Free Palestina: non una guerra convenzionale, ma una lotta umanitaria
Anche a Barletta un presidio di solidarietà per la popolazione palestinese
venerdì 18 luglio 2014
9.38
La guerra è la massima espressione dello spirito universale, della razionalità che penetra il mondo, perché a vincere è sempre chi ha ragione. Hegel diceva questo in un '800 di rivoluzioni popolari, di formazioni statali. A distanza di un secolo, esattamente nel 1948, quando è nato lo Stato d'Israele, chi ha ragione tra Palestinesi e Israeliani? Chi ha diritto alla sua autodeterminazione in quanto popolo? Quali i diritti lesi? Quali quelli abusati? Ma soprattutto, esiste una guerra giusta?
La giusta causa la trova la sinistra barlettana (collettivo Exit, Alternativa comunista e Arci Cafiero), che ha organizzato ieri una manifestazione a microfono aperto in Piazza Caduti per associarsi alla richiesta mondiale "Stop bombing Gaza". Gaza, una striscia nella quale è rinchiuso un popolo, quello arabo-palestinese, il cui territorio è stato spartito nel 1947 per volontà dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, nella quale si decise la creazione dello Stato d'Israele, «un enclave militare imperialista in Medio Oriente, uno stato criminale, il secondo esercito più potente al mondo, uno stato la cui ricchezza fa comodo a molte economie europee e americane », dicono durante la manifestazione. La solidarietà espressa nei confronti della popolazione palestinese, ormai ridotta all'osso dopo apartheid, bombardamenti e massacri, ha un obiettivo drastico e ben delineato: distruggere lo Stato sionista, perché reo di una guerra ingiusta, perché finestra in oriente dei poteri forti occidentali, perché seme di morte civile e infantile. «L'autodifesa è solo un pretesto: l'uccisione dei tre ragazzi israeliani è una montatura ebrea-affermano in piazza-per avere il casus belli ad hoc. La città dove sono stati trovati i corpi dei tre ragazzi, Hebron, pur appartenendo allo Stato palestinese, è sotto il controllo dell'esercito e dei fondamentalisti sionisti. Ancora una volta, il potere d'Israele penetra la comunicazione e dissuade l'opinione pubblica dall'atrocità di questo massacro».
«Non si possono voltare le spalle alla storia. Quello che le immagini dei TG ci fanno vedere ogni giorno è il senso della contemporaneità, della pre-potenza umana, della morte dei diritti alla vita, al territorio, alla pace. Non è una lotta convenzionale ad armi pari: qui si tratta di un conflitto tra due attori di diversa scuola. Da un lato uno stato ricco, potente, fortemente militarizzato; dall'altro una popolazione inerme, le cui condizioni d'esistenza sono state usurpate. Siamo umani!» è la considerazione di Badr Fakhouri, icona dell'integrazione nella città di Barletta. Forte anche l'appello degli organizzatori, che si rivolgono alla Regione Puglia: «Pretendiamo che la Regione Puglia tagli qualsiasi tipo di rapporto o accordo commerciale con lo Stato d'Israele. I primi finanziatori dell'economia sionista sono i nostri governanti, locali e statali. L'Italia con Finmeccanica è supporter di armi da guerra finalizzate alla distruzione della popolazione araba. Stringere questo tipo di relazioni con l'estero dovrebbe essere bandito in una democrazia come la nostra».
Quello che si chiede per la Palestina non è una semplice pace. Questo è il caso di una complessità più imbrigliata: si vuole la ridefinizione di confini netti e sicuri, la liberazione della popolazione, il ritorno dei profughi, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato della Palestina e la garanzia di non invadenza da parte dei governi fantocci israeliani, come l'Egitto. Eppure, il dibattito non è a senso unico. Il web ha, come al solito, esasperato la difesa palestinese fino a generare grafiche false (la mappa della sparizione dello stato palestinese dal 1948 a oggi) e invettive antisemite. Gli estremismi sono sempre condannabili, ma la drammaticità della questione israelo-palestinese è che non sembra esserci l'aristotelico giusto mezzo.
La giusta causa la trova la sinistra barlettana (collettivo Exit, Alternativa comunista e Arci Cafiero), che ha organizzato ieri una manifestazione a microfono aperto in Piazza Caduti per associarsi alla richiesta mondiale "Stop bombing Gaza". Gaza, una striscia nella quale è rinchiuso un popolo, quello arabo-palestinese, il cui territorio è stato spartito nel 1947 per volontà dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, nella quale si decise la creazione dello Stato d'Israele, «un enclave militare imperialista in Medio Oriente, uno stato criminale, il secondo esercito più potente al mondo, uno stato la cui ricchezza fa comodo a molte economie europee e americane », dicono durante la manifestazione. La solidarietà espressa nei confronti della popolazione palestinese, ormai ridotta all'osso dopo apartheid, bombardamenti e massacri, ha un obiettivo drastico e ben delineato: distruggere lo Stato sionista, perché reo di una guerra ingiusta, perché finestra in oriente dei poteri forti occidentali, perché seme di morte civile e infantile. «L'autodifesa è solo un pretesto: l'uccisione dei tre ragazzi israeliani è una montatura ebrea-affermano in piazza-per avere il casus belli ad hoc. La città dove sono stati trovati i corpi dei tre ragazzi, Hebron, pur appartenendo allo Stato palestinese, è sotto il controllo dell'esercito e dei fondamentalisti sionisti. Ancora una volta, il potere d'Israele penetra la comunicazione e dissuade l'opinione pubblica dall'atrocità di questo massacro».
«Non si possono voltare le spalle alla storia. Quello che le immagini dei TG ci fanno vedere ogni giorno è il senso della contemporaneità, della pre-potenza umana, della morte dei diritti alla vita, al territorio, alla pace. Non è una lotta convenzionale ad armi pari: qui si tratta di un conflitto tra due attori di diversa scuola. Da un lato uno stato ricco, potente, fortemente militarizzato; dall'altro una popolazione inerme, le cui condizioni d'esistenza sono state usurpate. Siamo umani!» è la considerazione di Badr Fakhouri, icona dell'integrazione nella città di Barletta. Forte anche l'appello degli organizzatori, che si rivolgono alla Regione Puglia: «Pretendiamo che la Regione Puglia tagli qualsiasi tipo di rapporto o accordo commerciale con lo Stato d'Israele. I primi finanziatori dell'economia sionista sono i nostri governanti, locali e statali. L'Italia con Finmeccanica è supporter di armi da guerra finalizzate alla distruzione della popolazione araba. Stringere questo tipo di relazioni con l'estero dovrebbe essere bandito in una democrazia come la nostra».
Quello che si chiede per la Palestina non è una semplice pace. Questo è il caso di una complessità più imbrigliata: si vuole la ridefinizione di confini netti e sicuri, la liberazione della popolazione, il ritorno dei profughi, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato della Palestina e la garanzia di non invadenza da parte dei governi fantocci israeliani, come l'Egitto. Eppure, il dibattito non è a senso unico. Il web ha, come al solito, esasperato la difesa palestinese fino a generare grafiche false (la mappa della sparizione dello stato palestinese dal 1948 a oggi) e invettive antisemite. Gli estremismi sono sempre condannabili, ma la drammaticità della questione israelo-palestinese è che non sembra esserci l'aristotelico giusto mezzo.