Giornata mondiale del Malato, l'Arcivescovo D’Ascenzo: «Prendersi cura dei più deboli»
«Auguro a coloro che sono segnati nel corpo e nello spirito della malattia, di sentire il ristoro della presenza di Gesù»
martedì 11 febbraio 2020
Martedì 11 febbraio 2020, la Chiesa cattolica celebra la "Giornata Mondiale del Malato", nel giorno della memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes. Per l'occasione S.E. Mons. Leonardo D'Ascenzo, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, ha inviato alla comunità ecclesiale diocesana una lettera, della quale si porge il testo integrale.
«"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro" (Mt 11,28). Sono queste le parole di Gesù dalle quali il Santo Padre parte per lanciare il tema della XXVIII "Giornata Mondiale del Malato". Esse esprimono tutta la vicinanza di Gesù all'umanità sofferente!». Inizia così la lettera con cui Mons. Leonardo D'Ascenzo invita a predersi cura dei più deboli.
«Non solo parole - prosegue - ma un invito chiaro ad andare verso di Lui, orientare tutta la propria vita verso la sua persona per trovare sollievo e ristoro da quelle che sono le umane fatiche e sofferenze. La grandezza di questo invito sta nel fatto che nessuno può sentirsi escluso da tutto ciò! Egli non carica la persona sofferente di leggi a cui soccombere, ma le tende la mano per condividere l'esperienza del dolore. Solo Lui può fare questo con estrema compassione, perché il suo condividere nasce dall'aver provato nel suo corpo e sul suo corpo il peso della sofferenza. Può convivere perché ha conosciuto il dolore. Infatti guarda alla possibilità di aggiungere al "curare", il "prendersi cura" della persona sofferente in quanto quest'ultima vede un intervento che miri ad una guarigione integrale dell'uomo».
«Dal guarire al curare è questo il cammino che l'uomo di Dio è chiamato a fare. Se il guarire può per certi aspetti esaurirsi nel raggiungimento di un obiettivo di miglioramento fisico, il curare vede un impegno in un tempo non esauribile in quanto si è chiamati a prendersi cura sempre di chi è o è stato provato dalla sofferenza. La chiesa, chiamata a collaborare all'opera di Cristo, dunque deve presentarsi come "locanda del Samaritano" ovvero come luogo dove ogni uomo sofferente può trovare il ristoro necessario. Un pensiero particolare va agli operatori sanitari e a coloro che in qualche modo entrano in contatto con l'uomo sofferente ed essendo anche essi uomini e donne con le loro fragilità sono chiamati "a diventare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamento mite e umile, ad imitazione del Maestro", come si è espresso Papa Francesco nell'angelus del 6 luglio 2014».
«Un invito forte e chiaro a difendere la vita dal suo nascere al suo compimento è ciò che emerge dalla riflessione del Papa, il quale fa invito ad usare ogni sforzo perché la vita sia sempre rispettata. Altresì non possono essere dimenticati tutti coloro che alle cure mediche non possono accedere; mai deve venir meno l'impegno del mondo socio-politico a favore di quest'ultimi, impegno che garantisca a tutti la necessaria partecipazione a quanto sia nel rispetto della vita umana. Auguro a tutti, e soprattutto a coloro che sono segnati nel corpo e nello spirito della malattia, di sentire il ristoro della presenza di Gesù e della vicinanza di tanti fratelli».
«"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro" (Mt 11,28). Sono queste le parole di Gesù dalle quali il Santo Padre parte per lanciare il tema della XXVIII "Giornata Mondiale del Malato". Esse esprimono tutta la vicinanza di Gesù all'umanità sofferente!». Inizia così la lettera con cui Mons. Leonardo D'Ascenzo invita a predersi cura dei più deboli.
«Non solo parole - prosegue - ma un invito chiaro ad andare verso di Lui, orientare tutta la propria vita verso la sua persona per trovare sollievo e ristoro da quelle che sono le umane fatiche e sofferenze. La grandezza di questo invito sta nel fatto che nessuno può sentirsi escluso da tutto ciò! Egli non carica la persona sofferente di leggi a cui soccombere, ma le tende la mano per condividere l'esperienza del dolore. Solo Lui può fare questo con estrema compassione, perché il suo condividere nasce dall'aver provato nel suo corpo e sul suo corpo il peso della sofferenza. Può convivere perché ha conosciuto il dolore. Infatti guarda alla possibilità di aggiungere al "curare", il "prendersi cura" della persona sofferente in quanto quest'ultima vede un intervento che miri ad una guarigione integrale dell'uomo».
«Dal guarire al curare è questo il cammino che l'uomo di Dio è chiamato a fare. Se il guarire può per certi aspetti esaurirsi nel raggiungimento di un obiettivo di miglioramento fisico, il curare vede un impegno in un tempo non esauribile in quanto si è chiamati a prendersi cura sempre di chi è o è stato provato dalla sofferenza. La chiesa, chiamata a collaborare all'opera di Cristo, dunque deve presentarsi come "locanda del Samaritano" ovvero come luogo dove ogni uomo sofferente può trovare il ristoro necessario. Un pensiero particolare va agli operatori sanitari e a coloro che in qualche modo entrano in contatto con l'uomo sofferente ed essendo anche essi uomini e donne con le loro fragilità sono chiamati "a diventare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamento mite e umile, ad imitazione del Maestro", come si è espresso Papa Francesco nell'angelus del 6 luglio 2014».
«Un invito forte e chiaro a difendere la vita dal suo nascere al suo compimento è ciò che emerge dalla riflessione del Papa, il quale fa invito ad usare ogni sforzo perché la vita sia sempre rispettata. Altresì non possono essere dimenticati tutti coloro che alle cure mediche non possono accedere; mai deve venir meno l'impegno del mondo socio-politico a favore di quest'ultimi, impegno che garantisca a tutti la necessaria partecipazione a quanto sia nel rispetto della vita umana. Auguro a tutti, e soprattutto a coloro che sono segnati nel corpo e nello spirito della malattia, di sentire il ristoro della presenza di Gesù e della vicinanza di tanti fratelli».