Elio al Curci: uno spettacolo in cui ci vuole orecchio
Ha interpretato e cantato il cantautore Jannacci, in una performance ricca di musica e colori
domenica 13 febbraio 2022
3.40
Nella serata del 12 febbraio il Teatro Curci sembrava aver riportato in vita uno tra i più grandi protagonisti del cantautorato italiano: Enzo Jannacci.
È stato Elio, il leader delle Storie tese, a vestire i panni del musicista milanese, in una interpretazione personalissima e così ricca da confondersi con il personaggio reale.
Era accompagnato da quelli che sono stati definiti "compagni di viaggio": Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono e Giulio Tullio al trombone. Un palco con protagonisti esclusivamente uomini e in cui Tomelleri ha spiccato per bravura andando in perfetto accordo e armonia con gli altri componenti.
Sin dai primi minuti, con tanta commozione ed entusiasmo, è stata sottolineata la bellezza di rivedere finalmente il teatro pieno nonché unico luogo che ci è rimasto per ascoltare un po' di sana musica dal vivo, in attesa dopo due anni di una ripartenza.
Elio ha portato colori, allegria, ironia che sembravano preannunciare il risveglio della musica e dei concerti. Ma la sua oltre ad essere una ottima performance canora e musicale, è stata anche una discesa in profondità per calarsi a pieno nei panni di Jannacci, recitandolo in tutte le sue movenze, tonalità, arrivando ad avere lo stesso umorismo.
È proprio il suo essere fuori dagli schemi, così non convenzionale che lo hanno portato ad interpretare questo personaggio. L'obbiettivo dell'intera performance è stato quello di guidare con mano l'ascoltatore in un viaggio tra la storia e le melodie della musica italiana, conducendo in un mondo parallelo per un'ora e trenta, fatto di arte, coriandoli, schizzi, abiti bizzarri e tanta tanta musica. Cosa ne resta dopo? Una riflessione: sui tempi cambianti, sull'incapacità di Elio e forse anche di Jannacci di adattarsi ad un mondo troppo rigido, troppo quadrato e poco multiforme.
«Ci vuole orecchio, bisogna avere orecchio» perché infondo c'è davvero bisogno di quell'orecchio sensibile che hanno i musicisti, i creativi, i poeti, gli artisti.
«Quando vado a teatro sono molto teso. A teatro sin dalla prima frase hai già capito tutto, perché qui il tempo si ferma. Sei piantato lì sulla poltroncina e lo spettacolo durerà ore. Fuori ci sono le persone che ami, le cose che ti piacciono e devi considerarle perdute perché tu sei lì a guardare lo spettacolo interminabile» con questo gioco ironico metateatrale, Elio e i suoi compagni hanno iniziato a strimpellare le prime note della serata.
Corre sul posto, fa passi di tip tap con i piedi, guarda sempre il pubblico nella speranza che si stia divertendo proprio come lui vorrebbe. Affronta diversi temi: Milano, i giovani, i ristoranti fusion, le storie d'amore, racconta anche un aneddoto di una scritta che ha ritrovato sotto casa sua che recitava: "Margherita".
È stato Elio, il leader delle Storie tese, a vestire i panni del musicista milanese, in una interpretazione personalissima e così ricca da confondersi con il personaggio reale.
Era accompagnato da quelli che sono stati definiti "compagni di viaggio": Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono e Giulio Tullio al trombone. Un palco con protagonisti esclusivamente uomini e in cui Tomelleri ha spiccato per bravura andando in perfetto accordo e armonia con gli altri componenti.
Sin dai primi minuti, con tanta commozione ed entusiasmo, è stata sottolineata la bellezza di rivedere finalmente il teatro pieno nonché unico luogo che ci è rimasto per ascoltare un po' di sana musica dal vivo, in attesa dopo due anni di una ripartenza.
Elio ha portato colori, allegria, ironia che sembravano preannunciare il risveglio della musica e dei concerti. Ma la sua oltre ad essere una ottima performance canora e musicale, è stata anche una discesa in profondità per calarsi a pieno nei panni di Jannacci, recitandolo in tutte le sue movenze, tonalità, arrivando ad avere lo stesso umorismo.
È proprio il suo essere fuori dagli schemi, così non convenzionale che lo hanno portato ad interpretare questo personaggio. L'obbiettivo dell'intera performance è stato quello di guidare con mano l'ascoltatore in un viaggio tra la storia e le melodie della musica italiana, conducendo in un mondo parallelo per un'ora e trenta, fatto di arte, coriandoli, schizzi, abiti bizzarri e tanta tanta musica. Cosa ne resta dopo? Una riflessione: sui tempi cambianti, sull'incapacità di Elio e forse anche di Jannacci di adattarsi ad un mondo troppo rigido, troppo quadrato e poco multiforme.
«Ci vuole orecchio, bisogna avere orecchio» perché infondo c'è davvero bisogno di quell'orecchio sensibile che hanno i musicisti, i creativi, i poeti, gli artisti.
«Quando vado a teatro sono molto teso. A teatro sin dalla prima frase hai già capito tutto, perché qui il tempo si ferma. Sei piantato lì sulla poltroncina e lo spettacolo durerà ore. Fuori ci sono le persone che ami, le cose che ti piacciono e devi considerarle perdute perché tu sei lì a guardare lo spettacolo interminabile» con questo gioco ironico metateatrale, Elio e i suoi compagni hanno iniziato a strimpellare le prime note della serata.
Corre sul posto, fa passi di tip tap con i piedi, guarda sempre il pubblico nella speranza che si stia divertendo proprio come lui vorrebbe. Affronta diversi temi: Milano, i giovani, i ristoranti fusion, le storie d'amore, racconta anche un aneddoto di una scritta che ha ritrovato sotto casa sua che recitava: "Margherita".