“Gioca-Scuola”, recupero scolastico e attività ludiche per bambini disagiati
Barlettalife intervista Valentina Lombardi, responsabile del progetto dell’Unitalsi. Interviene inoltre il Presidente dell’Unitalsi di Barletta Cosimo Cilli
domenica 13 gennaio 2013
Pochi giorni fa Barlettalife aveva raccontato la preziosa iniziativa sociale "Ti porto un sorriso", il divertente pomeriggio di solidarietà che, in occasione degli ultimi giorni di festività, si era svolto presso la Casa Famiglia di Barletta, con i volontari dell'OER e la presenza delle operatrici del Servizio Civile e dell'Unitalsi, in cui sono stati donati regali e organizzati giochi per i bambini presenti. Abbiamo incontrato la referente del progetto "Gioca-Scuola", organizzato dai volontari dell'Unitalsi di Barletta, per capire meglio in cosa consistono le loro attività e qual è lo stato di solidarietà nella nostra città, soprattutto verso i bambini.
Valentina, lei di cosa si occupa personalmente?
«Sono responsabile del progetto Gioca-Scuola e in questa veste mi occupo del coordinamento delle attività del progetto e dei volontari che si dedicano ai bambini. Insieme concordiamo quali attività seguire: in base al periodo dell'anno, in occasione del Natale, il carnevale, la Pasqua, i bambini sono impegnati in laboratori teatrali musical e corsi in cui vengono stimolati alla produzione di lavoretti e manifatture».
Da quanti anni opera nelle attività sociali?
«Dal 1999, cioè da quando avevo diciannove anni. Inizialmente ho svolto un anno di Servizio Civile, sono stata volontaria nella Casa Famiglia Mons. Vincenzo Frezza, adesso sono Dama dell'Unitalsi e seguo quotidianamente il grande progetto di volontariato dell'Unitalsi Gioca-Scuola, mentre lavoro presso la Casa Famiglia».
Come è nato il progetto "Gioca-Scuola"?
«Tutto è partito dalla richiesta di una mamma disperata perché non riusciva a seguire sua figlia nei compiti. La donna ha contattato la Casa Famiglia per chiedere aiuto, inizialmente seguivamo lì i bambini ma fortunatamente poco dopo Suor Maria Lamacchia ha messo a disposizione dei volontari dei locali annessi alla chiesa di San Benedetto, in cui tutt'ora si svolgono le attività del Gioca-Scuola, con il forte sostegno e disponibilità di Don Francesco Doronzo».
Fino a che età seguite i bambini? E' capitato di dover reinserire bambini che superata la soglia d'età massima avevano già lasciato il progetto?
«Nei casi di normalità si seguono i bambini dalla prima alla quinta elementare, si fanno eccezioni per bambini con disabilità gravi, spesso superata l'età vengono affidati all'Unitalsi, ma talvolta in casi disperatissimi ci è anche capitato di far rientrare bambini che erano già andati via; d'estate invece i bambini sono inseriti nelle colonie estive».
Sono le famiglie a rivolgersi a voi o le segnalazioni partono dai servizi sociali?
«La maggior parte delle volte sono i Servizi Sociali a segnalare i casi che accogliamo: bambini con situazioni familiari problematiche, o con gravi disagi personali come iperattività o difficoltà a inserirsi e a interagire, che non curati sarebbero destinati a un futuro delinquenziale. Le richieste di inserimento nell'ambito del progetto sono numerosissime quindi molte volte per avere la certezza aspettiamo le segnalazioni dei Servizi d'integrazione scolastica».
Che tipo di rapporto si instaura tra volontario e utente?
«Un rapporto fraterno, i bambini diventano parte della tua quotidianità e quindi parte di te, pensando a loro percepiamo il pericolo delle situazioni che vivono nell'ambito familiare e seguendoli, quando si avvicinano all'adolescenza diventiamo i loro confidenti preferiti, un punto di riferimento che li accoglie in un ambiente sano che li comprende, ci sono casi in cui i genitori hanno serie difficoltà a percepire e ammettere la gravità delle cose».
Vi capita di percepire attraverso i bambini casi di violenza familiare?
«Alcune volte tristemente percepiamo casi del genere, ma essendo la nostra un'attività di volontariato non abbiamo l'abilitazione e la possibilità di intervenire».
Tra i progetti seguiti dall'Unitalsi oltre il "Gioca Scuola", la Casa Famiglia Mons. Vincenzo Frezza e la Casa della Speranza quali servizi offrono?
Cosimo Cilli: «La Comunità socio riabilitativa (Casa Famiglia) è a disposizione di disabili spesso molto giovani non autosufficienti, le cui famiglie sono impossibilitate a seguirli. Nella Casa Famiglia riacquistano la propria dignità di persona: non sono più dei semplici utenti e possono vivere normalmente la propria età; mentre nella Casa della Speranza sono accolte donne gestanti e mamme con figli a carico con difficoltà gravi».
Valentina, lei di cosa si occupa personalmente?
«Sono responsabile del progetto Gioca-Scuola e in questa veste mi occupo del coordinamento delle attività del progetto e dei volontari che si dedicano ai bambini. Insieme concordiamo quali attività seguire: in base al periodo dell'anno, in occasione del Natale, il carnevale, la Pasqua, i bambini sono impegnati in laboratori teatrali musical e corsi in cui vengono stimolati alla produzione di lavoretti e manifatture».
Da quanti anni opera nelle attività sociali?
«Dal 1999, cioè da quando avevo diciannove anni. Inizialmente ho svolto un anno di Servizio Civile, sono stata volontaria nella Casa Famiglia Mons. Vincenzo Frezza, adesso sono Dama dell'Unitalsi e seguo quotidianamente il grande progetto di volontariato dell'Unitalsi Gioca-Scuola, mentre lavoro presso la Casa Famiglia».
Come è nato il progetto "Gioca-Scuola"?
«Tutto è partito dalla richiesta di una mamma disperata perché non riusciva a seguire sua figlia nei compiti. La donna ha contattato la Casa Famiglia per chiedere aiuto, inizialmente seguivamo lì i bambini ma fortunatamente poco dopo Suor Maria Lamacchia ha messo a disposizione dei volontari dei locali annessi alla chiesa di San Benedetto, in cui tutt'ora si svolgono le attività del Gioca-Scuola, con il forte sostegno e disponibilità di Don Francesco Doronzo».
Fino a che età seguite i bambini? E' capitato di dover reinserire bambini che superata la soglia d'età massima avevano già lasciato il progetto?
«Nei casi di normalità si seguono i bambini dalla prima alla quinta elementare, si fanno eccezioni per bambini con disabilità gravi, spesso superata l'età vengono affidati all'Unitalsi, ma talvolta in casi disperatissimi ci è anche capitato di far rientrare bambini che erano già andati via; d'estate invece i bambini sono inseriti nelle colonie estive».
Sono le famiglie a rivolgersi a voi o le segnalazioni partono dai servizi sociali?
«La maggior parte delle volte sono i Servizi Sociali a segnalare i casi che accogliamo: bambini con situazioni familiari problematiche, o con gravi disagi personali come iperattività o difficoltà a inserirsi e a interagire, che non curati sarebbero destinati a un futuro delinquenziale. Le richieste di inserimento nell'ambito del progetto sono numerosissime quindi molte volte per avere la certezza aspettiamo le segnalazioni dei Servizi d'integrazione scolastica».
Che tipo di rapporto si instaura tra volontario e utente?
«Un rapporto fraterno, i bambini diventano parte della tua quotidianità e quindi parte di te, pensando a loro percepiamo il pericolo delle situazioni che vivono nell'ambito familiare e seguendoli, quando si avvicinano all'adolescenza diventiamo i loro confidenti preferiti, un punto di riferimento che li accoglie in un ambiente sano che li comprende, ci sono casi in cui i genitori hanno serie difficoltà a percepire e ammettere la gravità delle cose».
Vi capita di percepire attraverso i bambini casi di violenza familiare?
«Alcune volte tristemente percepiamo casi del genere, ma essendo la nostra un'attività di volontariato non abbiamo l'abilitazione e la possibilità di intervenire».
Tra i progetti seguiti dall'Unitalsi oltre il "Gioca Scuola", la Casa Famiglia Mons. Vincenzo Frezza e la Casa della Speranza quali servizi offrono?
Cosimo Cilli: «La Comunità socio riabilitativa (Casa Famiglia) è a disposizione di disabili spesso molto giovani non autosufficienti, le cui famiglie sono impossibilitate a seguirli. Nella Casa Famiglia riacquistano la propria dignità di persona: non sono più dei semplici utenti e possono vivere normalmente la propria età; mentre nella Casa della Speranza sono accolte donne gestanti e mamme con figli a carico con difficoltà gravi».