Il campo rom di Barletta rischia di diventare un "ghetto"
Un gruppo di associazioni si rivolge al Comune per criticare le scelte effettuate
sabato 23 luglio 2016
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È del 10 giugno 2016 la Delibera con la quale il Comune di Barletta ha approvato «l'allestimento di un'area di sosta emergenziale per la comunità Rom». La decisione dell'Amministrazione Comunale ha richiamato l'attenzione di un gruppo composto da Associazione 21 luglio Onlus, Consorzio Nova, Associazione Alteramente, Associazione AMIS-Onlus, Associazione Meticcia, Associazione Popoli e Culture e dal ricercatore Antonio Ciniero che hanno scritto una lettera al Comune per chiedere chiarimenti sulla questione e accertare che siano state prese in considerazione soluzioni abitative alternative che garantiscano concrete possibilità di inclusione sociale.
Come riportato dalla relazione tecnico-illustrativa del settore Ambiente del Comune di Barletta, il progetto coinvolgerà 6 abitanti e avrà un costo di 100 mila euro, pari ad una spesa pro-capite di 16 mila euro per il solo allestimento di un «centro servizi per l'accoglienza e di area sosta emergenziale per etnie nomadi».
Secondo i firmatari sono diversi gli elementi che destano perplessità a iniziare dal fatto che la delibera contrasterebbe in pieno con l'obiettivo di superare definitivamente le logiche emergenziali e la soluzione abitativa del "campo" per soli rom previsto dalla Strategia Nazionale per l'integrazione dei Rom Sinti e Caminanti adottata dall'Italia ormai già da quattro anni.
Come più volte ribadito dalla letteratura scientifica in materia, i "campi" per soli rom non solo non offrono alcuna risorsa per chi ci vive, ma spesso escludono chi li abita da qualsiasi possibilità di interagire positivamente con il resto del tessuto sociale proprio a causa della loro dimensione stigmatizzante e marginalizzante. Per lungo tempo le istituzioni pubbliche italiane hanno ritenuto, erroneamente, che i "campi" fossero la forma abitativa più consona per gruppi di popolazione che si credevano esclusivamente nomadi, una convinzione ormai superata, che tuttavia sembra condizionare ancora l'approccio del Comune di Barletta nei confronti delle famiglie rom che, sebbene in condizioni di estrema precarietà, vivono sul territorio da oltre vent'anni.
La scelta - tutta italiana - di continuare a investire ingenti somme di denaro pubblico in quelli che sono dei veri e propri ghetti, che inevitabilmente non potranno che produrre dinamiche di esclusione, è stata più volte stigmatizzata a livello internazionale. Solo per citare gli ultimi richiami: nell'ottobre del 2015 dalle Nazioni Unite, all'interno delle Osservazioni Conclusive del Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, e lo scorso giugno dall'European Commission against Racism and Intolerance (ECRI), all'interno del loro report annuale riguardante l'Italia.
Per tale ragione, concludono i firmatari viene chiesto alle autorità locali «di avviare un dialogo che possa affrontare il tema in oggetto nella maniera più serena e costruttiva».
In allegato la lettera inviata al Comune di Barletta.
Come riportato dalla relazione tecnico-illustrativa del settore Ambiente del Comune di Barletta, il progetto coinvolgerà 6 abitanti e avrà un costo di 100 mila euro, pari ad una spesa pro-capite di 16 mila euro per il solo allestimento di un «centro servizi per l'accoglienza e di area sosta emergenziale per etnie nomadi».
Secondo i firmatari sono diversi gli elementi che destano perplessità a iniziare dal fatto che la delibera contrasterebbe in pieno con l'obiettivo di superare definitivamente le logiche emergenziali e la soluzione abitativa del "campo" per soli rom previsto dalla Strategia Nazionale per l'integrazione dei Rom Sinti e Caminanti adottata dall'Italia ormai già da quattro anni.
Come più volte ribadito dalla letteratura scientifica in materia, i "campi" per soli rom non solo non offrono alcuna risorsa per chi ci vive, ma spesso escludono chi li abita da qualsiasi possibilità di interagire positivamente con il resto del tessuto sociale proprio a causa della loro dimensione stigmatizzante e marginalizzante. Per lungo tempo le istituzioni pubbliche italiane hanno ritenuto, erroneamente, che i "campi" fossero la forma abitativa più consona per gruppi di popolazione che si credevano esclusivamente nomadi, una convinzione ormai superata, che tuttavia sembra condizionare ancora l'approccio del Comune di Barletta nei confronti delle famiglie rom che, sebbene in condizioni di estrema precarietà, vivono sul territorio da oltre vent'anni.
La scelta - tutta italiana - di continuare a investire ingenti somme di denaro pubblico in quelli che sono dei veri e propri ghetti, che inevitabilmente non potranno che produrre dinamiche di esclusione, è stata più volte stigmatizzata a livello internazionale. Solo per citare gli ultimi richiami: nell'ottobre del 2015 dalle Nazioni Unite, all'interno delle Osservazioni Conclusive del Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, e lo scorso giugno dall'European Commission against Racism and Intolerance (ECRI), all'interno del loro report annuale riguardante l'Italia.
Per tale ragione, concludono i firmatari viene chiesto alle autorità locali «di avviare un dialogo che possa affrontare il tema in oggetto nella maniera più serena e costruttiva».
In allegato la lettera inviata al Comune di Barletta.