Gesù, il Pastore bello, che conosce, chiama ed ama senza distinzioni

Dal Vangelo secondo Giovanni

domenica 26 aprile 2015 12.29
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
La quarta domenica di Pasqua ci propone sempre un brano tratto dal capitolo decimo del Vangelo di Giovanni in cui Gesù si manifesta come il Pastore bello. Preferisco questa traduzione letterale a quella tradizionale di Buon Pastore perché anzitutto è più fedele al testo greco e poi perché quel che si sottolinea è, prima che la bontà, l'essere pastore di Gesù. E perché bello? Perché tutto ciò che è bello attrae, e Gesù non vuole costringerci ma esercitare su di noi il fascino dell'attrazione attraverso la bellezza, via privilegiata, secondo Dostoevskij, per salvare il mondo, oggi forse come non mai abbrut(t)ito da ciascuno di noi con i propri atteggiamenti. Io sono: questa espressione non ci deve sfuggire perché indica una manifestazione di Gesù in piena continuità col Dio salvatore d'Israele, tante volte presente nel quarto vangelo. Quando Gesù parla così ci sta comunicando qualcosa di veramente importante. D'altronde il modo più bello con cui un re d'Israele poteva sentirsi chiamare era proprio quello di pastore, perché apparteneva propriamente a Dio stesso.

Il pastore bello dà la vita per le pecore, conosce le pecore, guida altre pecore. Questa sequenza di azioni sottolinea che la sua vita non è concentrata su di sé ma decentrata perché gli importa delle pecore. Il pastore si differenzia dal mercenario perché dà la vita, mentre il secondo prende la vita dalle pecore. La sua conoscenza delle pecore è contraccambiata. E non si accontenta delle pecore di un solo ovile ma apre nuovi orizzonti guidando altre pecore. Come è possibile questo? Ascoltando la sua voce! Allora questa domenica diventa una occasione per chiederci se siamo in grado di ascoltare la sua voce, se siamo disposti a metterci in gioco per allargare il cerchio, aprire le nostre comunità, e non chiuderle. Le comunità si allargano se il cuore è aperto. Insieme alla mente! Che il Signore ci conceda un cuore libero, docile, aperto. E una mente intelligente alle necessità che ci circondano.
Buona domenica!