Gioco d’azzardo, come e a chi rivolgersi per “guarire”

Quando uscire dal gioco non è più un miraggio. L’indagine di Barlettalife prosegue

domenica 23 dicembre 2012
"Mamma droga" chiama, e lo fa sempre, costantemente. «Smetti di giocare solo quando smettono di farti credito» come diceva il protagonista Marco Baldini nel film "Il mattino ha l'oro in bocca", storia autobiografica del famoso conduttore radiofonico e personaggio televisivo, sodale e amico di Fiorello che durante i suoi esordi giovanili come radiocronista per Radio Deejay, era stato vittima delle scommesse patologiche sulle corse dei cavalli e di tutti gli aguzzini che vivono nel mondo dell'azzardo, per poi smettere quando era quasi sull'orlo del precipizio; effettivamente è dura se non durissima e ripida la strada che porta dapprima alla consapevolezza e poi all'effettivo recupero.

Spesso sono i famigliari ad accorgersi per primi che c'è qualcosa che non va, allora si inizia a discutere sul da farsi ma lo scontro principale avviene nel momento in cui si comunica al "malato" la decisione di portarlo in comunità. Nella fase iniziale della così detta "negazione" è quasi impossibile che ammetta la sua malattia, mentre solo in un secondo momento percependo intorno a se la comprensione da parte dei famigliari più intimi, avviene la presa di coscienza vera e propria, ed il primo passo verso la salvezza è compiuto.

Fortunatamente in Puglia non mancano varie società o cooperative sociali atte al recupero dei soggetti patologici: L'Associazione Giocatori Anonimi, con sedi a Taranto, due sedi a Bari, a Triggiano e a Brindisi; anche i vari siti on-line possono essere utilissimi per chi intenda auto-recuperarsi, www.sosazzardo.it , o www.giocatorianonimi.org portali in cui uomini e donne mettono in comune esperienze e speranze per risollevarsi dal burrone del DOC(ovvero Disturbo Ossessivo Compulsivo); tutti i Ser.T dislocati in Puglia sono attivissimi in questo fronte ed in particolare il Ser.T di Barletta offre consulenze psichiatriche e percorsi terapeutici mirati.

Le terapie delle comunità di recupero prevedono quasi sempre le stesse procedure, la maggior parte dei percorsi si rifanno al Minnesota model, cioè un modello di intervento che si cura del paziente a 360°, analizzando la sua situazione medica, psicologica, sociale e familiare; inizialmente sono previste le fasi di valutazione e motivazione, dove durante i colloqui individuali il paziente viene automaticamente proiettato in un clima di accoglienza e comprensione; un secondo momento prevede l'analisi delle problematiche patologiche inerenti la dipendenza, ed in comunione con l'interessato si delinea un percorso riabilitativo personalizzato; infine nelle fasi di trattamento e consolidamento, il paziente verrà indirizzato nel percorso di gruppo più adeguato nel quale sarà partecipe di dinamiche di confronto coni pari. Per la fase del mantenimento gli psicologi consigliano di puntare al cambiamento radicale del proprio stile di vita e di proseguire la riabilitazione nei gruppi di Auto-aiuto, o partecipando a colloqui di sostegno.