I 150 anni dell'Unità, portati male dall'Italia
Colpa degli autonomisti?. Il Nord e il Sud sono diversi
lunedì 31 gennaio 2011
Il Guicciardini, polemizzando con Machiavelli, giustificava la divisione politica della Penisola con la sopravvivenza di una borghesia municipalistica, incapace di guardare oltre i limiti del comune o della regione, mentre per le masse contadine valeva il motto 'o Franza o Spagna purchè se magna'. Parole attuali che sembrano non avere il peso di 500 anni, soprattutto quando riemerge, in versione populista e plebiscitaria, la tradizione municipalistica italiana, ormai alla soglia di un società che si frammenta e si rinchiude in una sorta di neo-feudalesimo, ritraendosi in microcomunità come assediate da paure e sospetti, a ciò aggiungasi l'arbitrio che sostituisce la regola e il cittadino che si fa suddito.
Alla vigilia delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, si contrappongono due teorie: la prima intesa a rimuovere i limiti e le conseguenze di una costruzione statale avvenuta dall'alto, più simile a una conquista che a un'unificazione, mentre la seconda tende a cancellare il fatto che quella conquista partì proprio dal loro territorio di riferimento, che ne beneficiò facendone pagare i costi al Mezzogiorno. Non è un caso che, trent'anni dopo, l'Unità d'Italia era già scossa da tentazioni separatiste sia al Nord che al Sud, tanto è vero che l'unità nazionale non si è rafforzata, in questo secolo e mezzo, anzi si è fortemente indebolita, soprattutto, in questi ultimi anni, in cui si sono rafforzate idee di autonomia che vanno dall'indipendentismo sardo alla secessione della Lega Nord. Poi un dato storico: quello legato ai Savoia, che, appena il loro progetto ambizioso prese forma e sostanza, il Sud si ribellò e ingaggiò una sanguinosa guerra di secessione mentre al Nord i favorevoli all'unità erano poche migliaia. Il Nord e il Sud, senza alcuna celia, sono, diversi, in tutto, nei dialetti come negli orari dei pasti.
Dagli occhi di un'icona raffigurante l'Italia, forse nel giorno del suo 150° anniversario, scenderanno sulle sue gote alcune lacrime.
Alla vigilia delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, si contrappongono due teorie: la prima intesa a rimuovere i limiti e le conseguenze di una costruzione statale avvenuta dall'alto, più simile a una conquista che a un'unificazione, mentre la seconda tende a cancellare il fatto che quella conquista partì proprio dal loro territorio di riferimento, che ne beneficiò facendone pagare i costi al Mezzogiorno. Non è un caso che, trent'anni dopo, l'Unità d'Italia era già scossa da tentazioni separatiste sia al Nord che al Sud, tanto è vero che l'unità nazionale non si è rafforzata, in questo secolo e mezzo, anzi si è fortemente indebolita, soprattutto, in questi ultimi anni, in cui si sono rafforzate idee di autonomia che vanno dall'indipendentismo sardo alla secessione della Lega Nord. Poi un dato storico: quello legato ai Savoia, che, appena il loro progetto ambizioso prese forma e sostanza, il Sud si ribellò e ingaggiò una sanguinosa guerra di secessione mentre al Nord i favorevoli all'unità erano poche migliaia. Il Nord e il Sud, senza alcuna celia, sono, diversi, in tutto, nei dialetti come negli orari dei pasti.
Dagli occhi di un'icona raffigurante l'Italia, forse nel giorno del suo 150° anniversario, scenderanno sulle sue gote alcune lacrime.