Festa del 2 giugno, la riflessione di Michele Grimaldi
ll direttore della sezione di Barletta dell'Archivio di Stato ricorda la costituente Vittoria Anna Sterpeta Titomanlio
venerdì 2 giugno 2023
Riceviamo e pubblichiamo il contributo del direttore dell'archivio di Stato di Barletta Michele Grimaldi sulla festa della Repubblica.
Era il 2 giugno 1946 quando con un referendum a suffragio universale i cittadini italiani furono chiamati a scegliere tra Repubblica e Monarchia. Una data cruciale che, oltre a determinare uno stravolgimento dell'assetto dello Stato italiano, segnò il raggiungimento di una sofferta conquista: la prima volta al voto delle donne. Sono trascorsi 77 anni.
Tale ricorrenza dal particolare valore civile e simbolico, nonché i cambiamenti che hanno caratterizzato la contesa politica nella democrazia italiana nell'arco di questi decenni, come è facilmente comprensibile, riveste una particolarissima importanza.
Dovendo scegliere un modo non usuale di raccontare la storia della Repubblica italiana ho pensato di rapportarlo al territorio della Provincia Barletta Andria Trani guardando soprattutto al modo in cui si avvicinarono le componenti sociali a quell'importante appuntamento elettorale. Si può così vedere anche come, nella storia italiana, ci siano stati cambiamenti epocali che hanno comportato la scomparsa dalla scena politica dei partiti storici che avevano contribuito alla vita della Repubblica nei suoi primi anni.
Alla fine di maggio del 1946 c'erano ancora dappertutto case squarciate dai bombardamenti, gente ammucchiata in precari alloggi di coabitazione, famiglie in attesa degli ultimi militari prigionieri, campi inglesi e americani con la loro corte di piccoli traffici e malavita spicciola. I "nuovi" responsabili della cosa pubblica si preparavano ai compiti inediti della pace: ricostruire case e fabbriche, aiutare la gente più colpita, dare un senso nuovo a un paese uscito da venti anni di dittatura e da una guerra che aveva coinvolto, per la prima volta, i civili quanto gli eserciti.
La campagna elettorale si faceva nelle strade, nelle piazze, nei mercati, nelle case chiedendo consiglio ai più anziani che avevano vissuto nell'Italia pre fascista e nei paesi del loro esilio ma soprattutto inventando modi e luoghi. Ma i principali protagonisti della campagna elettorale furono i giovani (servivano 21 anni per votare!), la presenza più visibile nelle manifestazioni con cartelli fatti a mano, bellissimi, con caricature, fotomontaggi, scritte fantasiose, bandiere, canzoni. Erano loro ad affiggere i manifesti con la colla casalinga, acqua e farina cucinate da madri compiacenti, a fare le scritte di vernice rossa o inchiostro da stampa, se c'era qualche tipografia amica. Erano loro a distribuire volantini, ad animare i dibattiti di strada e insegnare a votare. I simboli e gli slogan attaccati ai muri, i comizi, tutti gremiti, erano l'aspetto più vistoso e nuovo ma la propaganda vera era quella di migliaia di attivisti che giravano casa per casa e creavano momenti di discussione al mercato, in piazza, nei bar.
Arrivò così il 2 giugno e gli entusiasmi si smorzarono in diffuso timore: come avrebbero votato gli anziani? E le donne ritenute, dal diffuso maschilismo dell'epoca, succubi di scrupoli religiosi o pietistici? Come avrebbe votato il sud? E i carabinieri? Si presidiarono i seggi tutta la notte per paura dei brogli dai quali qualcuno aveva messo in guardia. I risultati tardavano, alimentando i peggiori sospetti. Poi il comunicato liberatore: la Repubblica ha vinto!
Fu come una seconda liberazione: mentre i rotocalchi preparavano i servizi fotografici di Umberto in borghese sulla scaletta dell'aereo che lo avrebbe alla fine portato via. Giovani e anziani, elettori e invasero le strade cantando, gridando, abbracciandosi, sventolando, insieme a tante bandiere tricolore.
Al termine di quella contesa elettorale, non certo facile, la Puglia e Barletta in particolare, ebbe l'onore di esprimere una delle 21 donne elette a far parte della Costituente. Mi riferisco a Titomanlio Vittoria Anna Sterpeta.
Nata a Barletta in via Canosa al civico 20 alle due e venti del 22 aprile 1899 da Titomanlio Sabino, Ispettore Demaniale residente a Napoli ma a Barletta per lavoro e da De Boffe Carolina, visse i suoi primi anni nella Città della Disfida. Tornata a Napoli, dove svolgerà l'attività di maestra elementare e terminerà la sua esistenza a 89 anni il 28 dicembre 1988, viene eletta, in quel collegio, nel 1946 a 47 anni alla Costituente e poi il 3 giugno 1958 al Parlamento nel gruppo della Democrazia Cristiana sino al 15 maggio 1963. Durante quel mandato è componente della VIII Commissione Istruzione e Belle Arti, della XII Industria e Commercio ed infine della Commissione speciale per l'esame del disegno e delle proposte di legge concernenti provvedimenti per la Città di Napoli.
Oltre alla Costituente Vittoria Titomanlio, furono eletti alla Camera nel collegio Bari-Foggia, tra gli altri, Aldo Moro e il barlettano Vito Antonio Monterisi per la Democrazia Cristiana e Giuseppe Di Vittorio con Francesco Capacchione per il Fronte Democratico Popolare. Al Senato, nel collegio elettorale della Puglia, fecero il loro ingresso l'Ammiraglio barlettano Ferdinando Casardi e l'avvocato andriese Onofrio Jannuzzi, ambedue eletti nelle fila della D.C.
Era il 2 giugno 1946 quando con un referendum a suffragio universale i cittadini italiani furono chiamati a scegliere tra Repubblica e Monarchia. Una data cruciale che, oltre a determinare uno stravolgimento dell'assetto dello Stato italiano, segnò il raggiungimento di una sofferta conquista: la prima volta al voto delle donne. Sono trascorsi 77 anni.
Tale ricorrenza dal particolare valore civile e simbolico, nonché i cambiamenti che hanno caratterizzato la contesa politica nella democrazia italiana nell'arco di questi decenni, come è facilmente comprensibile, riveste una particolarissima importanza.
Dovendo scegliere un modo non usuale di raccontare la storia della Repubblica italiana ho pensato di rapportarlo al territorio della Provincia Barletta Andria Trani guardando soprattutto al modo in cui si avvicinarono le componenti sociali a quell'importante appuntamento elettorale. Si può così vedere anche come, nella storia italiana, ci siano stati cambiamenti epocali che hanno comportato la scomparsa dalla scena politica dei partiti storici che avevano contribuito alla vita della Repubblica nei suoi primi anni.
Alla fine di maggio del 1946 c'erano ancora dappertutto case squarciate dai bombardamenti, gente ammucchiata in precari alloggi di coabitazione, famiglie in attesa degli ultimi militari prigionieri, campi inglesi e americani con la loro corte di piccoli traffici e malavita spicciola. I "nuovi" responsabili della cosa pubblica si preparavano ai compiti inediti della pace: ricostruire case e fabbriche, aiutare la gente più colpita, dare un senso nuovo a un paese uscito da venti anni di dittatura e da una guerra che aveva coinvolto, per la prima volta, i civili quanto gli eserciti.
La campagna elettorale si faceva nelle strade, nelle piazze, nei mercati, nelle case chiedendo consiglio ai più anziani che avevano vissuto nell'Italia pre fascista e nei paesi del loro esilio ma soprattutto inventando modi e luoghi. Ma i principali protagonisti della campagna elettorale furono i giovani (servivano 21 anni per votare!), la presenza più visibile nelle manifestazioni con cartelli fatti a mano, bellissimi, con caricature, fotomontaggi, scritte fantasiose, bandiere, canzoni. Erano loro ad affiggere i manifesti con la colla casalinga, acqua e farina cucinate da madri compiacenti, a fare le scritte di vernice rossa o inchiostro da stampa, se c'era qualche tipografia amica. Erano loro a distribuire volantini, ad animare i dibattiti di strada e insegnare a votare. I simboli e gli slogan attaccati ai muri, i comizi, tutti gremiti, erano l'aspetto più vistoso e nuovo ma la propaganda vera era quella di migliaia di attivisti che giravano casa per casa e creavano momenti di discussione al mercato, in piazza, nei bar.
Arrivò così il 2 giugno e gli entusiasmi si smorzarono in diffuso timore: come avrebbero votato gli anziani? E le donne ritenute, dal diffuso maschilismo dell'epoca, succubi di scrupoli religiosi o pietistici? Come avrebbe votato il sud? E i carabinieri? Si presidiarono i seggi tutta la notte per paura dei brogli dai quali qualcuno aveva messo in guardia. I risultati tardavano, alimentando i peggiori sospetti. Poi il comunicato liberatore: la Repubblica ha vinto!
Fu come una seconda liberazione: mentre i rotocalchi preparavano i servizi fotografici di Umberto in borghese sulla scaletta dell'aereo che lo avrebbe alla fine portato via. Giovani e anziani, elettori e invasero le strade cantando, gridando, abbracciandosi, sventolando, insieme a tante bandiere tricolore.
Al termine di quella contesa elettorale, non certo facile, la Puglia e Barletta in particolare, ebbe l'onore di esprimere una delle 21 donne elette a far parte della Costituente. Mi riferisco a Titomanlio Vittoria Anna Sterpeta.
Nata a Barletta in via Canosa al civico 20 alle due e venti del 22 aprile 1899 da Titomanlio Sabino, Ispettore Demaniale residente a Napoli ma a Barletta per lavoro e da De Boffe Carolina, visse i suoi primi anni nella Città della Disfida. Tornata a Napoli, dove svolgerà l'attività di maestra elementare e terminerà la sua esistenza a 89 anni il 28 dicembre 1988, viene eletta, in quel collegio, nel 1946 a 47 anni alla Costituente e poi il 3 giugno 1958 al Parlamento nel gruppo della Democrazia Cristiana sino al 15 maggio 1963. Durante quel mandato è componente della VIII Commissione Istruzione e Belle Arti, della XII Industria e Commercio ed infine della Commissione speciale per l'esame del disegno e delle proposte di legge concernenti provvedimenti per la Città di Napoli.
Oltre alla Costituente Vittoria Titomanlio, furono eletti alla Camera nel collegio Bari-Foggia, tra gli altri, Aldo Moro e il barlettano Vito Antonio Monterisi per la Democrazia Cristiana e Giuseppe Di Vittorio con Francesco Capacchione per il Fronte Democratico Popolare. Al Senato, nel collegio elettorale della Puglia, fecero il loro ingresso l'Ammiraglio barlettano Ferdinando Casardi e l'avvocato andriese Onofrio Jannuzzi, ambedue eletti nelle fila della D.C.