Economia allo stremo, il grido di aiuto da Barletta: «Noi la crisi non la paghiamo»

«Nessuno si salva da solo» scandiscono i lavoratori rinnovando il loro grido d’aiuto al Governo centrale

sabato 7 novembre 2020 12.33
A cura di Cosimo Giuseppe Pastore
Ristori certi e rapidi per consentire a chi ha dovuto abbassare le saracinesche, a causa dell'emergenza sanitaria, di sopravvivere ad una seconda e ugualmente feroce emergenza. Quella economica.

È quanto chiedono anche i lavoratori di Barletta, da ieri in zona arancione insieme al resto della regione Puglia, che questa mattina sono scesi in piazza "Aldo Moro". «Nessuno si salva da solo» scandiscono, rinnovando il loro grido d'aiuto al Governo centrale che pure, ha annunciato ieri, si dice pronto a ristorare le categorie più colpite già dalla prossima settimana.
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«Vogliamo sottolineare le contraddizioni del Dpcm che massacra ancora una volte le categorie che già sono in ginocchio – dice Antonio Quarto (A.P.E. Barletta) – Chiediamo che i ristori siano corposi, importanti e soprattutto puntali perché ci sono ancora dipendenti che aspettano la cassa integrazione da marzo».

Non solo ristorazione. A chiudere, ancora una volta, è l'intero settore della cultura e dello spettacolo. La riapertura estiva del sipario, infatti, è stata solo la parentesi di una ripresa sempre più distante per i lavoratori del comparto. «Quella che è stata solo una falsa ripartenza – osserva Michela Diviccaro in rappresentanza della categoria – adesso ha subito un ennesimo arresto e noi chiediamo che si mettano a parte tutti i fondi previsti dalla cultura e ci si inventi un piano di sostegno fino a dicembre 2021».

Nella medesima situazione si trova lo sport e con esso le palestre che, ribadisce Antonio Lisi, rappresentano anche un presidio medico indispensabile per la salute degli iscritti: «Chiediamo sussidi concreti perché noi abbiamo riaperto a giugno cioè quando la gente non va in palestra, ma al mare. Quindi è come se fossimo stati chiusi da marzo ad agosto, lavorando un po' solo a settembre ed ottobre. Un'attività che lavora solo 3 mesi su 12 è destinata a chiudere».

Ad unirsi alle richieste anche le strutture ricettive, formalmente aperte, ma di fatto vuote a causa delle chiusure. «La nostra categoria che risulta aperta è come se fosse chiusa come le altre attività – la constatazione di Raffaele Rizzi (Barletta Ricettiva) – Abbiamo bisogno di sostenere almeno le spese basilari nelle nostre strutture perché le spese ci sono comunque anche se la gente non arriva».