I passi della misericordia: la cura del pastore, la premura della donna, l'abbraccio del padre
Il vangelo del Figliol prodigo nelle parole di Don Vito Carpentiere
domenica 11 settembre 2016
12.29
Dal vangelo secondo Luca: "In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"».
«Col vangelo di domenica scorsa Gesù ha delineato l'identikit del discepolo, chiamato ad amare il Signore più di ogni altra persona, a sollevare la croce e a rinunciare ai beni. Stranamente si delinea una tipologia di persone che si avvicinano a Gesù, tutte appartenenti a categorie allontanate dalle lobby ebraiche che detenevano la chiave della Legge, a cui si contrappone la schiera di coloro che, sentendosi sempre in credito con Dio, criticano aspramente Gesù per il suo operato, egli, infatti "accoglie i peccatori e mangia con loro", provocando così una situazione di contaminazione generale. Per questo Gesù rivolge loro "questa parabola" e, in realtà, ne racconta tre, tutte tese a presentare il vero volto del Dio Salvatore d'Israele, un volto che gli uomini avevano ricoperto di una maschera con le loro interpretazioni fuorvianti della Legge e dei Profeti.
Gesù ha avuto un solo intento con la sua predicazione: portare Dio agli uomini, e non la pretesa di scribi e farisei, quella di portare gli uomini a Dio. Interessa a Gesù anzitutto narrare Dio, raccontarlo; e lo fa con un'immagine maschile ed una femminile, il pastore e la donna. Questi, davanti a qualcosa che è stata smarrita, con solerzia si mettono a cercare, ma soprattutto, una volta ritrovato ciò che hanno smarrito, chiamano amici e vicini rallegrarsi, a gioire con loro. Tutta l'attenzione qui sta nel presentare l'accurata e premurosa ricerca del pastore e della donna, insieme alla gioia contagiosa, più che su ciò che è stato smarrito.
Ma c'è una nota interessante: noi solitamente pensiamo che ci si perde andando fuori; e invece con il racconto della seconda parabola, quella della moneta perduta, ci rendiamo conto che ci si può perdere "rimanendo dentro". Questo esempio suona di un'attualità incredibile! E poi la grande parabola, quella che svela il cuore di Dio che non indugia sulle nostre ingiustizie perpetrate, ma è sollecito alle nostri sorti, alle sorti delle persone, "odiando il peccato e amando il peccatore".
Credo che sia assai importante questa domenica mettersi in silente ascolto di tutta quest'abbondante Parola accogliendo i gesti di questo padre prodigo di amore, particolarmente il suo abbraccio benedicente, che attende di poter avvolgere anche ciascuno di noi. Buona domenica».
don Vito
«Col vangelo di domenica scorsa Gesù ha delineato l'identikit del discepolo, chiamato ad amare il Signore più di ogni altra persona, a sollevare la croce e a rinunciare ai beni. Stranamente si delinea una tipologia di persone che si avvicinano a Gesù, tutte appartenenti a categorie allontanate dalle lobby ebraiche che detenevano la chiave della Legge, a cui si contrappone la schiera di coloro che, sentendosi sempre in credito con Dio, criticano aspramente Gesù per il suo operato, egli, infatti "accoglie i peccatori e mangia con loro", provocando così una situazione di contaminazione generale. Per questo Gesù rivolge loro "questa parabola" e, in realtà, ne racconta tre, tutte tese a presentare il vero volto del Dio Salvatore d'Israele, un volto che gli uomini avevano ricoperto di una maschera con le loro interpretazioni fuorvianti della Legge e dei Profeti.
Gesù ha avuto un solo intento con la sua predicazione: portare Dio agli uomini, e non la pretesa di scribi e farisei, quella di portare gli uomini a Dio. Interessa a Gesù anzitutto narrare Dio, raccontarlo; e lo fa con un'immagine maschile ed una femminile, il pastore e la donna. Questi, davanti a qualcosa che è stata smarrita, con solerzia si mettono a cercare, ma soprattutto, una volta ritrovato ciò che hanno smarrito, chiamano amici e vicini rallegrarsi, a gioire con loro. Tutta l'attenzione qui sta nel presentare l'accurata e premurosa ricerca del pastore e della donna, insieme alla gioia contagiosa, più che su ciò che è stato smarrito.
Ma c'è una nota interessante: noi solitamente pensiamo che ci si perde andando fuori; e invece con il racconto della seconda parabola, quella della moneta perduta, ci rendiamo conto che ci si può perdere "rimanendo dentro". Questo esempio suona di un'attualità incredibile! E poi la grande parabola, quella che svela il cuore di Dio che non indugia sulle nostre ingiustizie perpetrate, ma è sollecito alle nostri sorti, alle sorti delle persone, "odiando il peccato e amando il peccatore".
Credo che sia assai importante questa domenica mettersi in silente ascolto di tutta quest'abbondante Parola accogliendo i gesti di questo padre prodigo di amore, particolarmente il suo abbraccio benedicente, che attende di poter avvolgere anche ciascuno di noi. Buona domenica».
don Vito