Disoccupazione giovanile: Barletta specchio dell'Italia intera
Ne parliamo con il segretario provinciale Bat della CGIL Luigi Antonucci. «I giovani non sono choosy, fanno di tutto per immaginare un'indipendenza»
sabato 11 maggio 2013
Il lavoro è uno dei temi che più preoccupano la popolazione. La problematica, che coinvolge trasversalmente diverse fasce della popolazione, ormai è attanagliata dalla disoccupazione, fenomeno sempre più dilagante, e non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale. Secondo dati Istat, a preoccupare maggiormente è il tasso di disoccupazione giovanile nazionale, che nel 2012 ha toccato il record assoluto con il 35,3%, la percentuale più alta dal 1977. Cresce anche il numero dei disoccupati, che ora sono quasi 3 milioni, un dato praticamente raddoppiato rispetto a quello rilevato 35 anni fa. La disoccupazione è ormai preoccupante anche a livello provinciale e cittadino. Nonostante i dati Istat rivelino un tasso in calo negli ultimi 2 anni (si è passato dal 13.3% all'11.9%), la situazione è ai limiti della disperazione. Abbiamo parlato di questa brutta piaga che sta imperversando sul territorio con il segretario provinciale della CGIL Luigi Antonucci:
Segretario Antonucci, le percentuali di disoccupazione giovanile (e non solo) a livello nazionale stanno raggiungendo livelli astronomici, numeri che mancavano in Italia da più di 30 anni. Il territorio barlettano rispecchia le problematiche nazionali?
Le percentuali mettono paura. Noi dovremmo essere quasi al 30% per la disoccupazione generale, che è un numero che fa paura sul serio. Ma questa disoccupazione cresce ed aumenta fino al 50% per i giovani, arrivano addirittura al 70% per la popolazione femminile. Di fatto, in questo territorio, non sta lavorando più nessuno, per tutta una serie di questioni. La disoccupazione a Barletta è partita ed è cresciuta in maniera esponenziale proprio nel momento in cui tutte le aziende del tessile e del calzaturiero che stazionavano in via Trani di fatto si sono chiuse. Si sono chiuse non solo per la crisi e per lo scontro con i mercati emergenti come quello cinese che hanno polverizzato il mercato, ma anche per la cecità per i responsabili di quelle aziende. Cecità significa che, in un confronto con le potenze emergenti, non puoi continuare ad immaginare di fare prodotti di basso livello, perché chiaramente sei perdente. I tedeschi, che erano i nostri maggiori clienti, si sono accorti che il prodotto era scadente. Per loro l'idea era: faccio soldi subito per comprare la macchina di grossa cilindrata e la pelliccia per la consorte e anche all'amante. Infatti uno dei detti che girava erano: "magliarani arricchiti". Dava proprio il senso di cosa stava succedendo. Naturalmente, pochi l'hanno capito, qualcun altro ha continuato ad agire in questo momento. Chi invece ha avuto l'intelligenza di rinnovarsi e di immettere sul mercato prodotti ben fatti, di qualità, e si è rinnovato anche dal punto di vista dell'idea di mercato, è sopravvissuto. Sono rimasti in pochi. Lì è cominciata la vera crisi di Barletta, ma anche di tutto l'indotto, perché a Barletta arrivavano dalla provincia e anche oltre per lavorare. La mattina era un'impresa passare da via Trani, adesso via Trani è diventato un punto di transito o un centro commerciale. Dopo è arrivata questa crisi indotta a livello internazionale che ha fatto il resto. Per quel che riguarda la disoccupazione giovanile, manca l'idea di far lavorare il giovane pagandolo. C'è l'idea di far sfruttare il giovane a bassissimo costo o a costo zero. Le leggi che sono stati fatte non hanno aiutato, perché quando si parlava di flessibilità, si pensava solo a come "fregare" il giovane. La disoccupazione femminile, poi, è una questione endemica da sempre, visto che si pensa che la donna una volta sposata può fare solo la casalinga, mentre quando è giovane può essere solo sfruttata a bassissimo prezzo. C'è poi l'idea del lavoro nero. Quello che è successo con il crollo ci da l'idea di quel che succede a Barletta. Quel signore era lì perché probabilmente doveva nascondersi. Quel signore utilizzava il bisogno delle donne, la disperazione di quelle famiglie. Ancora adesso siamo in una situazione di questo genere, anche se qualcosa è cambiato. Speriamo che il nuovo governo cominci veramente a pensare di fare un intervento, anche perché l'intervento principe deve essere quello di mettere soldi in tasca alla gente per far ripartire il mercato.
Si parla sempre di giovani "choosy", di bamboccioni. Quanto c'è di veritiero in tutto questo?
Coloro che hanno utilizzato questi termini, evidentemente non conoscono qual è la situazione attuale. L'ex ministro Fornero, da buon professore universitario, ha prima sistemato la figlia, choosy o non choosy, poi probabilmente vive solo in un'aula universitaria, e studia la situazione sui libri. I ragazzi non sono affatto legati alle gonne delle proprie mamme, anzi fanno tutti i lavori possibili ed immaginabili, pur di immaginare di essere indipendenti: fanno di tutto, tantissime cose. Tutto quello che viene detto sui giovani, sul lavoro fisso e quant'altro è una grande sciocchezza. È una stupidaggine che colpisce pesantemente la parte più debole della società. Penso che i giovani dovrebbero dire in maniera molto chiara che non è più possibile continuare ad insultarli. È una falsa immagine che è stata costruita attorno ai nostri ragazzi.
Quale può essere la "ricetta" per combattere questa disoccupazione, considerato che a livello regionale e nazionale qualche fondo si sta già muovendo?
Una delle cose che deve essere fatta è rimettere i soldi nelle tasche della gente, perchè se la gente non spende non gira niente. L'altra è quella di dare molta più fiducia alle tante idee che hanno i giovani. Bisogna dare lo spazio ai ragazzi per poter entrare nel mondo del lavoro e dell'impresa. Quei pochi che ci sono riusciti, hanno dato la dimostrazione vera e reale di quelle che sono le loro capacità. Perchè adesso ci sono due ali: la parte centrale che riesce ancora a mantenere il lavoro attorno ai 40 anni, mentre chi è più giovane o chi è più anziano non riesce più a trovare spazi. Superati i 40 anni sei vecchio per cominciare a lavorare, attorno ai 20 non hai esperienza. Ogni tanto mi metto a leggere le richieste di lavoro, e molte dicono "giovane con esperienza". Ma quale esperienza può aver fatto? Si innesca anche una serie di strani meccanismi. Ho letto anche un cartello con scritto "cercasi apprendista con esperienza", ma se è apprendista, che esperienza può avere? Aggiungerei che sta venendo fuori la questione degli stage presso aziende che fanno lavorare ragazzi gratis a spese dello Stato senza insegnar loro nulla salvo poi mandarli via dopo 3 mesi. Questa storia, che doveva favorire l'occupazione, sta avendo l'effetto contrario.
Qual è la realtà dei giovani di Barletta? Che gente si affaccia da voi?
Da noi si affacciano i genitori dei giovani, chiedendoci sempre più disperatamente di tentare di trovare un lavoro. Sanno anche loro che oggi come oggi è davvero difficile trovare lavoro. Però ci chiedono cosa possiamo fare, e cosa vogliamo fare. A Barletta abbiamo presentato questo progetto anti-crisi, chiederemo un incontro a tutti i candidati sindaco per discutere di questa cosa. Vero è anche che i comuni non possono fare tanto, però in una lettera che stiamo inviando a tutta la Puglia diciamo: "Quel poco che potete fare, fatelo". C'è una strada da aggiustare? Non rimandate, fatelo ora. Date anche per un mese lavoro alla gente per ridare la dignità. Qui le persone non ci chiedono più i sussidi, vogliono lavorare per riguadagnare una dignità. Chiudo con una delle cose più tristi che mi sia capitata in questo periodo: un ex operaio mi diceva che ormai non riesce più a guardare negli occhi la moglie e i figli perchè non può più contribuire. Arriverà il momento in cui questa persona dovrà dire ai propri figli che non potranno più andare a scuola perchè non ci sono i soldi. Quest'uomo di 50 anni ha pianto davanti a me. Al peggio non ci si abitua mai, questo è un vero dramma.
Segretario Antonucci, le percentuali di disoccupazione giovanile (e non solo) a livello nazionale stanno raggiungendo livelli astronomici, numeri che mancavano in Italia da più di 30 anni. Il territorio barlettano rispecchia le problematiche nazionali?
Le percentuali mettono paura. Noi dovremmo essere quasi al 30% per la disoccupazione generale, che è un numero che fa paura sul serio. Ma questa disoccupazione cresce ed aumenta fino al 50% per i giovani, arrivano addirittura al 70% per la popolazione femminile. Di fatto, in questo territorio, non sta lavorando più nessuno, per tutta una serie di questioni. La disoccupazione a Barletta è partita ed è cresciuta in maniera esponenziale proprio nel momento in cui tutte le aziende del tessile e del calzaturiero che stazionavano in via Trani di fatto si sono chiuse. Si sono chiuse non solo per la crisi e per lo scontro con i mercati emergenti come quello cinese che hanno polverizzato il mercato, ma anche per la cecità per i responsabili di quelle aziende. Cecità significa che, in un confronto con le potenze emergenti, non puoi continuare ad immaginare di fare prodotti di basso livello, perché chiaramente sei perdente. I tedeschi, che erano i nostri maggiori clienti, si sono accorti che il prodotto era scadente. Per loro l'idea era: faccio soldi subito per comprare la macchina di grossa cilindrata e la pelliccia per la consorte e anche all'amante. Infatti uno dei detti che girava erano: "magliarani arricchiti". Dava proprio il senso di cosa stava succedendo. Naturalmente, pochi l'hanno capito, qualcun altro ha continuato ad agire in questo momento. Chi invece ha avuto l'intelligenza di rinnovarsi e di immettere sul mercato prodotti ben fatti, di qualità, e si è rinnovato anche dal punto di vista dell'idea di mercato, è sopravvissuto. Sono rimasti in pochi. Lì è cominciata la vera crisi di Barletta, ma anche di tutto l'indotto, perché a Barletta arrivavano dalla provincia e anche oltre per lavorare. La mattina era un'impresa passare da via Trani, adesso via Trani è diventato un punto di transito o un centro commerciale. Dopo è arrivata questa crisi indotta a livello internazionale che ha fatto il resto. Per quel che riguarda la disoccupazione giovanile, manca l'idea di far lavorare il giovane pagandolo. C'è l'idea di far sfruttare il giovane a bassissimo costo o a costo zero. Le leggi che sono stati fatte non hanno aiutato, perché quando si parlava di flessibilità, si pensava solo a come "fregare" il giovane. La disoccupazione femminile, poi, è una questione endemica da sempre, visto che si pensa che la donna una volta sposata può fare solo la casalinga, mentre quando è giovane può essere solo sfruttata a bassissimo prezzo. C'è poi l'idea del lavoro nero. Quello che è successo con il crollo ci da l'idea di quel che succede a Barletta. Quel signore era lì perché probabilmente doveva nascondersi. Quel signore utilizzava il bisogno delle donne, la disperazione di quelle famiglie. Ancora adesso siamo in una situazione di questo genere, anche se qualcosa è cambiato. Speriamo che il nuovo governo cominci veramente a pensare di fare un intervento, anche perché l'intervento principe deve essere quello di mettere soldi in tasca alla gente per far ripartire il mercato.
Si parla sempre di giovani "choosy", di bamboccioni. Quanto c'è di veritiero in tutto questo?
Coloro che hanno utilizzato questi termini, evidentemente non conoscono qual è la situazione attuale. L'ex ministro Fornero, da buon professore universitario, ha prima sistemato la figlia, choosy o non choosy, poi probabilmente vive solo in un'aula universitaria, e studia la situazione sui libri. I ragazzi non sono affatto legati alle gonne delle proprie mamme, anzi fanno tutti i lavori possibili ed immaginabili, pur di immaginare di essere indipendenti: fanno di tutto, tantissime cose. Tutto quello che viene detto sui giovani, sul lavoro fisso e quant'altro è una grande sciocchezza. È una stupidaggine che colpisce pesantemente la parte più debole della società. Penso che i giovani dovrebbero dire in maniera molto chiara che non è più possibile continuare ad insultarli. È una falsa immagine che è stata costruita attorno ai nostri ragazzi.
Quale può essere la "ricetta" per combattere questa disoccupazione, considerato che a livello regionale e nazionale qualche fondo si sta già muovendo?
Una delle cose che deve essere fatta è rimettere i soldi nelle tasche della gente, perchè se la gente non spende non gira niente. L'altra è quella di dare molta più fiducia alle tante idee che hanno i giovani. Bisogna dare lo spazio ai ragazzi per poter entrare nel mondo del lavoro e dell'impresa. Quei pochi che ci sono riusciti, hanno dato la dimostrazione vera e reale di quelle che sono le loro capacità. Perchè adesso ci sono due ali: la parte centrale che riesce ancora a mantenere il lavoro attorno ai 40 anni, mentre chi è più giovane o chi è più anziano non riesce più a trovare spazi. Superati i 40 anni sei vecchio per cominciare a lavorare, attorno ai 20 non hai esperienza. Ogni tanto mi metto a leggere le richieste di lavoro, e molte dicono "giovane con esperienza". Ma quale esperienza può aver fatto? Si innesca anche una serie di strani meccanismi. Ho letto anche un cartello con scritto "cercasi apprendista con esperienza", ma se è apprendista, che esperienza può avere? Aggiungerei che sta venendo fuori la questione degli stage presso aziende che fanno lavorare ragazzi gratis a spese dello Stato senza insegnar loro nulla salvo poi mandarli via dopo 3 mesi. Questa storia, che doveva favorire l'occupazione, sta avendo l'effetto contrario.
Qual è la realtà dei giovani di Barletta? Che gente si affaccia da voi?
Da noi si affacciano i genitori dei giovani, chiedendoci sempre più disperatamente di tentare di trovare un lavoro. Sanno anche loro che oggi come oggi è davvero difficile trovare lavoro. Però ci chiedono cosa possiamo fare, e cosa vogliamo fare. A Barletta abbiamo presentato questo progetto anti-crisi, chiederemo un incontro a tutti i candidati sindaco per discutere di questa cosa. Vero è anche che i comuni non possono fare tanto, però in una lettera che stiamo inviando a tutta la Puglia diciamo: "Quel poco che potete fare, fatelo". C'è una strada da aggiustare? Non rimandate, fatelo ora. Date anche per un mese lavoro alla gente per ridare la dignità. Qui le persone non ci chiedono più i sussidi, vogliono lavorare per riguadagnare una dignità. Chiudo con una delle cose più tristi che mi sia capitata in questo periodo: un ex operaio mi diceva che ormai non riesce più a guardare negli occhi la moglie e i figli perchè non può più contribuire. Arriverà il momento in cui questa persona dovrà dire ai propri figli che non potranno più andare a scuola perchè non ci sono i soldi. Quest'uomo di 50 anni ha pianto davanti a me. Al peggio non ci si abitua mai, questo è un vero dramma.