Don Salvatore Mellone e il suo progetto per gli ammalati poveri
Stasera adorazione eucaristica su ispirazione del parroco scomparso nel 2015
sabato 11 marzo 2017
Stasera a Barletta, nella Chiesa di S. Ruggero, alle ore 20.00, si terrà l'adorazione eucaristica, la quarta, ideata e realizzata su ispirazione e desiderio di Don Salvatore Mellone, ordinato presbitero il 16 aprile 2015 e morto il 29 giugno successivo, all'età di 38 anni. Durante il momento di preghiera la catechesi sarà tenuta da Don Angelo Dipasquale.
"Non posso abbandonarvi proprio ora": con queste parole Salvatore Mellone - ringraziava i suoi cari compagni di viaggio: i medici, gli infermieri e gli ammalati. Il loro cuore di samaritani si è spalancato sulla sua esistenza: quei volti, quelle mani e quei sorrisi incontrati nelle corsie degli ospedali lo hanno convertito ancora una volta. Ha pregato per ognuno di loro, ha sofferto per le loro sconfitte umane, sono stati il suo appoggio e il suo conforto nelle ore infinite delle cure mediche. Per il suo breve tempo da sacerdote ha cercato di dare loro speranza, gioiva quando per quelle corsie veniva distribuita l'Eucarestia: sentiva che Gesù arrivava proprio dove il dolore, la solitudine e lo sconforto regnava. Durante il tempo della sua malattia ha condiviso, con la sua famiglia e con alcuni amici fraterni, un'idea: il progetto di realizzare "qualcosa" per gli ammalati poveri. Aveva tracciato alcune linee, auspicando che alcuni amici medici potessero offrire la loro opera gratuitamente e volontariamente. Non voleva grandi luminari o titolati professori, ma gente di buona volontà che si rendesse samaritano. Tutto parte dalla sua parabola; sì, dalla sua parabola perché la parabola del buon samaritano lo ha accompagnato da sempre, soprattutto nel periodo della sua malattia. Gesù, Buon samaritano, questo era il suo motto. Il tempo è stato poco, ma Salvatore qualche idea l'ha suggerita.
"Non posso abbandonarvi proprio ora": con queste parole Salvatore Mellone - ringraziava i suoi cari compagni di viaggio: i medici, gli infermieri e gli ammalati. Il loro cuore di samaritani si è spalancato sulla sua esistenza: quei volti, quelle mani e quei sorrisi incontrati nelle corsie degli ospedali lo hanno convertito ancora una volta. Ha pregato per ognuno di loro, ha sofferto per le loro sconfitte umane, sono stati il suo appoggio e il suo conforto nelle ore infinite delle cure mediche. Per il suo breve tempo da sacerdote ha cercato di dare loro speranza, gioiva quando per quelle corsie veniva distribuita l'Eucarestia: sentiva che Gesù arrivava proprio dove il dolore, la solitudine e lo sconforto regnava. Durante il tempo della sua malattia ha condiviso, con la sua famiglia e con alcuni amici fraterni, un'idea: il progetto di realizzare "qualcosa" per gli ammalati poveri. Aveva tracciato alcune linee, auspicando che alcuni amici medici potessero offrire la loro opera gratuitamente e volontariamente. Non voleva grandi luminari o titolati professori, ma gente di buona volontà che si rendesse samaritano. Tutto parte dalla sua parabola; sì, dalla sua parabola perché la parabola del buon samaritano lo ha accompagnato da sempre, soprattutto nel periodo della sua malattia. Gesù, Buon samaritano, questo era il suo motto. Il tempo è stato poco, ma Salvatore qualche idea l'ha suggerita.