne degli elementi di riflessione, poiché attualmente vi è una disaffezione verso la classe politica dirigente. Anche in quell'ambito vi sono dei meccanismi probabilmente molto più dittatoriali o che ingessano molto più il pensiero di ciascuno degli appartenenti ad una certa organizzazione, vediamo la situazione Grillo con Parma, rispetto a quanto avviene nel Pd, nel quale ci si confronta, vi possono essere delle posizioni divergenti, ma vi è un processo democratico.
Il Partito Democratico di Barletta è ancora un partito? E' ancora democratico?
S. Il Pd di Barletta è sicuramente ancora un partito, è retto da uno statuto e da degli organi. E' ancora democratico? Ci stiamo lavorando. Stiamo lavorando per rendere questo partito democratico. I confronti che spesso si leggono sui media sono gli stessi confronti che si sviluppano, quando è possibile, anche nei direttivi e nelle segreterie. Ma finchè c'è un confronto, con posizioni sicuramente divergenti, probabilmente c'è democrazia, perché non c'è uno che decide per tutti, ma c'è una maggioranza e una minoranza con idee divergenti, che stanno ancora rodando i sistemi democratici di affermazione dell'una e dell'altra.
N. Il Pd, secondo me, è un partito, ed è democratico proprio per tutto quello che si dice del Pd. Io difenderò strenuamente i litigi che ci sono all'interno del partito, e tutte le differenze di posizione che ogni volta emergono, proprio perché la differenza delle posizioni e delle idee è il più grande sintomo della ricchezza del partito. La democrazia molto spesso adesso, nell'opinione pubblica, è il litigio. La contestazione che si fa ai partiti: il Pd litiga, non riesce trovare sintesi, non ha una posizione definita. Secondo me è la vera ricchezza del Pd, perché sarà un partito che darà sempre a tutti la possibilità di parlare. I nostri direttivi sono lunghi, finiscono a notte fonda, perché tutti quanti hanno la possibilità di dire bene o male quello che vogliono.
C. Penso che non ci sia dubbio che il Pd sia un partito e che sia democratico. Nella riprova che siamo qua, segretario, presidente e vicesegretario, a fare un'intervista senza particolari preoccupazioni, possono emergere delle divergenze, ma le stesse vengono ricomposte all'interno delle nostre discussioni. Abbiamo dei direttivi: qualcuno li può definire ridondanti, troppo lunghi, ma quella è la nostra forza. All'ultimo direttivo ci sono stati 24 interventi. Naturalmente si è presa una decisione che alla fine può provocare degli scontenti, può avere dei difetti, ma la nostra forza è il confronto, e penso che il fatto che siamo qua a confrontarci liberamente sia anche il segnale di una voglia di aprire il partito, di fare quello sforzo nel senso di una dimensione più collettiva del partito e della politica in generale.
Cosa contestate e cosa riconoscete l'uno all'altro, e a voi stessi?
S. Cominciamo dal segretario. Gli riconosco, come riconosco ad ognuno di noi, il coraggio di aver preso un impegno, perché l'unica cosa che sto notando in questo periodo è la mancanza di coraggio da parte di molti e dei giovani, di credere in un ideale e di combattere per esso e rappresentarlo anche con posizioni scomode. Riconosco quindi a Paola, a Stefano, ma anche a me stessa, il coraggio di aver assunto quest'onere, prima che sia un onore. Cosa contesto: a Stefano gli contesto che spesso non ci si riesce a confrontare, e che lui appaia più il segretario di una parte, piuttosto che il segretario di un partito, e non abbia tutelato dei sistemi democratici che avrebbero potuto riconoscere un'altra anima in questo partito, per il valore aggiunto che esso ha. A Paola, come detto prima, le riconosco il coraggio, e soprattutto la lucidità che deve avere per il ruolo che ha. Io probabilmente sono troppo partigiana, non sarei mai riuscita ad essere presidente di un partito, perché sono troppo di parte. Cosa le contesto: Paola è da poco, a differenza mia e di Stefano, che ha preso parte della segreteria, quindi contestare qualcosa sarebbe infelice da parte mia. A me stessa, che cosa contesto? Probabilmente, visti i tempi e i modi del far politica oggi, io sono fuori tempo, sono poco diplomatica.
N. Partiamo dal segretario. Gli riconosco di sicuro il coraggio di aver assunto questo ruolo. Perché al Pd veramente si dice peste e corna di ogni genere, quindi il segretario sapendo di andare alla testa di un partito di questo genere, deve avere uno stomaco di ferro. Non posso contestare niente né all'uno né all'altra, semplicemente perché noi siamo in segreteria assieme da molto poco tempo. Sarebbe troppo facile per me contestare a loro quello che invece dovrei contestare alla loro storia politica, ma sarebbe una contestazione che partirebbe non so nemmeno da quanti anni. Quindi, quando dovrò fare delle contestazioni a loro gliele farò, ma perché ci sarà stato un percorso di segreteria che avrà portato a delle divergenze. Magari probabilmente, se rifacciamo la stessa intervista tra un anno, il motivo di contestazione lo trovo tranquillamente. Ora come ora, la sola contestazione che posso fare a Stefano, è quella di non aver trovato ancora una sede al piano terra, ma so che ci sta lavorando, perché il Pd ha problemi logistici. Riconosco a Catia l'essere partigiana: il suo essersi definita tale, è una cosa bellissima, ed è il suo valore aggiunto. Contesto a me stessa di aver acconsentito alla presidenza, sapendo di non potermelo permettere come tempi, perché effettivamente fare politica porta via tantissimo tempo, e io per il lavoro che faccio non ho molto tempo da dedicare, quindi tutto il tempo che sottraggo è tempo personale. Mi riconosco l'incoscienza di aver assunto il ruolo.
C. Speriamo che sarà possibile prendere una sede a piano terra, perché lo giudico importante per dare un luogo che sia veramente un punto d'incontro. Per quanto riguarda questo gioco dei pregi e dei difetti, premettendo, come hanno detto Paola e Catia, che è da poco che stiamo facendo questo percorso in segreteria, è un po' difficile dare dei giudizi positivi o negativi, soprattutto se si considera il fatto che in questo periodo c'è stata la vicenda amministrativa, una vicenda che disturba un percorso che deve essere più politico ed ideale, piuttosto che di rappresentanza amministrativa delle diverse aree del partito. Di sicuro posso riconoscere ad entrambe la tenacia. A Catia di sicuro il fatto di essere partigiana. Naturalmente, ognuno deve cercare di interpretare il ruolo che adesso ci troviamo a rivestire, in maniera che faciliti il dialogo. Nell'essere partigiani, dobbiamo interpretare il nostro ruolo in maniera conciliante e dialogante, con tutte le parti del partito, e quindi toglierci gli occhiali attraverso i quali guardiamo la realtà politica, che possono essere gli occhiali della nostra provenienza di area, e guardare alle vicende politiche che ci riguardano in maniera un po' più serena e più disposta al confronto. Per me stesso: l'incoscienza e il coraggio, L'incoscienza può essere un difetto, il coraggio un pregio. Allo stesso tempo, il fatto di credere in questo impegno, alcuni possono vederlo come un difetto. Naturalmente, chi, come me, crede nell'impegno politico e civile, lo vede come un pregio.
Quale sarà il futuro prossimo del Partito Democratico e del vostro ruolo al suo interno? Continuerete a far parte di questo partito?
S. Quale sarà il futuro prossimo… Dovremmo fare una segreteria per decidere (ridendo) la linea politica di questo partito. A livello locale, sarà quello che è stato definito, mi auguro, nella tesi congressuale dell'area di maggioranza. Quella è l'idea di partito che ha vinto. Spero che diventi un partito che dialoghi con i suoi rappresentanti istituzionali, sia politici come gli assessori, sia amministrativi come i consiglieri comunali. Un partito che veramente faccia da pungolo all'amministrazione e quindi ponga una serie di interrogativi che nasceranno da un dibattito interno. Interrogativi sull'ambiente, sulla politica del ciclo dei rifiuti, sulle politiche sociali, su tutti quei temi che condizionano le linee programmatiche di Maffei e che dovrebbero essere condizionate positivamente dall'azione del Pd. Resterò in questo partito? Dipende da quale sarà la collocazione che questo partito avrà. Io probabilmente posso sembrare ridondante, ma è vero: sono partigiana, sono donna di sinistra, sono nata così, e così penso che morirò politicamente. Fintanto che il Pd resterà quello che è scritto nella carta dei valori, io vi farò parte, a prescindere da chi vi resterà e da chi andrà via. Se il Pd diventerà quel comitato elettorale che varia da destra a sinistra, senza darsi una collocazione ideale, politica e di governo, probabilmente dovrò pensare che, come mi ha detto un mio amico una volta, la politica si può fare anche fuori dai partiti.
N. Posso risponderti con una battuta? Lo scopriremo solo vivendo.
C. Non vedo i presupposti per l'atmosfera crepuscolare. Vedo dei cambiamenti a livello nazionale. Dinamiche delle quali noi non siamo padroni sicuramente. Possiamo manifestare il nostro dissenso verso determinate alleanze o approcci su determinati temi. Penso che comunque vi sia una problematica di decisionismo da parte del Pd a livello nazionale, ma il Pd, proprio ultimamente ha preso delle posizioni nette su tematiche, anche di rilevanza più puramente civile, come la corruzione, il finanziamento ai partiti, o i diritti civili, su cui si sta aprendo un dibattito che ora vorrei che si coltivasse anche a livello cittadino, con i rapporti con le associazioni, come l'Arcigay. Tutta una serie di temi sui quali noi possiamo dire la nostra. Il mio ruolo sarà quello di riuscire a far sì che il dibattito sia sui temi e non sulle poltrone. Un ruolo arduo, ma il mio impegno va in questa direzione. Se uno riesce ad andare in questa direzione vuol dire che ha avuto un buon risultato.
I più giovani saranno ancora attratti dall'idea di fare politica, aderendo ad un partito, e in particolare al vostro partito?
S. I più giovani saranno attratti se noi riusciremo a cogliere una missione. Non voglio essere filosofica, anche perché non mi appartiene come modo di fare, però, i partiti di una volta avevano un obiettivo da raggiungere: l'autodeterminazione rispetto a molte classi, l'emancipazione, l'alfabetizzazione (ricordo gli obiettivi gramsciani dei partiti). Erano lo strumento per emanciparsi e per far parte di scelte che prima erano elitarie. Dal canto nostro, in una società che è cambiata, i giovani si potranno avvicinare domani al partito, e a questo partito nello specifico, se noi saremo in grado di adempiere al nostro dovere, che sarà quello di fare quella che non doveva essere una rivoluzione culturale, ma doveva essere presa culturalmente già come un atto: la questione della cittadinanza. Spiegare ai giovani che la politica si può fare anche non attraverso i partiti, come luogo strutturato, ma attraverso movimenti. Ma la politica è una cosa che attiene tutti quanti, non è il vendere il proprio voto perché tanto non è una cosa che mi appartiene, non è una cosa che viene fatta come strumento per autodeterminarsi come professionisti, o ottenere qualche raccomandazione. La politica è la gestione della cosa pubblica, ed è giusto che ognuno di noi ne faccia parte. Se il nostro partito, e quindi noi, attraverso le idee, i convegni, l'apertura di cui abbiamo parlato, saremo capaci di far passare questa idea con il nostro esempio in primis, autodeterminandoci professionalmente a prescindere dalla politica, e dimostrando che per noi la politica è solamente uno strumento ideale per tutelare il bene comune, probabilmente questi giovani li riusciremo ad avvicinare. Laddove non saremo capaci e ci chiuderemo nelle nostre stanze a parlare di tutto e di niente, o peggio a non parlare, allora probabilmente questi giovani cavalcheranno quell'onda più semplice: quella mediatica. Un'onda culturale che li vede assolutamente lontani da tutto quello che ha a che fare con il pubblico, e molto più vicini ai social-network, o alle aspirazioni dell'apparire, piuttosto che dell'essere.
N. Io devo fare i complimenti alla giovanile del Pd di Barletta, perché effettivamente vedo un movimento di ragazzi che, numericamente sono pochi, ma sono molto determinati. Devo far loro i complimenti perché hanno capito che la politica è l'unico strumento in grado di cambiare la realtà, la società, e il corso della storia. Io credo che i partiti possano essere sempre più attrattivi se riescono a cogliere nella società tutti quei cambiamenti che sono utili e indispensabili per la crescita della società. I partiti lo stanno capendo a colpi di elezioni perse, l'hanno capito per quello che è successo con Grillo. E' chiaro che una struttura come quella di un partito tradizionalmente inteso come tale, ha molte difficoltà a rigenerarsi, ma nelle giovanili, visto che le guardo e confido in quella di Barletta, nutro grandissime speranze. Dopo di che, sta a noi far capire ai giovani che la politica è l'unico strumento virtuoso del movimento civile, del vivere la città, del vivere il proprio tempo. Io stessa sono ancora molto vicina al mondo dell'associazionismo, ma la differenza tra questo e la politica è che questo non può cambiare il corso delle cose, la politica invece sì. Nella scelta di dedicare tempo all'uno o all'altra, ho scelto la politica, perché l'ho ritenuto il modo più fruttuoso per l'impegno civile.
C. Non penso, come diceva Paola, che attraverso l'associazionismo non si possa cambiare la realtà delle cose. Ciò detto, i partiti tradizionali subiscono attualmente una crisi che può essere dettata da diversi fattori: dalle dinamiche interne agli stessi, dalla selezione della classe dirigente. Questa crisi dei partiti può essere sconfitta innanzitutto dalla classe dirigente dei partiti stessi o dal dibattito interno, che può individuare quelle soluzioni, non perché tutto cambi perché nulla cambi, individuando semplicemente delle persone che vadano a sostituire la vecchia classe dirigente, ma che sono dalla vecchia classe dirigente pilotati, ma rigenerare la classe dirigente e dare spazio alle nuove forze che la società offre. Non intendere i partiti come dei luoghi chiusi alle forze esterne, ma aprirli. Di sicuro questo può dare impulso ai giovani a tornare a credere nella politica, perché il disinteresse è figlio di una sfiducia verso una classe dirigente e uno stato delle cose che non è cambiato nel tempo.
Siete tre giovani, ai vertici del Partito Democratico di Barletta. Potete dire di essere indipendenti?
Spadafora: Se per indipendenza intendi l'indipendenza rispetto al rappresentante che in questo momento è in auge nella mia area, e quindi da Ruggero, ti posso garantire che ognuna delle persone che fa parte dell'area Modem ha capacità e onestà intellettuale, per cui agisce secondo la propria coscienza e sensibilità politica. Indipendente rispetto ad un'area, sarei incoerente: se io sposo un progetto politico, vuol dire che ne condivido ogni singola parte, quindi, quando agisco, agisco condizionata, nell'accezione positiva, rispetto a quelli che sono i valori che in quell'area, e quindi nel partito in generale, mi spingono ad andare avanti. Se mi chiedi se ho un padrone, la mia risposta è no. Se mi chiedi se ho degli ideali ai quali mi appello ogni qualvolta ho un agire politico, la mia risposta è si.
Nasca: Rivendico l'indipendenza del mio pensare. Se sono qui a dire quello che voglio, è perché mi ha chiamato il segretario e ho detto si, senza chiedere l'autorizzazione di nessuno. Dopo di che, quando si sceglie di fare politica in maniera strutturata all'interno di un partito come il Pd, ma come mi auguro siano tutti i partiti, non si può essere completamente indipendenti, perché altrimenti sarei un battitore libero. Io in politica contesto molto i battitori liberi, contesto quelli che, per ambizioni personali e per voler arrivare chissà dove, fanno fughe in avanti senza tener conto di chi sta loro attorno, di logiche, di un ragionamento di squadra. Questo non vuol dire che il mio pensiero è condizionato dalle persone con cui faccio politica, ma credo che la politica non si possa fare da soli e credo che la politica non possa essere ben fatta, se fatta da persone che usano la politica per i propri fini, per carriere personali.
Chiarello: Io penso che la domanda sia riduttiva delle personalità di ognuno di noi. Non penso che né Catia, né io, né Paola, siamo dipendenti da qualcuno. Ciò detto, la politica è fatta di confronto, quindi deve essere confronto su idee e non su interessi particolari. E questo deve spingere l'impegno di noi giovani. Naturalmente non possiamo fare discorsi che poi si rivelano utopici, in quanto anche a quell'ondata di antipolitica, cosiddetta, ma dalla quale comunque si possono trarre degli elementi positivi e di riflessione, anzi siamo obbligati a trarne degli elementi di riflessione, poiché attualmente vi è una disaffezione verso la classe politica dirigente. Anche in quell'ambito vi sono dei meccanismi probabilmente molto più dittatoriali o che ingessano molto più il pensiero di ciascuno degli appartenenti ad una certa organizzazione, vediamo la situazione Grillo con Parma, rispetto a quanto avviene nel Pd, nel quale ci si confronta, vi possono essere delle posizioni divergenti, ma vi è un processo democratico.
Il Partito Democratico di Barletta è ancora un partito? E' ancora democratico?
S. Il Pd di Barletta è sicuramente ancora un partito, è retto da uno statuto e da degli organi. E' ancora democratico? Ci stiamo lavorando. Stiamo lavorando per rendere questo partito democratico. I confronti che spesso si leggono sui media sono gli stessi confronti che si sviluppano, quando è possibile, anche nei direttivi e nelle segreterie. Ma finchè c'è un confronto, con posizioni sicuramente divergenti, probabilmente c'è democrazia, perché non c'è uno che decide per tutti, ma c'è una maggioranza e una minoranza con idee divergenti, che stanno ancora rodando i sistemi democratici di affermazione dell'una e dell'altra.
N. Il Pd, secondo me, è un partito, ed è democratico proprio per tutto quello che si dice del Pd. Io difenderò strenuamente i litigi che ci sono all'interno del partito, e tutte le differenze di posizione che ogni volta emergono, proprio perché la differenza delle posizioni e delle idee è il più grande sintomo della ricchezza del partito. La democrazia molto spesso adesso, nell'opinione pubblica, è il litigio. La contestazione che si fa ai partiti: il Pd litiga, non riesce trovare sintesi, non ha una posizione definita. Secondo me è la vera ricchezza del Pd, perché sarà un partito che darà sempre a tutti la possibilità di parlare. I nostri direttivi sono lunghi, finiscono a notte fonda, perché tutti quanti hanno la possibilità di dire bene o male quello che vogliono.
C. Penso che non ci sia dubbio che il Pd sia un partito e che sia democratico. Nella riprova che siamo qua, segretario, presidente e vicesegretario, a fare un'intervista senza particolari preoccupazioni, possono emergere delle divergenze, ma le stesse vengono ricomposte all'interno delle nostre discussioni. Abbiamo dei direttivi: qualcuno li può definire ridondanti, troppo lunghi, ma quella è la nostra forza. All'ultimo direttivo ci sono stati 24 interventi. Naturalmente si è presa una decisione che alla fine può provocare degli scontenti, può avere dei difetti, ma la nostra forza è il confronto, e penso che il fatto che siamo qua a confrontarci liberamente sia anche il segnale di una voglia di aprire il partito, di fare quello sforzo nel senso di una dimensione più collettiva del partito e della politica in generale.
Cosa contestate e cosa riconoscete l'uno all'altro, e a voi stessi?
S. Cominciamo dal segretario. Gli riconosco, come riconosco ad ognuno di noi, il coraggio di aver preso un impegno, perché l'unica cosa che sto notando in questo periodo è la mancanza di coraggio da parte di molti e dei giovani, di credere in un ideale e di combattere per esso e rappresentarlo anche con posizioni scomode. Riconosco quindi a Paola, a Stefano, ma anche a me stessa, il coraggio di aver assunto quest'onere, prima che sia un onore. Cosa contesto: a Stefano gli contesto che spesso non ci si riesce a confrontare, e che lui appaia più il segretario di una parte, piuttosto che il segretario di un partito, e non abbia tutelato dei sistemi democratici che avrebbero potuto riconoscere un'altra anima in questo partito, per il valore aggiunto che esso ha. A Paola, come detto prima, le riconosco il coraggio, e soprattutto la lucidità che deve avere per il ruolo che ha. Io probabilmente sono troppo partigiana, non sarei mai riuscita ad essere presidente di un partito, perché sono troppo di parte. Cosa le contesto: Paola è da poco, a differenza mia e di Stefano, che ha preso parte della segreteria, quindi contestare qualcosa sarebbe infelice da parte mia. A me stessa, che cosa contesto? Probabilmente, visti i tempi e i modi del far politica oggi, io sono fuori tempo, sono poco diplomatica.
N. Partiamo dal segretario. Gli riconosco di sicuro il coraggio di aver assunto questo ruolo. Perché al Pd veramente si dice peste e corna di ogni genere, quindi il segretario sapendo di andare alla testa di un partito di questo genere, deve avere uno stomaco di ferro. Non posso contestare niente né all'uno né all'altra, semplicemente perché noi siamo in segreteria assieme da molto poco tempo. Sarebbe troppo facile per me contestare a loro quello che invece dovrei contestare alla loro storia politica, ma sarebbe una contestazione che partirebbe non so nemmeno da quanti anni. Quindi, quando dovrò fare delle contestazioni a loro gliele farò, ma perché ci sarà stato un percorso di segreteria che avrà portato a delle divergenze. Magari probabilmente, se rifacciamo la stessa intervista tra un anno, il motivo di contestazione lo trovo tranquillamente. Ora come ora, la sola contestazione che posso fare a Stefano, è quella di non aver trovato ancora una sede al piano terra, ma so che ci sta lavorando, perché il Pd ha problemi logistici. Riconosco a Catia l'essere partigiana: il suo essersi definita tale, è una cosa bellissima, ed è il suo valore aggiunto. Contesto a me stessa di aver acconsentito alla presidenza, sapendo di non potermelo permettere come tempi, perché effettivamente fare politica porta via tantissimo tempo, e io per il lavoro che faccio non ho molto tempo da dedicare, quindi tutto il tempo che sottraggo è tempo personale. Mi riconosco l'incoscienza di aver assunto il ruolo.
C. Speriamo che sarà possibile prendere una sede a piano terra, perché lo giudico importante per dare un luogo che sia veramente un punto d'incontro. Per quanto riguarda questo gioco dei pregi e dei difetti, premettendo, come hanno detto Paola e Catia, che è da poco che stiamo facendo questo percorso in segreteria, è un po' difficile dare dei giudizi positivi o negativi, soprattutto se si considera il fatto che in questo periodo c'è stata la vicenda amministrativa, una vicenda che disturba un percorso che deve essere più politico ed ideale, piuttosto che di rappresentanza amministrativa delle diverse aree del partito. Di sicuro posso riconoscere ad entrambe la tenacia. A Catia di sicuro il fatto di essere partigiana. Naturalmente, ognuno deve cercare di interpretare il ruolo che adesso ci troviamo a rivestire, in maniera che faciliti il dialogo. Nell'essere partigiani, dobbiamo interpretare il nostro ruolo in maniera conciliante e dialogante, con tutte le parti del partito, e quindi toglierci gli occhiali attraverso i quali guardiamo la realtà politica, che possono essere gli occhiali della nostra provenienza di area, e guardare alle vicende politiche che ci riguardano in maniera un po' più serena e più disposta al confronto. Per me stesso: l'incoscienza e il coraggio, L'incoscienza può essere un difetto, il coraggio un pregio. Allo stesso tempo, il fatto di credere in questo impegno, alcuni possono vederlo come un difetto. Naturalmente, chi, come me, crede nell'impegno politico e civile, lo vede come un pregio.
Quale sarà il futuro prossimo del Partito Democratico e del vostro ruolo al suo interno? Continuerete a far parte di questo partito?
S. Quale sarà il futuro prossimo… Dovremmo fare una segreteria per decidere (ridendo) la linea politica di questo partito. A livello locale, sarà quello che è stato definito, mi auguro, nella tesi congressuale dell'area di maggioranza. Quella è l'idea di partito che ha vinto. Spero che diventi un partito che dialoghi con i suoi rappresentanti istituzionali, sia politici come gli assessori, sia amministrativi come i consiglieri comunali. Un partito che veramente faccia da pungolo all'amministrazione e quindi ponga una serie di interrogativi che nasceranno da un dibattito interno. Interrogativi sull'ambiente, sulla politica del ciclo dei rifiuti, sulle politiche sociali, su tutti quei temi che condizionano le linee programmatiche di Maffei e che dovrebbero essere condizionate positivamente dall'azione del Pd. Resterò in questo partito? Dipende da quale sarà la collocazione che questo partito avrà. Io probabilmente posso sembrare ridondante, ma è vero: sono partigiana, sono donna di sinistra, sono nata così, e così penso che morirò politicamente. Fintanto che il Pd resterà quello che è scritto nella carta dei valori, io vi farò parte, a prescindere da chi vi resterà e da chi andrà via. Se il Pd diventerà quel comitato elettorale che varia da destra a sinistra, senza darsi una collocazione ideale, politica e di governo, probabilmente dovrò pensare che, come mi ha detto un mio amico una volta, la politica si può fare anche fuori dai partiti.
N. Posso risponderti con una battuta? Lo scopriremo solo vivendo.
C. Non vedo i presupposti per l'atmosfera crepuscolare. Vedo dei cambiamenti a livello nazionale. Dinamiche delle quali noi non siamo padroni sicuramente. Possiamo manifestare il nostro dissenso verso determinate alleanze o approcci su determinati temi. Penso che comunque vi sia una problematica di decisionismo da parte del Pd a livello nazionale, ma il Pd, proprio ultimamente ha preso delle posizioni nette su tematiche, anche di rilevanza più puramente civile, come la corruzione, il finanziamento ai partiti, o i diritti civili, su cui si sta aprendo un dibattito che ora vorrei che si coltivasse anche a livello cittadino, con i rapporti con le associazioni, come l'Arcigay. Tutta una serie di temi sui quali noi possiamo dire la nostra. Il mio ruolo sarà quello di riuscire a far sì che il dibattito sia sui temi e non sulle poltrone. Un ruolo arduo, ma il mio impegno va in questa direzione. Se uno riesce ad andare in questa direzione vuol dire che ha avuto un buon risultato.
I più giovani saranno ancora attratti dall'idea di fare politica, aderendo ad un partito, e in particolare al vostro partito?
S. I più giovani saranno attratti se noi riusciremo a cogliere una missione. Non voglio essere filosofica, anche perché non mi appartiene come modo di fare, però, i partiti di una volta avevano un obiettivo da raggiungere: l'autodeterminazione rispetto a molte classi, l'emancipazione, l'alfabetizzazione (ricordo gli obiettivi gramsciani dei partiti). Erano lo strumento per emanciparsi e per far parte di scelte che prima erano elitarie. Dal canto nostro, in una società che è cambiata, i giovani si potranno avvicinare domani al partito, e a questo partito nello specifico, se noi saremo in grado di adempiere al nostro dovere, che sarà quello di fare quella che non doveva essere una rivoluzione culturale, ma doveva essere presa culturalmente già come un atto: la questione della cittadinanza. Spiegare ai giovani che la politica si può fare anche non attraverso i partiti, come luogo strutturato, ma attraverso movimenti. Ma la politica è una cosa che attiene tutti quanti, non è il vendere il proprio voto perché tanto non è una cosa che mi appartiene, non è una cosa che viene fatta come strumento per autodeterminarsi come professionisti, o ottenere qualche raccomandazione. La politica è la gestione della cosa pubblica, ed è giusto che ognuno di noi ne faccia parte. Se il nostro partito, e quindi noi, attraverso le idee, i convegni, l'apertura di cui abbiamo parlato, saremo capaci di far passare questa idea con il nostro esempio in primis, autodeterminandoci professionalmente a prescindere dalla politica, e dimostrando che per noi la politica è solamente uno strumento ideale per tutelare il bene comune, probabilmente questi giovani li riusciremo ad avvicinare. Laddove non saremo capaci e ci chiuderemo nelle nostre stanze a parlare di tutto e di niente, o peggio a non parlare, allora probabilmente questi giovani cavalcheranno quell'onda più semplice: quella mediatica. Un'onda culturale che li vede assolutamente lontani da tutto quello che ha a che fare con il pubblico, e molto più vicini ai social-network, o alle aspirazioni dell'apparire, piuttosto che dell'essere.
N. Io devo fare i complimenti alla giovanile del Pd di Barletta, perché effettivamente vedo un movimento di ragazzi che, numericamente sono pochi, ma sono molto determinati. Devo far loro i complimenti perché hanno capito che la politica è l'unico strumento in grado di cambiare la realtà, la società, e il corso della storia. Io credo che i partiti possano essere sempre più attrattivi se riescono a cogliere nella società tutti quei cambiamenti che sono utili e indispensabili per la crescita della società. I partiti lo stanno capendo a colpi di elezioni perse, l'hanno capito per quello che è successo con Grillo. E' chiaro che una struttura come quella di un partito tradizionalmente inteso come tale, ha molte difficoltà a rigenerarsi, ma nelle giovanili, visto che le guardo e confido in quella di Barletta, nutro grandissime speranze. Dopo di che, sta a noi far capire ai giovani che la politica è l'unico strumento virtuoso del movimento civile, del vivere la città, del vivere il proprio tempo. Io stessa sono ancora molto vicina al mondo dell'associazionismo, ma la differenza tra questo e la politica è che questo non può cambiare il corso delle cose, la politica invece sì. Nella scelta di dedicare tempo all'uno o all'altra, ho scelto la politica, perché l'ho ritenuto il modo più fruttuoso per l'impegno civile.
C. Non penso, come diceva Paola, che attraverso l'associazionismo non si possa cambiare la realtà delle cose. Ciò detto, i partiti tradizionali subiscono attualmente una crisi che può essere dettata da diversi fattori: dalle dinamiche interne agli stessi, dalla selezione della classe dirigente. Questa crisi dei partiti può essere sconfitta innanzitutto dalla classe dirigente dei partiti stessi o dal dibattito interno, che può individuare quelle soluzioni, non perché tutto cambi perché nulla cambi, individuando semplicemente delle persone che vadano a sostituire la vecchia classe dirigente, ma che sono dalla vecchia classe dirigente pilotati, ma rigenerare la classe dirigente e dare spazio alle nuove forze che la società offre. Non intendere i partiti come dei luoghi chiusi alle forze esterne, ma aprirli. Di sicuro questo può dare impulso ai giovani a tornare a credere nella politica, perché il disinteresse è figlio di una sfiducia verso una classe dirigente e uno stato delle cose che non è cambiato nel tempo.