Educazione delle masse (di giovani)
Lo strano caso di Trani: Ferrante e Operamolla. Tra primarie, pranzi e nuova classe dirigente
mercoledì 28 marzo 2012
11.48
Lo dichiaro in premessa, a scanso di equivoci. Ho guardato con simpatia e favore al modo in cui è nata la candidatura di Ugo Operamolla a sindaco di Trani. Al nucleo combattivo (Sel, Psi, Etica e Politica, Liberamente democratici, il Vaso di Pandora) che ha dato il via alla sua decisione e anche alla capacità di allargare progressivamente la coalizione a suo sostegno fino a includere gran parte del cosiddetto Terzo Polo. Mi sembra che questo tipo di incubazione sia il metodo migliore per affrontare le amministrative in realtà difficili per il centrosinistra come la roccaforte nera di Trani. Una città in cui il MSI riusciva a eleggere parlamentari nella Prima Repubblica e che, dalla elezione diretta del primo cittadino, è stata (tranne la breve parentesi di Avantario) solidamente nelle mani della destra che oggi candida il presidente del consiglio provinciale Luigi Riserbato.
Ma non è di Operamolla che voglio parlare in questo articolo. Ciò che qui interessa osservare e criticare è il modo in cui il maggior partito del centrosinistra, il Pd, ha trattato un suo dirigente ed esponente di punta: Fabrizio Ferrante. La questione assume un valore pedagogico dato che si parla di un giovane dirigente. Facciamo un salto indietro di alcuni mesi. Ferrante mesi fa ottiene dal direttivo cittadino del Pd il mandato a candidarsi alle primarie del centrosinistra. Operamolla era già in campo, ma non aveva alcuna intenzione di sottoporsi al test delle primarie. Se i livelli superiori (provinciale, regionale) del partito avessero voluto fermare Ferrante e il direttivo tranese, sarebbero potuti intervenire bloccando le primarie. Proponendo ad esempio una soluzione facile e giusta: un ticket Operamolla sindaco – Ferrante vicesindaco. Invece nulla. Le primarie si celebrano e ad esse partecipano il Pd, la Buona politica, l'Api e la Federazione della sinistra. Vince Ferrante che a quel punto diventa indicazione non del solo Pd, ma di questa coalizione di quattro soggetti politici. Nel frattempo, come già descritto, Operamolla allarga la propria coalizione giorno dopo giorno. A quel punto i vertici del Pd si risvegliano dal torpore e chiedono a Ferrante un passo indietro. I 2/3 degli iscritti si autosospendono per protesta, il 1/3 rimanente (40 tessere) diventa la base di appoggio per commissariare la sezione tranese del Pd. A Ferrante viene inibito l'uso del simbolo. Il Pd (i 40 tesserati?) appoggia Operamolla.
La vicenda contiene elementi pedagogici, si è già detto. Ai giovani virgulti del Pd si è spiegato per anni che le primarie sono elemento fondante, parte del DNA del Partito democratico. E i giovani virgulti come Fabrizio Ferrante hanno imparato presto a navigare tra le correnti (in ogni senso) agitate del partito (Ferrante era alla Leopolda con Renzi…) e a prepararsi al bagno di folla delle primarie. Nessuno ha detto loro che invece le primarie sono utili a confermare leader già forti, a celebrare miti molto prosaici, al più a pesare il peso di grandi elettori e capi corrente. Per un giovane che si cimenta, invece, può sempre accadere che un pranzo tra Vendola e D'Alema, tra Casini e Fioroni, tra Ferrero e Rutelli (Emiliano pare stia ancora scontando una indigestione di pesce) risulti decisivo. Capovolgendo le previsioni, scompaginando equilibri, facendo precipitare le ideologie, incastonate come stelle nel cielo, sotto forma di bombe. Ferrante andrà avanti. Si schianterà e la divisione del centrosinistra riconsegnerà la città ai legittimi proprietari del Pdl. La rivoluzione forse mangiava i propri figli. Ma il Pd ha commesso a Trani l'ennesimo infanticidio, con gli strumenti sterilizzati della (non)democrazia partitica.
Ma non è di Operamolla che voglio parlare in questo articolo. Ciò che qui interessa osservare e criticare è il modo in cui il maggior partito del centrosinistra, il Pd, ha trattato un suo dirigente ed esponente di punta: Fabrizio Ferrante. La questione assume un valore pedagogico dato che si parla di un giovane dirigente. Facciamo un salto indietro di alcuni mesi. Ferrante mesi fa ottiene dal direttivo cittadino del Pd il mandato a candidarsi alle primarie del centrosinistra. Operamolla era già in campo, ma non aveva alcuna intenzione di sottoporsi al test delle primarie. Se i livelli superiori (provinciale, regionale) del partito avessero voluto fermare Ferrante e il direttivo tranese, sarebbero potuti intervenire bloccando le primarie. Proponendo ad esempio una soluzione facile e giusta: un ticket Operamolla sindaco – Ferrante vicesindaco. Invece nulla. Le primarie si celebrano e ad esse partecipano il Pd, la Buona politica, l'Api e la Federazione della sinistra. Vince Ferrante che a quel punto diventa indicazione non del solo Pd, ma di questa coalizione di quattro soggetti politici. Nel frattempo, come già descritto, Operamolla allarga la propria coalizione giorno dopo giorno. A quel punto i vertici del Pd si risvegliano dal torpore e chiedono a Ferrante un passo indietro. I 2/3 degli iscritti si autosospendono per protesta, il 1/3 rimanente (40 tessere) diventa la base di appoggio per commissariare la sezione tranese del Pd. A Ferrante viene inibito l'uso del simbolo. Il Pd (i 40 tesserati?) appoggia Operamolla.
La vicenda contiene elementi pedagogici, si è già detto. Ai giovani virgulti del Pd si è spiegato per anni che le primarie sono elemento fondante, parte del DNA del Partito democratico. E i giovani virgulti come Fabrizio Ferrante hanno imparato presto a navigare tra le correnti (in ogni senso) agitate del partito (Ferrante era alla Leopolda con Renzi…) e a prepararsi al bagno di folla delle primarie. Nessuno ha detto loro che invece le primarie sono utili a confermare leader già forti, a celebrare miti molto prosaici, al più a pesare il peso di grandi elettori e capi corrente. Per un giovane che si cimenta, invece, può sempre accadere che un pranzo tra Vendola e D'Alema, tra Casini e Fioroni, tra Ferrero e Rutelli (Emiliano pare stia ancora scontando una indigestione di pesce) risulti decisivo. Capovolgendo le previsioni, scompaginando equilibri, facendo precipitare le ideologie, incastonate come stelle nel cielo, sotto forma di bombe. Ferrante andrà avanti. Si schianterà e la divisione del centrosinistra riconsegnerà la città ai legittimi proprietari del Pdl. La rivoluzione forse mangiava i propri figli. Ma il Pd ha commesso a Trani l'ennesimo infanticidio, con gli strumenti sterilizzati della (non)democrazia partitica.