Fabio Tavelli augura a tutti 'Buon Sud Africa'
L'autore ha presentato il suo ultimo libro. Racconti e letture di un’esperienza straordinaria
venerdì 10 dicembre 2010
Resettate dalle vostre menti il Waka Waka di Shakira, le vuvuzelas, il sogno del Ghana e l'Italia di Lippi che abbandona mestamente il mondiale. Questo il diktat di Fabio Tavelli nell'incontro avuto con il numeroso e interessato pubblico accorso lo scorso 3 dicembre presso la libreria Punto Einaudi di Barletta, quando Tavelli ha presentato il suo primo libro. «qualche pagina per ricordare, alcune per riflettere, altre per cazzeggiare… più di un mese di sopravvivenza all'inverno australe, ai luoghi comuni e ad una certa ripetitività… »: queste le parole di esordio de La Mia Sud Africa, opera prima di Fabio Tavelli, uno dei più noti esponenti del giornalismo sportivo italiano, conduttore del tg all news di Sky, Sky Sport 24, inviato per Sky Sport 24 in Sudafrica. Il libro si presenta come la raccolta di impressioni, emozioni e incontri (alcuni davvero commoventi) vissuti nell'esperienza nella terra di Nelson Mandela, un'esperienza indimenticabile durata ben 40 giorni. L'incontro è stato promosso dall'Associazione Culturale I Think in collaborazione con Barlettalife. La moderazione dell'evento è stata affidata a Luca Guerra, vice-direttore responsabile di I Think Magazine e redattore di Barlettalife, e Mario Sculco, editore di Barlettalife. L'evento è stato possibile anche grazie al patrocinio del Comune di Barletta, che ha seguito e sponsorizzato l'organizzazione dell'evento
L'incontro ha visto un Tavelli in grande spolvero, capace di tener banco per quasi due ore, intessendo la trama del suo racconto "made in Sudafrica" attraverso la descrizione magnificata dei suoni, delle persone e delle immagini che gli sono rimasti impressi nella mente dall'avventura nella "Rainbow Nation". Al racconto dell'autore, che prendeva spunto dalle domande postegli dai moderatori per dar vita a riflessioni profonde, lontane dalla superficialità del gioco e del mondo del calcio, si è affiancata la struggente lettura di alcuni passi del libro, che hanno avvicinato il pubblico presente alla conoscenza di una terra tanto misteriosa e lontana da noi, quanto amabile: Johannesburg è lontana quasi 10.000 km e la Spagna è campione del mondo da quasi cinque mesi. Eppure il ricordo di Tavelli è stato quasi più fresco dell'inchiostro riversato sul diario di bordo: dai dubbi della vigilia pre-partenza alla descrizione del residence Bakara per soli bianchi (nella zona sudafricana di Bassonia), al rapporto con i colleghi, fino all'obbligo di aspettare il driver di turno a lavoro giornaliero ultimato ("…perché lì da solo non puoi gironzolare liberamente…"), alla scoperta dell'umanità che lega, nonostante tutto, i popoli dell'Africa.
Nell'arco della presentazione del libro Tavelli ha infatti a più riprese spiegato, ritornando con la mente all'incontro e allo scambio di opinioni avuto durante il mondiale con una collega ugandese, come l'edizione del 2010 fosse vissuta e sentita come "Il mondiale dell'Africa intera" e non solo come "il mondiale del Sud Africa": una bella lezione di vita per noi italiani, che fatichiamo spesso a risvegliare nei nostri cuori il concetto di patria, ancor prima di quello di "cittadini europei" .
Un racconto condito da aneddoti curiosi e divertenti, ai quali hanno fatto da contraltare analisi approfondite e "scavate" del momento vissuto dal Sudafrica, nazione che appare davvero al valico delle "Colonne d'Ercole" per lasciare alle spalle la tragica esperienza dell'apartheid: gli sguardi commossi di parte del pubblico, l'animato dibattito che ne è seguito e le richieste di foto e autografi sulle copie del libro testimoniano il successo dell'evento. Con l'augurio, spesso ribadito dal Tavelli, di "buona Sudafrica a tutti".
L'incontro ha visto un Tavelli in grande spolvero, capace di tener banco per quasi due ore, intessendo la trama del suo racconto "made in Sudafrica" attraverso la descrizione magnificata dei suoni, delle persone e delle immagini che gli sono rimasti impressi nella mente dall'avventura nella "Rainbow Nation". Al racconto dell'autore, che prendeva spunto dalle domande postegli dai moderatori per dar vita a riflessioni profonde, lontane dalla superficialità del gioco e del mondo del calcio, si è affiancata la struggente lettura di alcuni passi del libro, che hanno avvicinato il pubblico presente alla conoscenza di una terra tanto misteriosa e lontana da noi, quanto amabile: Johannesburg è lontana quasi 10.000 km e la Spagna è campione del mondo da quasi cinque mesi. Eppure il ricordo di Tavelli è stato quasi più fresco dell'inchiostro riversato sul diario di bordo: dai dubbi della vigilia pre-partenza alla descrizione del residence Bakara per soli bianchi (nella zona sudafricana di Bassonia), al rapporto con i colleghi, fino all'obbligo di aspettare il driver di turno a lavoro giornaliero ultimato ("…perché lì da solo non puoi gironzolare liberamente…"), alla scoperta dell'umanità che lega, nonostante tutto, i popoli dell'Africa.
Nell'arco della presentazione del libro Tavelli ha infatti a più riprese spiegato, ritornando con la mente all'incontro e allo scambio di opinioni avuto durante il mondiale con una collega ugandese, come l'edizione del 2010 fosse vissuta e sentita come "Il mondiale dell'Africa intera" e non solo come "il mondiale del Sud Africa": una bella lezione di vita per noi italiani, che fatichiamo spesso a risvegliare nei nostri cuori il concetto di patria, ancor prima di quello di "cittadini europei" .
Un racconto condito da aneddoti curiosi e divertenti, ai quali hanno fatto da contraltare analisi approfondite e "scavate" del momento vissuto dal Sudafrica, nazione che appare davvero al valico delle "Colonne d'Ercole" per lasciare alle spalle la tragica esperienza dell'apartheid: gli sguardi commossi di parte del pubblico, l'animato dibattito che ne è seguito e le richieste di foto e autografi sulle copie del libro testimoniano il successo dell'evento. Con l'augurio, spesso ribadito dal Tavelli, di "buona Sudafrica a tutti".